Giovanni Porzio è un giornalista, inviato speciale di "Panorama", ed ha anche scritto un libro, "Un dollaro al giorno". Cosa c'entra questo con la Giornata della Donna è presto detto e a spiegarlo è lui stesso, con le parole scritte sul settimanale "Vanity Fair" che riporto qui di seguito, in corsivo.
Non hanno molto da festeggiare, l'8 marzo, le donne dei Paesi che chiamiamo "in via di sviluppo". Progressi ci sono stati, negli ultimi decenni, sul piano legislativo e nel costume. Ma in troppe zone del mondo i diritti elementari delle donne continuano a essere calpestati. Nei Paesi poveri due terzi delle donne occupate svolgono lavori precari o non retribuiti; più di mezzo milione di madri muoiono di parto o di complicazioni della gravidanza; 140 milioni di donne hanno subito mutilazioni genitali. In Pakistan ogni anno più di mille donne accusate di adulterio o di rapporti pre-matrimoniali (anche se stuprate) sono vittime di "delitti d'onore"; in Afghanistan, nonostante l'abolizione delle più odiose norme imposte dai talebani, una donna su tre subisce violenze domestiche o sessuali e solo il 30 per cento delle bambine ha accesso all'istruzione. Ecco qualche storia esemplare.
Messico
Lilia aveva 17 anni e lavorava in una fabbrica di plastica. Il suo cadavere fu scoperto per caso in un campo vicino a un centro commerciale il 21 febbraio 2001. Sua madre Norma è convinta che Lilia sia stata vittima di un rito iniziatico di una banda di spacciatori che agisce con la complicità di poliziotti corrotti. A Ciudad Juàrez, secondo la stampa locale, le vittime dei "femminicidi" sono state 878 tra il 1993 e il 2010. Norma sospetta che molte ragazze siano rapite su commissione dai sicari dei narcotrafficanti, e usate come bottino di guerra. Con la figlia Maria Luisa, Norma ha fondato l'associazione Neustras hijas de regreso a casa (Le nostre figlie di ritorno a casa), che si batte per i diritti delle donne.
India
A Khidirpur e a Sonagachi, i quartieri bordello di Calcutta, le ragazze sono più di 10 mila. Nilufar è a Khidirpur da quattro mesi: "Il mio ragazzo mi ha consegnata a un mercante, se cerco di scappare mi uccide". Sathi, del Bangladesh, lavora a Sonagachi da sette anni: "Sono sempre più indebitata. Devo pagare la luce, il cibo, le medicine, i vestiti. Il padrone si prende la metà dei miei guadagni. Ho tre figlie di 15, 13 e 11 anni: le più grandi hanno già cominciato".
Ruchira Gupta si batte contro i trafficanti di carne umana: la sua associazione, Apne Aap, gestisce centri di accoglienza, ha aperto asili nei quartieri a luci rosse e fondato 67 cooperative in cui lavorano 1.200 ragazze.
Guatemala
Maria, 17 anni, era sull'autobus che la portava a scuola quando una macchina ha bloccato la strada. "Sono saliti due uomini incappucciati. Mi hanno puntato una pistola alla testa, bendata e costretta a scendere. Mi hanno chiusa in una stanza e hanno cominciato a picchiarmi e a violentarmi. Quando mi hanno lasciata andare hanno detto che se li denunciavo avrebbero ucciso i miei genitori". A Città del Guatemala Medici senza frontiere lavora con le ragazze violentate. Maria è stata subito inserita in un programma terapeutico. Ora ha cominciato a parlare: il primo passo oltre il muro della paura.
Oltre a tutto questo, che chiaramente è soltanto un assaggio del libro appena uscito per Tropea Editore, ci sono altre storie da considerare. Storie, perchè si parla di donne, di persone, e non dati.
Ogni ora e mezza, novanta minuti, il tempo di una partita di calcio, una donna viene uccisa in India per la dote: questa è statistica, ma le ottomila vittime non sono dati, sono persone, sono donne con una propria storia, sogni, speranze, paure e desideri. Sono ottomila esseri viventi che ogni anno vengono cancellati dalla storia del mondo.
E nella "civile, evoluta Europa" come siamo messi? Male, secondo i dati raccolti e diffusi da Donnapedia che, alla voce "femminicidio" spiega come il triste primato delle donne morte all'interno della famiglia, uccise dal marito o dal compagno, spetti al Belgio, ma in Italia non va poi così tanto meglio: nel nostro Paese una donna muore "ammazzata per amore" ogni tre giorni.
A livello mondiale la violenza domestica è la prima causa di morte tra ragazze e donne tra i 16 e i 44 anni. Più del cancro e dell'infarto, più degli incidenti stradali e delle guerre, ad uccidere le donne sono gli uomini che dicono di amarle.
Per non parlare, poi, delle quotidiane mortificazioni cui vengono sottoposte le donne negli ambiti più disparati. Non è avvilente, ad esempio, che Belen desti clamore più per un tatuaggio e per l'incerta presenza di biancheria intima piuttosto che non per altro? Certo, non tutte abbiamo il cervello di Rita Levi Montalcini e di Margherita Hack, ma essere considerate soltanto per il nostro aspetto fisico non è riduttivo e mortificante, anche quando l'aspetto fisico è piacevole?