martedì 28 febbraio 2017

La vita vista attraverso gli occhi di un cane: Woody

Ci sono libri scritti da cani. E c'è un libro - forse il primo, certamente uno dei più belli - scritto da un cane: "Woody".
Woody, infatti, è il protagonista e la voce narrante di questo romanzo ed è, anche, un basenji, razza di cane originaria dell'Africa.
Per questo le sue frasi ci appaiono spesso sconnesse, difficili da comprendere, con parole ripetute, verbi abbozzati come farebbe un bambino o chi stesse imparando a conoscere la nostra lingua.
Una lettura non semplice per chi padroneggia la lingua italiana e si trova qui ad inciampare in una grammatica abbozzata, in una sintassi quantomeno fantasiosa, incespicando nella punteggiatura, ma la dolcezza di Woody è così disarmate e la trama tanto avvincente da calamitare l'attenzione del lettore pagina dopo pagina, fino alla conclusione.

Accostandomi alla lettura di questo romanzo, ho appreso che Baccomo intendeva raccontare qualcosa di magico ed importante come ne "Il canto di Natale" di Dickens o "Il piccolo Principe" di Saint Exupèry; pur non toccando simili vette d'eccellenza, a parer mio, "Woody" ha l'indubbio pregio di raccontare una storia originale in modo altrettanto inconsueto, per di più senza cadere nell'insidioso tranello dell'eccessiva antropomorfizzazione del personaggio. 
Per me, amante dei cani non privati della loro "caninità", non tramutati in surrogati di figli mai avuti o di parenti mai amati, non accolti nelle nostre case e nelle nostre vite nel tentativo puerile quanto egoistico di colmare vuoti lasciati da altro, il fatto che il protagonista di questo racconto sia e resti un cane non può che essere accolto dalla sottoscritta che come un indiscutibile pregio.
Woody è un cane e, sebbene noi umani non possiamo sapere cosa e come pensi realmente un cane, il linguaggio scelto da Baccomo è verosimile.
La vicenda narrata, poi, è coinvolgente, divertente, a tratti commovente ed un sacco di altri -ente che ne raccomandano la lettura. 

Titolo: Woody
Autore: Federico Baccomo
Editore: Giunti
Anno d'edizione: 2015
(Illustratore: Alessandro Sanna)

domenica 26 febbraio 2017

Incontro nazionale di T'ienshu a San Severo

Il T'ienshu è evoluzione. 
La vita è cambiamento (per quanto tenacemente noi possiamo provare ad aggrapparci alle rassicuranti abitudini), la società è in costante cambiamento, ogni essere umano cambia e si evolve.
Le esperienze del quotidiano plasmano le nostre vite ed una disciplina quale il T'ienshu, attenta all'uomo e non alla tecnica, non può che tener conto di questa continua evoluzione, restando al passo coi tempi. 
Per questo venerdì 17 febbraio sono partita, insieme a Maestri, Istruttori ed Aspiranti Istruttori di Lombardia e Valle d'Aosta, alla volta di San Severo, dove sabato e domenica si è svolto lo stage nazionale di aggiornamento e formazione di questa disciplina, sotto la direzione del Maestro Caposcuola.

Nel corso di queste due giornate si è posta particolarmente l'attenzione su tematiche di stringente attualità e su cosa, di concreto, il T'ienshu possa fare nel quotidiano per contrastare problematiche quali il bullismo, il cyberbullismo, la violenza di genere. Confermando, ancora una volta, come questa disciplina sia ben più di una "semplice" arte marziale, ricordando, ancora una volta, come il T'ienshu sia pragmatico e pienamente calato nella realtà del qui ed ora.

Sono sempre più orgogliosa e fiera di far parte di questa realtà che, attraverso la pratica delle tecniche marziali, mira alla piena realizzazione dell'essere umano, all'accettazione di ogni individuo ed alla promozione dell'autostima di ciascuno. Incontri come questo di San Severo sono di enorme stimolo, per me, per cercare di divenire un'insegnante sempre migliore, guida, sostegno e compagna di viaggio nella crescita degli allievi.
Sono immensamente grata al Maestro Caposcuola per queste occasioni di crescita personale prima ancora che marziale e ringrazio di cuore gli altri partecipanti a questo stage, miei compagni di viaggio in questa straordinaria avventura di vita che è il T'ienshu.

Qui un articolo pubblicato dalla Gazzetta di San Severo

domenica 12 febbraio 2017

Donne, arti marziali e sessismo giornalistico

La cronaca ha portato i nostri occhi a fissare punti differenti delle carte geografiche, ma probabilmente qualcuno di voi ancora ricorda l'Afghanistan (quello Stato di cui molti ignoravano persino l'esistenza e che qualche anno fa pareva essere diventato il centro del mondo, calamitando su di sé l'attenzione internazionale, con le notizie su Bin Laden e l'incubo dei talebani).
Ebbene, l'Afghanistan non ha cessato d'esistere, sebbene l'interesse dei media si sia spostato altrove: sta ancora lì dove stava, vicino ad Iran e Pakistan, non lontano dal Mar Caspio, con le sue alte vette ed il suo clima che pare oscillare perennemente tra il torrido ed il glaciale, col suo mosaico di etnie. Coi suoi problemi e le sue difficoltà, anche, che non hanno cessato d'esistere soltanto perché l'Occidente ha voltato lo sguardo altrove.
In questo Paese una giovane donna fuggita all'esterno ha fatto ritorno e, dopo aver appreso in Iran il Wushu, è tornata, per insegnare alle donne della sua terra una disciplina che non è solo autodifesa, ma diviene, tra queste vette innevate, lotta per i propri diritti. 
L'AGI (Agenzia Giornalistica Italiana) ha dato risalto alla notizia - e questo è certamente un merito - ed ha scritto un bell'articolo - altro merito incontestabile - ma ha svilito il tutto con un titolo sessista: "Le guerriere dell'Afghanistan che danzano sul ghiaccio".
Il Wushu non è danza, è arte marziale. E, come peraltro viene correttamente asserito nell'articolo, queste giovani guerriere si allenano con costanza e serietà per combattere per sostenere e reclamare i propri diritti di donne e di sportive. 
Non sono ballerine, non danzano. 
Chi mi legge da più tempo sa che non ho nulla contro la danza che, anzi, amo ed apprezzo molto, ben consapevole degli sforzi, della dedizione e dell'impegno che richieda una simile disciplina.
Il punto qui non è la danza, ma il sessismo. 
Provate a declinare lo stesso titolo al maschile: "I guerrieri dell'Afghanistan che danzano sul ghiaccio". Chi di voi non ha trattenuto un sorrisetto, pensando subito a qualcosa di ben poco guerresco e certamente non virile? 
Il che è, a sua volta, sessista. Perché non è regola immutabile che un ballerino debba essere effeminato o gay. 
Il punto è che guerrieri e danza non sono compatibili, né al maschile né al femminile. E, in un mondo ed in un tempo in cui l'informazione è spesso mordi e fuggi, in cui moltissime persone si limitano ad un'occhiata sommaria ai titoli senza prendersi la briga di leggere un articolo per esteso, una simile leggerezza nella titolazione fa la differenza tra un articolo di cronaca che racconta una vicenda di orgoglio e di riscossa femminile ed un branetto di costume locale folkloristico. 

domenica 5 febbraio 2017

La casa dei sette ponti

Mauro Corona mi incuriosiva da tempo. È un montanaro, è uno scrittore. È ciò che in un universo parallelo potrebbe essere il mio uomo ideale, quello col quale eremitare felicemente al di sopra dei duemila metri, insegnando magari arti marziali agli stambecchi (ché, si sa, negli universi paralleli mica basta pigliarsi a cornate sui dirupi per conquistare una femmina, eh!).
Ma, dal momento che siamo in questo universo e che le fregature non mi piacciono, ho pensato di accostarmi alla lettura di questo autore partendo da un libricino piccolo piccolo, così da limitare i possibili danni: "La casa dei sette ponti".
Una cinquantina di pagine, un libretto leggero e sottile, quasi una favola per bambini.
E proprio ad una favola fa pensare la casetta un po' cadente ma dignitosa, in pietra e col tetto rattoppato con teli di plastica variopinti, così come pure i due vecchietti che la abitano, simili a gnomi o spiriti dei boschi, che evocano atmosfere fiabesche. 
Forse, dopotutto, questa è proprio una favola, una di quelle belle che toccano il cuore degli adulti, con ponti gettati come punti di sutura a colmare distanze nello spazio e nel tempo. 
E così mi sono trovata a sentire sulla pelle del viso il sole che veniva pettinato dalle sommità degli alberi, ho udito il canto del cuculo e ho visto il fumo uscire dai due comignoli malconci eppure eroicamente protesi verso il cielo, mi sono accostata a due anziani misteriosi come folletti ed ho accompagnato il potente e ricco uomo d'affari dalle tre i nel suo viaggio lungo i sette ponti, commuovendomi, poi, nella dolcezza del finale che scalda il cuore. 

Titolo: La casa dei sette ponti
Autore: Mauro Corona
Editore: Feltrinelli 
Anno d'edizione: 2012

venerdì 3 febbraio 2017

Letture d'amore per San Valentino (e non solo)

San Valentino si avvicina e da bibliofaga (sì, divoratrice di libri. Non di sole lasagne campa la sottoscritta!) quale sono scopro, non senza una punta di sgomento, di non aver mai consigliato letture "a tema".
Urge che corra ai ripari, anche perché nel corso degli anni ho recensito diversi film romantici ed ho una reputazione da difendere, che diamine!
Ecco dunque due consigli di letture che, in considerazione della mia nuova pelle di lettrice tanto tradizionale quanto multimediale, riguardano un libro cartaceo ed un eBook; due letture che, per quanto indipendenti, sono in qualche modo collegate tra loro (ma non vi svelerò certo come!).
Due letture che mi sento di consigliare senza riserve, in occasione di San Valentino e non soltanto.

Recensione - Cyrano de Bergerac
Cominciamo con la tradizione: il "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand.
Testo teatrale, ricalca la partitura stabilita per la messa in scena, con tanto di annotazioni relative ad entrate ed uscite dei personaggi, scenografie, musiche e rumori.
Dimenticate le frasi da cioccolatini e la trita e ritrita storia del bacio che è un apostrofo rosa tra le parole t'amo: qui c'è la passione, la sofferenza, ma anche la grande ironia e l'indomita forza dei sentimenti. 
La vicenda di Cyrano nei suoi tratti essenziali è nota ai più, anche grazie a numerose rivisitazioni cinematografiche che ne hanno rivoluzionato il finale o sconvolta la trama, ma questo è il Cyrano vero - o, almeno, è quello che la traduzione dal francese di Cinzia Bigliosi ci propone: un uomo forte e fiero, che si strugge però a causa del suo smisurato e grottesco naso e che accetta, un po' per sfida un po' per amore, di aiutare l'aitante ma ignorante Cristiano a far breccia nel cuore della bella Rossana, da entrambi amata.
Un gran libro, un classico della letteratura e del teatro, una storia d'amore romantica, ironica, appassionante, coinvolgente. Meraviglioso.  

Titolo: Cyrano de Bergerac
Autore: Edmond Rostand
Traduttore: Cinzia Bigliosi
Editore: Feltrinelli
Anno d'edizione: 2014

