venerdì 17 agosto 2012

Il deserto dei Tartari

Quanto tempo abbiamo a nostra disposizione? Che uso ne facciamo? Quanto dura la nostra vita e come spendiamo i nostri giorni? Di queste domande avevo già avuto modo di parlare in passato, grazie ad un altro libro, ma, complice la vacanza estiva, ho cercato altre risposte circa al modo - o ai modi - di trascorrere le nostre giornate.

L'idea di scrivere questo libro, poi divenuto un autentico classico moderno della letteratura italiana, venne a Dino Buzzati mentre trascorreva le nottate in redazione, in attesa di quel grande evento, quello scoop giornalistico che potesse cambiare non soltanto la notte ma forse l'intera vita. E le nottate si susseguivano, sempre uguali o quasi, senza scossoni e senza grandi eventi che scioccassero il monotono scorrere delle rotative.

Da questa terra di nessuno che pareva essere la redazione nel cuore della notte ha preso vita la vicenda del giovane Giovanni Drogo, tenente fresco di nomina e destinato alla Fortezza Bastiani, ultimo avamposto di difesa prima della desolata e sterminata pianura chiamata, appunto, "deserto dei Tartari". 
Appena giunto alla fortezza, il giovane ufficiale comprende che quello non è il posto che fa per lui, che forse è stato per errore che è stato assegnato a quel luogo fuori dal mondo e ormai dimenticato, dove da tempo immemorabile non si scorge più neppure l'ombra di un nemico nel desolato orizzonte. Eppure non può tornare indietro. Prima il timore di scontentare i superiori, pregiudicando così le possibilità di carriera, poi il senso di estraneità provato nei confronti dei vecchi amici e della vecchia città quando, alla prima licenza, ha modo di constatare come il mondo abbia continuato il proprio cammino nonostante il suo esilio al confine.

Drogo non sceglie e, quando raramente lo fa, lo fa nel momento e nel modo sbagliato: resta per non scontentare il superiore, va in licenza ma senza convinzione e temendo che i nemici possano attaccare proprio durante la sua assenza, rinuncia alla speranza di un amore lasciandosi impaludare in un'inutile quanto noiosa discussione militaresca, torna alla fortezza rimpiangendo poi la vita lasciata alle sue spalle in città e così via, così via, così via, giorno dopo giorno, notte dopo notte, mese dopo mese, attendendo quei nemici che mai compaiono all'orizzonte, aspettando quella "grande occasione" che pare sempre sfuggirgli di mano. Dante mise gli ignavi nell'Antinferno, la condanna di Drogo è la fortezza affacciata sul deserto dei Tartari.

E noi? Come trascorriamo il nostro tempo, noi? Attendiamo la "grande occasione" o facciamo in modo che i piccoli avvenimenti quotidiani possano tramutarsi in occasioni? Viviamo di attese prima e di rimpianti poi o riusciamo a cogliere la preziosa fuggevolezza del momento presente?

Titolo: Il deserto dei Tartari
Autore: Dino Buzzati
Editore: Mondadori
Anno di edizione: 2001

3 commenti:

  1. E' quel classico libro che staziona da tempo nella mia libreria, attualmente pieno di polvere, in attesa di essere letto, insieme a tutti gli altri.
    Quest'estate volevo leggere di più, invece ho fatto la vagabonda anche sotto questo aspetto. Mea culpa!

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  2. @ Chiara, hai fatto bene a vagabondare! Le vacanze servono proprio a questo e ci concedono di fare ciò che durante la "vita normale" non riusciamo a fare per mancanza di tempo: a me, ad esempio, hanno concesso di leggere un sacco! ;-)

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  3. benissimo,... Benissimo e tristissimo al tempo che meditativo e pensieroso.

    podi-.

    Il mio particolare commento:

    http://podi-podi.blogspot.com.es/2013/03/il-deserto-dei-tartari-dino-buzzati.html

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