La scorsa settimana, a zonzo per un centro cittadino, ho notato affisso alla vetrina di un negozio d'abbigliamento un cartello per la
ricerca di personale.
Era richiesta età al di sotto dei 24 anni, bella presenza ed esperienza nel settore.
Sono entrata, perché insieme a me c'era un'amica in possesso di tutti questi requisiti e, pensate un po', alla ricerca d'impiego.
Mi sono tenuta in disparte, fingendomi interessata agli abiti esposti, per dar modo alla mia amica di presentarsi alla responsabile, ma evidentemente non ero abbastanza lontana da non sentire le assurde pretese avanzate: la ragazza, oltre ad essere graziosa, giovane e dalla comprovata esperienza come commessa, dovrebbe conoscere alla perfezione almeno una lingua straniera, preferibilmente il russo o l'arabo, perché pare che questo stilista sia particolarmente apprezzato sulle sponde del Volga e del Don ed in Medio Oriente. Poi, oltre ad essere disponibile a lavorare su "turni flessibili", sarebbe preferibile se all'università fosse iscritta in facoltà di Economia o Turismo.
Prima di deflagrare come una bomba, sono uscita dal negozio.
Raggiunta poco dopo dalla mia amica, alla quale era stato proposto un contratto part-time (ma su turni flessibili, ricordate) per la ragguardevole cifra di 700 euro mensili.
Ora: va bene non essere choosy, va bene accontentarsi, va bene fare esperienza (peraltro già acquisita, visto che viene richiesta esplicitamente prima ancora del colloquio), ma non vi sembra di chiedere un po' troppo per un mondo reale? Non siamo nel Paese delle Meraviglie!
"Non credo vogliano davvero tutte quelle cose - ha detto la mia amica - Magari hanno già in mente qualcuno per quel lavoro e scoraggiano gli altri candidati".
Forse ha ragione.
Preferisco credere che dietro quell'improbabile elenco di requisiti ci fosse la solita, banalissima raccomandazione piuttosto che non la vera pretesa di trovare qualcuno che rispondesse appieno alla descrizione.
Passiamo adesso dall'altra parte della barricata, dove si trovano
clienti o
committenti.
Persone che vorrebbero che il lavoro fosse eseguito in fretta, bene ed in modo economico.
Chiunque dovrebbe sapere che questi requisiti possono viaggiare appaiati, ma senza costituire un terzetto. Se desideri un prodotto realizzato in fretta ed economico, dovrai rinunciare alla qualità. Se vuoi qualità e rapidità, rassegnati a pagare salato il prodotto; mentre se è qualità ed economia ciò che cerchi, allora sappi che non potrai ottenere il prodotto alla svelta.
Non è desiderio di "fare i preziosi", sono vere regole alle quali è impossibile sottrarsi.
Prendiamo ad esempio le
marmellate, le
confetture e le
conserve che realizzo (e che non vendo, questo è solo un esempio!): se faccio economia sulle materie prime, acquistando frutta o verdura scadente, non potrò certo aspettarmi un prodotto squisito. E lo stesso avviene se cerco di velocizzare le procedure, magari riducendo i tempi di cottura ma dovendo così far ricorso ad addensanti o altri intrugli.
Nel mio caso, poi, in fatto di cibo il cerchio del "Buono, ben fatto" è molto più grande rispetto a quello del "velocemente" e dell'"economico": è a quello, al risultato buono, che miro, rendendo così marginale la rilevanza degli altri due fattori.
E lo stesso si può dire per tutto ciò che realizzo, come ad esempio il
fodero di spada: ho acquistato buoni materiali ed ho lavorato due giorni alla sua realizzazione, dal cartamodello al lavoro rifinito, di certo non lo venderei per 30 euro!
Se, per ipotesi, mi venisse commissionato un fodero da 30 euro, il mio committente dovrebbe rassegnarsi ad ottenere un prodotto o meno accurato nella realizzazione, o ottenuto da materiale più scadente.
Perché è così che funziona nel mondo reale, a differenza che nel Paese delle Meraviglie.