Recensione - Vendetta sottobanco
In formato eBook ecco "Vendetta sottobanco" di Lucrezia Monti. 
Angelica e Rolando si conoscono e si detestano fin dalle scuole medie, tempo in cui lei, sorta di studentessa modello con le idee molto chiare circa il proprio futuro, era costretta a sopportare gli scherzi e le angherie di questa specie di piccolo pirata ribelle.
Ma la vita non va quasi mai come si vorrebbe da ragazzini e, una volta cresciuta, Angelica si ritrova a lavorare alle dipendenze Rolando, il quale non la riconosce anche perché lei, in seguito a diverse traversie personali, ha adottato il cognome della madre. 
Bisognosa di lavorare, Angelica è tuttavia determinata a non consentire a Rolando di distruggerle la vita come aveva fatto da adolescente e, anzi, pianifica la propria vendetta.
Un romanzo leggero ed intrigante, una storia d'amore che parte dai banchi di scuola e si snoda tra Milano e Houston, con fraintendimenti, ripicche, un pizzico di mistero e tanto sentimento. Bello, ben scritto, ben documentato e... così romantico!

Titolo: Vendetta sottobanco
Autore: Lucrezia Monti
Editore: Streetlib (disponibile anche su IBSMondadori, Bookrepublic, Kobo, iTunes)
Anno d'edizione: 2017

NOTA BENE: sebbene abbia deciso di dividere i due libri, entrambi sono disponibili sia in formato eBook che cartaceo.

giovedì 2 febbraio 2017

Non confondiamo erotismo e violenza

"Susanna e i vecchioni",
di Artemisia Gentileschi
Le stroncature non fanno mai piacere.
E' molto facile criticare, persino stroncare con poche parole il lavoro di chi ha impiegato giorni, forse addirittura mesi od anni a realizzare qualcosa; senza neppure muovere un dito, con alcune semplici parole si può mandare in frantumi qualcosa la cui realizzazione ha richiesto impegno, dedizione, fatica.
Proprio per questo, di norma non stronco nulla e, data questa premessa, credo sia facile intuire che io mi tenga alla larga da tutta quella gente che proprio grazie a stroncature e maldicenze ci campa alla grandissima.

Il mese di febbraio, però, si è aperto con una grossa novità per me: non solo ho ascoltato con grande interesse una stroncatura rimbalzata su Twitter, ma l'ho anche condivisa in ogni sua più infinitesimale parte. 
Tanto che, oggi, sono qui a scrivere questo articolo così da amplificare ulteriormente il messaggio lanciato da Michela Murgia nel corso del suo intervento nel programma "Quante storie" di Rai Tre.
Ad essere stroncato, senza possibilità d'appello, è il libro "La notte tu mi fai impazzire" di Pietrangelo Buttafuoco, pubblicato da Skira, e narra "le gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore".
Ma di erotico, qui, non c'è nulla, niente che sia anche solo lontanamente accostabile al dio dell'amore Eros.
Agostino Tassi, personaggio realmente esistito, è passato agli onori della storia non certo per le proprie arti amatorie, bensì per il processo che lo vide imputato per aver violentato la pittrice - ben più talentuosa e, lei sì, passata alla storia grazie a meriti artistici - Artemisia Gentileschi
Uomo violento e brutale, si macchiò di altri crimini verso svariate donne, che ne segnarono la vita e che la Murgia ha ripercorso brevemente durante il proprio intervento, sottolineando come l'idea di erotismo espressa dal Buttafuoco sia in realtà ancora molto diffusa. 

E questa mentalità, che confonde seduzione e violenza, è pericolosa. Drammaticamente pericolosa.
In tempi in cui è stato coniato il termine femminicidio, in anni in cui una donna ogni tre giorni è vittima di violenza, in giorni in cui una "giornalista" del calibro di Barbara D'Urso asserisce che gli atti di violenza ai danni delle donne sono imputabili al troppo amore (qui l'articolo), ecco, io credo proprio che sia il caso di tracciare una linea netta, molto netta tra seduzione e violenza.
Meglio ancora sarebbe scavare un fossato invalicabile, uno degno dei migliori racconti medievali. 

Lungi da me il voler affermare che amore e sesso debbano essere tutti cuoricini e miele, ciascuno è libero di interpretare il sentimento e la passione carnale come meglio crede, ma con un limite sacro ed invalicabile: quello della consapevolezza e della condiscendenza del compagno. Se siete entrambi adulti, consapevoli e consenzienti, lanciatevi pure in prodezze da cinquanta e più sfumature e buon pro vi faccia. 
Ma lo stupro, il fracassare zigomi a suon di pugni, il gettare acido in faccia, capite bene che siano cose ben diverse. Pratiche che nulla hanno a che fare con l'erotismo, né con l'amore.
Concludendo, non mi resta altro da fare che abbracciare in toto la stroncatura operata da Michela Murgia e che riassume così: "Questo non è un libro scritto male, questo è un libro pensato male".

-> Il video integrale è disponibile qui

P.S. Nonostante questo articolo sia inserito nella categoria "Cose che leggo", trattando di pubblicazioni e letteratura, mi pare ovvio che non ho letto né intendo leggere in futuro questo libro.

Marmotte, candele e cambiamenti climatici

"Ma cosa cavolo volete da me?"
E rieccoci: 2 febbraio, Giorno della Marmotta. Giorno in cui il grosso topone pronosticatore emette il proprio verdetto circa la durata dell'inverno.
Mentre scrivo, negli Stati Uniti ancora non è sorto il sole e la marmotta più famosa del mondo, Phil, celebrata anche nel film "Ricomincio da capo", probabilmente ronfa felice nella propria casetta.
Qui, però, il sole è sorto e, grazie al cielo, almeno oggi è impossibile vederlo: piove.
Ebbene sì, piove. 
Dopo due estenuanti mesi di siccità, dopo un inverno assurdo in cui non un solo fiocco di neve è caduto neppure per sbaglio su Saronno, finalmente piove.
Poco, eh!, non abbastanza per cantar vittoria, ma piove. 
La neve sul litorale di Bari
In compenso, mentre la Lombardia soffoca e brucia, siamo riusciti ad avere sorprendenti nevicate in Puglia, Calabria, Sicilia... Gente che la neve la vedeva soltanto in tv o durante la settimana bianca si è ritrovata a far a palle di neve sul lungomare o a fotografare estasiata i fichi d'india immacolati. 

Non mi dilungo sui danni all'agricoltura e, in parte, all'allevamento derivanti da questo inverno anomalo che ha visto l'Italia capovolgersi sottosopra, con le Alpi costrette a far ricorso ai cannoni sparaneve per non mandare a ramengo la stagione sciistica e gli ulivi salentini letteralmente morti di freddo. 
Mi limito a ribadire che ricorderò il 2016 per la sua coerenza: un anno schifoso dall'inizio alla fine, sotto molteplici punti di vista. 

Si auspica che il 2017 sia leggermente meglio, se non altro dal punto di vista climatico. Ma gli esordi non lasciano ben sperare.
Perché, checché ne dicano le anime belle de "I cambiamenti climatici sono tutti una bufala", di inverni balenghi si muore. Come sono morte le persone trascinate via dai torrenti in piena in Sicilia, o  i senzatetto falcidiati dal gelo, o il terremotato di Montereale. Per non parlare, poi, del disastro dell'Hotel Rigopiano, in cui pare che l'abbondante nevicata sia andata a braccetto con abusivismo e sciatteria burocratica per ordire il drammatico epilogo.
E si muore, più silenziosamente e lentamente, pure in Lombardia, dove si inala aria avvelenata da giorni e giorni. Il Pm10 ha superato i valori massimi di ben quattro volte nelle città di Bergamo, Como e Lecco; Milano ha sforato i limiti di oltre tre volte e questo non occasionalmente, ma per diversi giorni. 

Se parlare di inquinanti, polveri sottili, Pm10 può apparire complicato, immaginate di infilare un bel sigaro toscano tra i denti di ciascun abitante della Lombardia invitandolo ad inalare poderose boccate e, appena quel sigaro finisce, passare ad un altro, e poi un altro ancora. Ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette. Per quasi due mesi. 
Ogni abitante della Lombardia, ho detto, quindi pure il paffuto lattante che va al parco nel passeggino, il ragazzino delle elementari, la mamma incinta, il nonno con qualche acciacco. 
Ogni singolo abitante. 
Riuscite ad immaginare, adesso, i bronchi ed i polmoni di queste persone?
Ecco: in Lombardia siamo messi così. 

