Forse alcune cose sono sempre
successe e siamo solo noi, oggi, a dare tanta importanza a certi avvenimenti: i
nostri padri, magari, ci hanno raccontato di qualche scazzottata coi compagni
di scuola fatta in gioventù e mai, nemmeno una volta, ci è passato per la mente
di classificarle come atti di bullismo. E che dire, poi, di quella clamorosa
sbronza presa quell’estate al mare con gli amici? Eppure non siamo certo
alcolizzati… Perché, allora, oggi
c’è tanto allarme attorno ai giovani?
Forse perché le vite dei ragazzi della generazione 2.0 sono elevate
all’ennesima potenza. Se noi bisticciavamo coi compagni di classe in modalità
Olivetti e ci ubriacavamo con frequenza DOS, oggi tutto è precoce, accelerato,
dilatato, espanso: si vive a fibra ottica e le emozioni vanno vissute a tera,
perché i giga non bastano più.
I ragazzi sono circondati e immersi nella tecnologia fin dalla nascita, spesso cullati dalla musica dell’impianto hi-fi e invogliati a mangiare guardando un cartone in dvd già dai primi mesi di vita, ed è praticamente impossibile compiere 10 anni senza avere mai avuto un tablet o uno smartphone tra le mani: tutta questa tecnologia, indubbiamente utile, ha velocizzato i processi produttivi ed i contatti tra le persone – chi, oggi, si sognerebbe di aspettare due settimane una lettera, quando è possibile comunicare in tempo reale via e-mail o sms? – ma al contempo ha velocizzato anche noi esseri umani. Ci pare di dover star dietro a decine di faccende in simultanea, se non sei multitasking non sei nessuno, e dobbiamo provare quante più esperienze possibili, sollecitati da continui stimoli esterni.
I ragazzi sono circondati e immersi nella tecnologia fin dalla nascita, spesso cullati dalla musica dell’impianto hi-fi e invogliati a mangiare guardando un cartone in dvd già dai primi mesi di vita, ed è praticamente impossibile compiere 10 anni senza avere mai avuto un tablet o uno smartphone tra le mani: tutta questa tecnologia, indubbiamente utile, ha velocizzato i processi produttivi ed i contatti tra le persone – chi, oggi, si sognerebbe di aspettare due settimane una lettera, quando è possibile comunicare in tempo reale via e-mail o sms? – ma al contempo ha velocizzato anche noi esseri umani. Ci pare di dover star dietro a decine di faccende in simultanea, se non sei multitasking non sei nessuno, e dobbiamo provare quante più esperienze possibili, sollecitati da continui stimoli esterni.
La frequenza, la
precocità e l’esasperazione sono ciò che distinguono la scazzottata di ieri dal
bullismo di oggi, la sbronza adolescenziale di allora dall’allarme alcolismo di
oggi. E’ così che si arriva al bullismo,
che per l’epistemologia è caratterizzato proprio dalla persistenza nel tempo
(oltre che dall’intenzionalità e dall’asimmetria nella relazione), o all’alcolismo, che come ogni forma di
dipendenza è contraddistinto da un consumo compulsivo e incontrollato.
Tutto questo, naturalmente, si riferisce soltanto ai ragazzi che sono in prima persona bulli o alcolisti, tuttavia il fenomeno è più ampio ed abbraccia anche i giovani spettatori; oggi si assiste ad una “spersonalizzazione” impensabile fino a qualche decennio fa: negli anni ’80, se eri testimone di un pestaggio tra ragazzi, o intervenivi per separarli o ti allontanavi per paura di restare coinvolto; oggi ci si mette a riprendere la scena con lo smartphone, come se la cosa non potesse coinvolgerci in prima persona come attori – che intervengono o che fuggono – ma soltanto come spettatori. L’essere umano, da animale sociale che era, è diventato animale social: sta connesso, linka, twitta, tagga, ma ha perso empatia.
Tutto questo, naturalmente, si riferisce soltanto ai ragazzi che sono in prima persona bulli o alcolisti, tuttavia il fenomeno è più ampio ed abbraccia anche i giovani spettatori; oggi si assiste ad una “spersonalizzazione” impensabile fino a qualche decennio fa: negli anni ’80, se eri testimone di un pestaggio tra ragazzi, o intervenivi per separarli o ti allontanavi per paura di restare coinvolto; oggi ci si mette a riprendere la scena con lo smartphone, come se la cosa non potesse coinvolgerci in prima persona come attori – che intervengono o che fuggono – ma soltanto come spettatori. L’essere umano, da animale sociale che era, è diventato animale social: sta connesso, linka, twitta, tagga, ma ha perso empatia.
E mentre il confine tra vita reale e virtuale perde progressivamente
consistenza, i genitori e gli adulti di oggi assistono non senza smarrimento alla
nascita di fenomeni come il cyber-bullismo
o il NekNominate: il primo è
l’evoluzione web del bullismo, adolescenti – non di rado protetti da nickname o
anonimato – si accaniscono contro un coetaneo, compagno di scuola o “amico” su
Facebook, insultandolo, denigrandolo, minacciandolo. Riduttivo parlare di
“scherzi online”, dal momento che diversi giovanissimi sono arrivati al
suicidio in seguito a questi atti persecutori. Nel NekNominate (o
NekNomination), invece, adolescenti si sfidano via social network a chi beve di
più, filmandosi e postando poi il video su facebook o twitter; “gioco” – se
così si può chiamare – nato in Australia, diffusosi globalmente in men che non
si dica grazie al web e che ha già causato cinque giovanissime vittime nel
mondo ed ha condotto al coma etilico un sedicenne di Agrigento.
Ma contrastare questi fenomeni è possibile, riportando l’essere umano al centro dell’attenzione, restituendogli la dignità di protagonista della propria esistenza (non spettatore, non oggetto), tornando a concentrarsi su valori come il rispetto di sé e del prossimo, la solidarietà, l’amicizia reale e concreta, lo spirito di gruppo; valori che possono e devono essere riscoperti e insegnati in famiglia, a scuola e nei centri di aggregazione sportivi o culturali.
Ma contrastare questi fenomeni è possibile, riportando l’essere umano al centro dell’attenzione, restituendogli la dignità di protagonista della propria esistenza (non spettatore, non oggetto), tornando a concentrarsi su valori come il rispetto di sé e del prossimo, la solidarietà, l’amicizia reale e concreta, lo spirito di gruppo; valori che possono e devono essere riscoperti e insegnati in famiglia, a scuola e nei centri di aggregazione sportivi o culturali.
L’Accademia Marziale Saronno ed in modo particolare il Kung Fu stile
T’Ienshu si ripropongono soltanto di fare la propria parte in questo processo
educativo e di prevenzione; ben consapevoli di non essere la panacea a tutti i
mali, operano con impegno e convinzione affinchè i giovani possano trovare la
loro giusta dimensione e quell’equilibrio
emotivo e psicologico che possa condurli ad essere fruitori e non vittime
di queste nuove tecnologie, in questo mondo in rapidissima evoluzione. E’ da
questa volontà che sono nati progetti come “Lo Sbullo” e “Kung Fu a Scuola”,
iniziative che si rivolgono proprio ai giovani e che mirano a portarli a
prendere coscienza di sé, delle proprie debolezze così come del proprio valore,
affinchè trovino il sistema per affrontare in modo equilibrato e consapevole la
vita, reale o virtuale che sia.
Questo mio post è stato pubblicato sul numero di febbraio di SaronnoGiovani, che raccoglie tante notizie interessanti su Saronno e non solo e che potete scaricare gratuitamente qui.
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