domenica 28 luglio 2013

Calasetta, la tv e l'atroce dubbio

Sabato 27 luglio, all'ora di pranzo, Rai Due ha trasmesso la consueta puntata di "Sereno Variabile"; Davide ed io eravamo fuori a pranzo e, quando abbiamo sentito quella parola, siamo letteralmente sobbalzati sulla sedia. Quale parola? Calasetta
Calasetta è un bellissimo comune in provincia di Carbonia Iglesias, nel quale trascorriamo le nostre vacanze estive da oltre un decennio e del quale siamo letteralmente innamorati. Tornata a casa, ho subito controllato i post scritti nel corso degli anni, colta da un atroce dubbio, e mi sono accorta con un filo di sgomento che, in effetti, avevo sempre parlato molto genericamente di "Sardegna", senza mai citare nello specifico Calasetta. Per cercare di rimediare al torto arrecato a questo delizioso paese marino dalla lunga storia e dalle affascinanti tradizioni, ecco questo primo "post riparatore", corredato da alcune foto scattate nel corso degli anni. Altri post giungeranno in seguito, perchè c'è veramente molto da dire su questo incantevole luogo.

Non si può parlare di Calasetta senza citare la celebre Torre: è ciò che per prima si scorge arrivando dal mare, è il punto di riferimento cui punta chi giunge al porto ed è l'antica signora che domina l'intero abitato. 
Costruita nel 1756, la torre sabauda era presidiata da una guarnigione di quattro soldati e consentiva la sorveglianza del mare e delle coste tra le isole di Sant'Antico (dove sorge Calasetta) e San Pietro, con una visuale di una ventina di chilometri. La torre venne edificata con chiare intenzioni difensive, dopo che sull'isola era giunta e si era insediata una comunità di Tabarchini - genti di origine ligure che già dal Sedicesimo secolo si era trasferita a Tabarka, in prossimità di Tunisi, per praticare la pesca del corallo e che successivamente si spostò sulle isole di San Pietro e Sant'Antioco - e che al luogotenente d'artiglieria Belly venne affidato il compito di sviluppare un centro abitato. Il progetto della torre spettò invece all'ingegnere militare Vallin, che ne previde la costruzione in conci di pietra vulcanica su un basamento di roccia alla sommità del promontorio che si protende verso la prospiciente Carloforte.
E' talmente importante da aver dato il nome anche ad una delle spiagge più note del luogo che non a caso si chiama "Sottotorre" ed il motivo è facile da intuire... 
E' proprio su questa spiaggia che sono stata fotografata, prima del sorgere del sole, mentre mi allenavo durante le vacanze degli anni passati. 
Ma, tornando alla storia della Torre, questa, dopo essere stata una fortezza militare, divenne in tempi molto più recenti un ristorante e, negli ultimi anni, tornata di proprietà pubblica, è divenuta sede culturale per l'allestimento di mostre di pittura o anche, come avvenne nel 2009, di archeologia locale

La Sardegna, infatti, è ricchissima di storia ed ha conosciuto, nel corso dei millenni, l'avvento di popolazioni diversissime tra loro, delle quali i Tabarchini sono soltanto il più recente esempio. 
Sull'isola di Sant'Antioco gli esseri umani sono arrivati in tempi remoti, tanto che tracce della loro presenza si riscontrano già a partire dall'Eneolitico con appartenenti alla cultura di Ozieri - che si colloca nel III millennio avanti Cristo - ma è a partire dall'VIII secolo, con l'arrivo dei primi Fenici, che venne fondata l'antica città di Solki o Sulki (da cui deriva il nome "Sulcis", ndr) di cui ancora oggi resta testimonianza grazie al Tophet, uno dei luoghi sacri fenici nel quale venivano deposti i resti di animali sacrificati o di bambini. Proprio il rinvenimento di resti di bambini aveva fatto pensare ad una società sanguinaria, che non esitava a sacrificare i propri figli alle divinità più importanti - Astarte, la dea della fertilità, e Baal, il dio padre di tutte le cose - ma recenti analisi approfondite hanno acclarato che si trattava di bambini nati morti o deceduti poco dopo la nascita; i loro corpi, così come quelli di piccoli animali sacrificali, venivano bruciati ed i resti erano collocati in un'urna di terracotta, coperta con un piattino, che veniva poi posta nell'area sacra del Tophet, oggi visitabile grazie al recupero archeologico operato a Sant'Antioco. 

2 commenti:

  1. Una sola precisazione: quella di Ozieri è una Facies, non una cultura.

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    1. Davide, veramente la questione è controversa e numerose fonti parlano di "cultura", facendo riferimento alla cultura prenuragica che si sviluppò in tutta la Sardegna e della quale vennero ritrovate le prime testimonianze paleologiche nella grotta di San Michele, presso Ozieri. Il termine "Facies" inoltre mi sembra troppo specifico e da "addetti ai lavori" per un post che non ha alcuna pretesa didattica. :-)

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