La marmotta d'inizio articolo ha tutte le sue buone ragioni per essere scocciata, soprattutto perché lei viene cavata fuori dal letargo per pronosticare, ma siamo noi esseri umani che, con le nostre mani, stiamo riducendo il mondo uno schifo. Non è la marmotta Phil che guida auto o usa sconsideratamente il riscaldamento domestico, non è lei a costruire dove non si dovrebbe né a non mettere a norma le costruzioni già esistenti né a perdere tempo in lungaggini burocratiche.

Oggi, comunque, per noi italiani è forse soprattutto il giorno della Candelora, in ricordo di quando Gesù bambino venne presentato al tempio e riconosciuto dall'anziano sacerdote Simeone come "Luce per illuminare le genti". 
E, come recita l'antico proverbio: Ul dì de la Candelora de l'invernu sem föra, ma se 'l piöv o 'l tira vent ne l'invernu sem dent (Il giorno della Candelora siamo fuori dall'inverno, ma se piove o tira vento nell'inverno siamo dentro, ndt). 
Oggi piove, perciò... speriamo! 

mercoledì 1 febbraio 2017

La crisi dell'editoria italiana, tra libri, eBook e self publishing

Sono stata a lungo indecisa: pubblicare o non pubblicare questo post?
Perché non vorrei sembrare la maestrina perfettina e bla bla bla...
Poi, però, ho pensato a tutte le persone che leggono il mio blog - che non sono moltissime, ma ci sono - ed ho sentito di avere un dovere nei loro confronti, che da me si aspettano recensioni sincere ed articoli onesti.
Lo sapete: io non pretendo di detenere la Verità Assoluta, mi limito a dare il mio parere su diverse questioni e sono sempre disponibile al dialogo e persino ad incassare critiche, purché costruttive e nei limiti del buon gusto.
Dopo questa lunga e forse noiosa premessa, credo si possa affrontare serenamente la questione: il self publishing, l'editoria multimediale e la dilagante ignoranza.

Le parole di Umberto Eco riprese da "La Stampa"
Umberto Eco aveva asserito, neppure troppi anni or sono, che i social network avevano dato diritto di parola a legioni di imbecilli ed era stato, per questo, duramente attaccato proprio dagli utenti di Facebook, Twitter e via discorrendo.
Ebbene, io oggi asserisco che il self publishing (o l'auto pubblicazione, per dirla all'italiana: l'autore che decide di pubblicare da sé il proprio manoscritto) ha dato diritto di pubblicazione a legioni di analfabeti. 
Il mio recente avvicinamento al mondo dell'editoria multimediale mi ha consentito di conoscere alcuni autori di pregio, ma, ahimè, anche un numero sorprendentemente elevato di analfabeti che pubblicano - e vendono - la propria immondizia.
I romanzi ai quali mi sono avvicinata per motivi... diciamo professionali... sono romanzi d'amore e, proprio per questo, ritengo che il mio giudizio non sia viziato: non è certamente questo il mio genere letterario preferito (a meno che non si parli dei grandi classici della letteratura, da "Orgoglio e pregiudizio" a "Romeo e Giulietta", da "Cyrano de Bergerac" a "Le notti bianche"), pertanto mi accosto alla lettura di ciascun eBook senza particolari aspettative. 
Ci sono soltanto due requisiti che, da lettrice, mi aspetto vengano soddisfatti: una storia originale, possibilmente coinvolgente, ed uno stile narrativo accettabile.
Non eccelso, badate bene: accettabile. 

Come fa un lettore ad orientarsi nel mare magnum delle pressoché illimitate offerte letterarie disponibili oggi in rete? Molto semplice: si basa sui consigli di amici e conoscenti oppure sulle recensioni.
Nel primo caso, possiamo soltanto augurarci che i nostri amici e conoscenti abbiano più o meno la nostra stessa predilezione per la lingua italiana corretta e non ci rifilino una qualche improponibile porcheria.
Nel secondo caso, dobbiamo essere particolarmente cauti. Perché le "recensioni di veri lettori", così come pure le "recensioni di Acquisto verificato" sono spesso fuorvianti.

