lunedì 11 marzo 2013

Cara saiga, buona estinzione

Basta un'occhiata al muso della saiga (Saiga tatarica) per avere l'impressione di trovarsi davanti ad un fossile vivente: il suo naso, simile a quello di un tapiro ed insolitamente lungo per trovarsi sul muso di un'antilope, fa pensare ad una creatura antica e quantomeno bizzarra, ed in effetti questo animale era già presente in Europa durante la più recente glaciazione, quella del Quaternario.

All'epoca la saiga non se la passava affatto male e branchi di questi animali si trovavano dalle isole britanniche fino all'Alaska, passando attraverso l'Asia centrale e lo stretto di Bering; oggi, invece, questo animale figura tra le specie più seriamente minacciate dal rischio dell'estinzione, più del panda, dell'elefante e del rinoceronte. Eppure è facile che voi non abbiate mai sentito parlare di questa strana ed antica antilope che vive nelle regioni steppose di Russia (per la precisione in Calmucchia), Kazakistan e Mongolia. E, sostanzialmente, va bene così, dal momento che la saiga, a differenza di altri animali, può estinguersi in santa pace, senza che le persone si strappino i capelli per la sua scomparsa. In poche parole, di questo animale non importa a nessuno: basta digitare la parola "saiga" su Google Immagini per trovare più fotografie di fucili - studiati apposta per abbattere queste creature - piuttosto che non dell'antilope stessa; le corna dei maschi vengono ampiamente utilizzate dalla medicina cinese ed orientale in genere, così come quelle dei rinoceronti, ma lo sterminio delle saighe desta molto meno clamore tanto che, stando a quanto riporta Wikipedia, in passato è stato lo stesso WWF ad incoraggiare l'uccisione di queste antilopi pur di preservare i pachidermi africani ed asiatici.
Wikipedia: dal WWF il via libera all'uccisione della saiga

Ora il caso della saiga è emerso grazie ad un articolo pubblicato a firma di Marco Ferrari sulla rivista scientifica Focus (n. 245, marzo 2013) e giustamente intitolato "Perchè io no?", nel quale viene spiegato "cosa determina se un animale sarà protetto e si salverà davvero dall'estinzione".
Ad oggi anche il WWF ha fatto marcia indietro circa la "questione saiga" ed è stata intrapresa qualche timida iniziativa per la protezione della specie (qui, in inglese) tuttavia, come spiega in modo esauriente Ferrari nell'articolo su Focus, tante sono le variabili che paiono giocare a sfavore dell'antica antilope nasona.

Altrettanto male, seppur per altre motivazioni, va per la vaquita. A dispetto del nome, che in spagnolo significa "piccola vacca", questo animale è sì un mammifero ma acquatico: si tratta infatti della più piccola focena al mondo, un cetaceo endemico della parte settentrionale del Golfo della California di cui si stima sopravvivano al massimo 300 esemplari, numero tanto esiguo da valere alla specie la triste palma di "cetaceo più minacciato al mondo". 
La vaquita o focena del Golfo della California (Phocoena sinus) è talmente rara che non esistono immagini complete di esemplari vivi in libertà e Wikipedia segnala "immagine mancante" mentre il sito ufficiale del WWF ricorre ad un'elaborazione grafica per mano di un artista. 

La lista degli animali contrassegnati dal bollino rosso "CR" della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) è ancora lunga in modo disarmante e la cosa preoccupa non poco, se si considera che questo "bollino rosso" è l'ultimo passo prima del "bollino nero" EW che segnala l'estinzione in natura di una specie. Nell'elenco rientrano animali di ogni genere, disseminati per l'intero pianeta, dall'ara glauca (Anodorhynchus glaucus), grosso pappagallo sudamericano imparentato con l'ara giacinto e l'ara indaco alla testuggine raggiata (Astrochelys radiata) del Madagascar meridionale; dal grifone del Bengala (Gyps bengalensis) dell'India e Pakistan al gatto selvatico sardo (Felis lybica sarda), seriamente minacciato dalla frammentazione e distruzione dell'habitat mediterraneo oltre che dal bracconaggio; dall'orango di Sumatra (Pongo abelii) all'urocione delle Channel Islands (Urocyon littoralis), al lemure variegato (Varecia variegata)... 
L'elenco completo potete trovarlo qui, con link di rimando a ciascuna specie. Il silenzio che ammanta pressochè tutte queste creature può far pensare che anche il WWF abbia gettato la spugna, preferendo concentrare le forze su animali più "carini" o noti come, appunto, il panda gigante o il rinoceronte, ma in realtà non è così, come si scopre frugando un pochino tra i file - anche italiani - del WWF. E la saiga? Anche per lei qualcosa si sta facendo, ad esempio è stata fondata la Saiga Conservation Alliance, ma è importante che si sparga la voce, si accrescano l'interesse e la consapevolezza. Ecco perchè ho scritto queste righe. Che spero vogliate condividere e magari approfondire. La conoscenza è salvezza, in certi casi: diamoci da fare!

4 commenti:

  1. Purtroppo è così: se l'animale non è pubblicizzato, nessuno lo difende...

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  2. Io non sapevo neppure che esistesse questo animale , certo che condivido !

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  3. @ Elisa, grazie per aver condiviso il messaggio! Più se ne parla, meglio è: gli animali a rischio sono, purtroppo, molti più di quanto si pensi.

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