
Rose Pamphyle (Déborah François) è una giovane donna di un piccolo paesino di provincia, desiderosa di affermarsi nel mondo del lavoro almeno quanto lo è di fuggire da un padre burbero e da un futuro pianificato che la vedrebbe relegata fino alla fine dei suoi giorni nel ruolo di casalinga, moglie del meccanico di paese e madre. In fuga a Parigi, trova lavoro come segretaria, ma si rivela ben presto inadatta e troppo goffa per l'impiego; il suo unico talento pare essere quello di saper scrivere a macchina, troppo poco per riuscire nel lavoro.

Pur ambientato nel dopoguerra, questo film è del 2013 e lo rivela chiaramente in alcune scene, davvero impensabili per il pubblico dei veri anni '50, a cominciare dal dito medio alzato dalla temibile - ed apparentemente imbattibile - campionessa di dattilografia fino alla notte della vigilia della gara, che segnerà per sempre il destino di Louis e Rose.
Da sportiva, ho particolarmente apprezzato la tenacia, la caparbietà e la grinta con cui Rose ha affrontato allenamenti e competizioni. E, ammettiamolo, anche l'algida carogneria dell'allenatore Louis ha la sua raison d'être. Pur non ritenendo la dattilografia uno sport, confesso di essermi appassionata alle gare, che hanno avuto anche il pregio di raccontare agli spettatori l'evoluzione della macchina per scrivere. Per quanto riguarda la storia d'amore tra Rose ed il suo datore di lavoro nonché allenatore... beh, sarei troppo di parte nell'esprimere un giudizio.
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