Errori che a scuola sarebbero da "penna rossa" d'altri tempi,
vengono serenamente pubblicati e venduti.
Voi comprereste mai un eBook che, già nel primo capitolo, snocciola una meraviglia del calibro di "...Ci volle un po' prima che riuscii a rispondergli..." e che prosegue così, riga dopo riga, con strafalcioni e mostruosi errori di grammatica e sintassi (sempre dal primo capitolo: "Superare quel periodo fu problematico, nessuno conosceva della mia prima cotta..." e, qualche riga oltre, "lottai contro tale tragedia adolescenziale ascoltano canzoni deprimenti...")? Eppure questa perla della letteratura nostrana sfoggiava, fino a non molti giorni fa, ben 5 stelline su Amazon: il massimo possibile. 
Altra autrice, altra perla: "...Sono venuta a prendere le mie amiche. Devo dargli un passaggio...". Eh no, cara: se sei venuta a prendere le tue amiche - sostantivo femminile plurale - devi "dare loro" un passaggio e non "dare a lui", "dargli". Fingo possa trattarsi di una svista e vado avanti, fino ad imbattermi in "... Ero sempre relegata a dover andare a prendere le mie amiche...". Ora: nonostante una certa assonanza, "relegata" e "designata" (o "incaricata" o "delegata", se si preferisce) non sono sinonimi. Non si tratta di parole che si possono utilizzare a caso, a seconda di come ci paia suonino meglio. 
Nel dubbio, mie care "scrittrici", date una sbirciatina al caro, vecchio, indispensabile vocabolario
Ma com'è possibile che simili "autrici" abbiano recensioni tanto lusinghiere? 
In base a quello che ho avuto modo di scoprire, sono principalmente due i modi per assicurarsi recensioni positive: il primo consiste nell'avere un solido seguito sui social network, un largo gruppo di "amici" che, per simpatia e solidarietà, mettono stelline "a fiducia", senza neppure leggere quello che pubblichi (o che, se vogliamo dar credito al vecchio adagio secondo cui "chi si somiglia, si piglia", condividono lo stesso smisurato livello d'ignoranza dell'autore). E, da qui, parte immediato il richiamo alle parole del compianto Eco.
Il secondo modo consiste nel rivolgersi a qualcuno che recensisca il tuo manoscritto dietro compenso. Ebbene sì, esistono persone che si fanno pagare per scrivere recensioni. E spero mi concediate di dubitare della loro obiettività. 

Questo oceano di nuove pubblicazioni si abbatte con fragorose mareggiate sulle sponde dell'editoria italiana che, come rileva un articolo de L'Inkiesta, è "sommersa di libri che nessuno legge".
Secondo Andrea Coccia, autore dell'articolo, infatti, il numero dei lettori nel nostro Paese è più o meno stabile da decenni, con circa 3 milioni di lettori forti, così come stabile è, da circa quarant'anni, il numero della popolazione italiana.
Ad essere mutati, e di molto, sono i numeri riguardanti non il consumo, ma la produzione di libri (e di eBook): nel solo 2016 sono entrati in libreria più di 66mila nuovi titoli, 18mila dei quali di sola narrativa. Si tratta di un incremento del 1800%, nel campo della narrativa.
La "crisi dell'editoria" di cui si parla da un decennio, insomma, sarebbe, secondo Coccia, imputabile all'editoria stessa e non ai lettori.
Come questi dati siano in qualche misura riconducibili alla dilagante ignoranza italiana balza agli occhi: se il numero di lettori resta stabile, ma vengono loro offerti sia prodotti ineccepibili che spazzatura sgrammaticata, appare evidente che si giochi ad una sorta di roulette russa sulla pellaccia della formazione culturale, soprattutto dei più giovani.
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