giovedì 3 agosto 2017

Il caso Malaussène

Ben in treno paesaggia, io leggo di lui...
Difficile.
Davvero difficile, per me, parlare del caso Malaussène senza scivolare nella nostalgia melensa e, al contempo, trattenendomi dallo spoilerare selvaggiamente.
Perché per me il buon Ben è un vecchio amico.
Io, con quel figlio di buona donna di professione capro espiatorio, ci ho passato gli anni dell'adolescenza - il primo libro prestatomi dal mio miglior amico di allora, grazie Giò! - e ci sono cresciuta, arrivando ai fatidici -anta stringendo tra le dita l'ultimo episodio (per ora) della saga familiare dei Malaussène, leggendo di un Benjamin finalmente sistemato con la sua Julie, cresciuto e maturato ma sempre lo stesso, con la consapevolezza di una casa che si svuota di voci ma non di ricordi, con nipoti e figlio cresciuti e vaganti per il mondo o, forse, soltanto seguendo ciascuno il percorso della propria vita. 

Difficile.
Davvero difficile, per me, scrivere del caso Malaussène con distacco ed oggettività.
Perché io questa famiglia la conosco. Davvero. Ho visto Benjamin battagliare con la Regina Zabo, ho assistito alle furibonde sparatorie di un titanico poliziotto che si portava appresso una neonata Verdun dagli occhi urlanti, ho seguito la sensuale Julie a caccia di scoop, ho spiato Clara e Clarence, sono sgattaiolata lungo i vicoli bui di Belleville... Ho persino grattato la testa a quel puzzone di Julius, che diamine!
Parte della causa della mia malaussènite acuta
Forse per questo, per questa mia profonda conoscenza dei Malaussène, ho sgamato chi avrebbero potuto essere i rapitori di Georges Lapietà ben prima dei pur svegli poliziotti di Parigi.
E i tre sbarbati di casa non mi hanno mica portata a spasso per il mondo, trascinandomi in chiacchierate via Skype. 
Perché Sigma, È Un Angelo e Maracuja io li ho visti nascere. Letteralmente. 
E Mara ha poco da farsi le treccine e da far finta di niente: io di quel suo segreto che non è già più soltanto un desiderio ero al corrente fin dalla comparsa di Iuc con il coniglio in casseruola. 

Allora, riassumendo: "Il Caso Malaussène" è prevedibile? Forse, nella trama, per chi, come me, è afflitto da malaussèinite in forma acuta ed inguaribile. 
Ma questo non toglie nulla al fatto che Pennac fosse, sia e rimanga un fottutissimo genio.
Chi altri saprebbe tirar fuori frasi del tipo Ascoltare i ragazzi senza scoraggiarli. In fondo adesso tocca a loro. Lasciare che si godano le loro illusioni, senza dirgli che sono le erbe aromatiche di cui è cosparso il grande abbacchio finanziario o tradurre lo stratosferico riscatto chiesto per il rapimento di Lapietà in aperitivi e cafferini per tutti gli abitanti del Sud Vercors? Ve lo dico io, bella gente: solo a quel geniaccio di Daniel Pennac.
Con menzione d'onore alla traduttrice Yasmina Melaouah, ché trasporre certe espressioni in italiano non dev'essere mica una passeggiata di salute.

Quindi, sgombrando il campo da nostalgia melensa e da velleità spoilerose, riassumendo: sì, accidenti, leggetevelo questo capitolo della saga Malaussène!
(E se vi siete persi i precedenti, correte ai ripari)

Titolo: Il caso Malaussène - Mi hanno mentito (Le case Malaussène - Ils m'ont menti)
Autore: Daniel Pennac
Traduttore: Yasmina Melaouah
Editore: Feltrinelli
Anno d'edizione: 2017

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