Qualche giorno fa, passeggiando per le vie di una cittadina, mi sono imbattuta nell'inaugurazione di una gelateria. Su una delle vetrate campeggiavano le scritte:
gelato senza glutine,
gelato senza lattosio,
gelato vegan. Ciascuna con il suo bel punto esclamativo in fondo, ciascuna in colore diverso per essere meglio notata.
Passando accanto a queste scritte, la prima domanda che mi è venuta in mente è stata: ma che differenza c'è tra una coppetta di panna e fragola glutenfree ed una "normale"? E poi, ma quanta gente lo sa che moltissimi gelati (o meglio, sorbetti) alla frutta vengono fatti con acqua invece che col latte e, quindi, sono tutti per forza di cose senza lattosio?
Possibile che ci siano davvero così tante persone celiache, che quindi non possono assumere glutine con la loro alimentazione, ed intolleranti al lattosio in Italia?
Secondo i dati raccolti, elaborati e diffusi dall'
AIC -
Associazione Italiana Celiachia - relativi all'anno 2013 e pubblicati nel dicembre 2014 (i più recenti ad oggi), i celiaci rappresenterebbero circa l'1% della popolazione italiana, ovvero sia circa 600.000 individui, ma la patologia sarebbe stata diagnosticata soltanto a 164.492.
Dei celiaci effettivi, la maggior parte risiede in Lombardia (17,4% pari a 28.611 malati), seguita poi da Lazio (10,1% ovvero 16.576 malati) ed infine Campania (9,4% con 15.509 celiaci): regioni che, vuoi per l'elevato inquinamento atmosferico dovuto al traffico di autoveicoli ed al riscaldamento domestico, vuoi per la Terra dei Fuochi od altre simili amenità presentano livelli d'inquinamento ambientale allarmanti.
Ipotizzare una correlazione tra inquinamento e celiachia potrebbe essere azzardato, non lo è stabilire un nesso tra inquinamento ed insorgenza dei tumori: l'ha fatto nel 2015 il Ministero della Salute, con la
Valutazione Integrata dell'Impatto Ambientale e Sanitario, da cui ho estrapolato il grafico che trovate qui e che evidenzia come Lombardia, Lazio e Campania siano le regioni con il maggior numero di decessi attribuibili all'inquinamento atmosferico rispettivamente al Nord, al Centro e al Sud Italia.
Dietro a questa apparente impennata dei casi di celiachia, con relativa apertura di negozi d'alimentazione priva di glutine, però, potrebbe esserci dell'altro: la convinzione, del tutto errata e priva di fondamento scientifico, ma veicolata da diverse star e quindi tanto glamour, che mangiare senza glutine possa far dimagrire. Insomma: più che malati, dietro al boom di negozi gluten free ci sarebbe la moda.
Ed un decisamente cospicuo giro d'affari.
Stando ai dati raccolti da Nielsen e
pubblicati di Wired, tra il 2004 ed il 2007 il settore del "senza glutine" non solo non avrebbe conosciuto la crisi, ma sarebbe invece aumentato del 5,9%; una crescita comunque irrisoria se paragonata a quella registrata tra il 2007 ed il 2011, che ha fatto registrare un'impennata del +57% (sì, avete letto bene, 57% non 5,7%).
Una moda che pare inarrestabile, quella del mangiare in stile celiaco, ma che può rivelarsi anche molto dannosa per la salute, tanto che diversi studiosi hanno pensato bene di chiarire alcuni punti fondamentali.
Il glutine non è un veleno, non è dannoso, non fa ingrassare (se assunto nelle giuste quantità); il senza glutine non è garanzia di salubrità, di benessere, di dimagrimento.
Norelle Reilly della Columbia University ha pubblicato un'analisi sfatando tutti i falsi miti della dieta senza glutine, a cominciare dal suo presunto effetto dimagrante: "I prodotti senza glutine contengono spesso più zuccheri e grassi di quelli tradizionali, per renderli più appetibili. I rischi ai quali si va incontro sono quindi aumento di peso, obesità, sindrome metabolica ed insulino-resistenza se non si è seguiti da un dietologo. Inoltre non vanno dimenticate importanti carenze alimentari che potrebbero manifestarsi, come quella di vitamina B, folati e ferro".
Senza glutine sì, dunque, ma solo per chi celiaco lo è davvero. Per gli altri... ben vengano i gelati (e non solo) tradizionali.
Per approfondire: