venerdì 2 dicembre 2011

La rinascenza dei Martinitt



Immaginate un museo interamente costruito attorno a fonti d'archivio. Cosa vi è venuto in mente? Penso di non allontanarmi troppo dal giusto se dico che avete pensato a un edificio pieno zeppo di carta: fogli, per la maggior parte (in fondo si tratta di un archivio), e magari qualche libro.

Niente di più lontano dal Museo Martinitt e Stelline di Milano! Martinitt e Stelline erano, rispettivamente, bambini milanesi orfani maschi e femmine accolti negli omonimi orfanotrofi; non si trattava di bambini abbandonati, dunque, ma di piccoli che, rimasti senza padre e spesso con molti fratelli e sorelle più piccoli, venivano mandati in orfanotrofio dalla madre, vedova e chiaramente senza lavoro nell'800.

Qui ai bambini venivano offerti una camera, pasti caldi, la possibilità - altrimenti impensabile - di studiare, fare sport e teatro e di apprendere un mestiere. Era una vita facile? No, per nulla. Quelli che entravano in orfanotrofio erano bambini che, nel migliore dei casi, avevano perso un genitore; qui imparavano, anche a suon di punizioni, la disciplina e il rispetto per maestri e Direttore. Ma qui apprendevano anche valori come l'onestà, l'impegno, l'intraprendenza e la serietà. Una rinascenza più ancora che semplice rinascita. Non a caso tra i Martinitt si annoverano giovani uomini che, usciti dall'orfanotrofio, hanno contribuito a far grande Milano nel mondo: Angelo Rizzoli, ad esempio, che con un diploma da tipografo e 850 lire in tasca nel 1905 gettò le basi dell'odierna RCS e che non rinnegò mai il suo passato facendone anzi motivo d'orgoglio, il leader della Luxottica Leonardo del Vecchio ed il meccanico Edoardo Bianchi, creatore della celeberrima bicicletta Bianchi.

Tutto questo, io, sono venuta a saperlo grazie a questo museo che, contrariamente a quanto temevo all'inizio, è tutt'altro che pieno zeppo di carta e polveroso. Anche qui, signori miei, c'è stata una vera e propria rinascenza, tanto artistica quanto pratica: i documenti sono stati digitalizzati e inseriti in stupefacenti supporti multimediali che rendono la visita molto coinvolgente e tutt'altro che noiosa.

(clicca sulla foto per approfondimenti)

Già all'ingresso si comprende subito di non trovarsi all'interno di un museo come viene tradizionalmente pensato: sulle scale vengono proiettate immagini di fotografie d'archivio, mentre ombre di bambini si muovono correndo lungo la scalinata e si sentono anche i loro passi, le loro voci… Ombre di bambini che non ci sono più (l'orfanotrofio è stato chiuso negli anni '70, anche se i Martinitt operano ancora oggi, attraverso le ben più moderne case-famiglia), ma che immediatamente catapultano il visitatore in un'atmosfera in cui reale e virtuale si fondono.

(clicca sulla foto per approfondimenti)

I documenti di archivio, poi, che alla maggioranza delle persone sembrerebbero noiosissimi se proposti nella loro cartacea concretezza e che potrebbero venir seriamente danneggiati se manipolati molte volte al giorno, sono così protetti da un lato e resi appetibili, curiosi e interessanti dall'altro.
La multimedialità, inoltre, consente tipologie di lettura diverse: si può visitare il museo una volta per scoprire il mondo del lavoro nella Milano dell'800, tornare dopo qualche giorno e concentrarsi soltanto sulle Cinque Giornate di Milano, ripassare dopo qualche tempo e sedersi in un'aula scolastica in cui un maestro (virtuale ma credibilissimo) tiene una lezione e vi interroga, congratulandosi con voi se rispondete nel modo giusto… Un risultato impensabile se soltanto l'archivio fosse stato semplicemente gestito nel modo tradizionale! Invece un Martinitt che, come suoi illustri predecessori, ha fatto fortuna, ha voluto che venisse realizzato questo museo, ad ingresso gratuito, elargendo una cifra consistente e desiderando rimanere anonimo. Segno tangibile che i valori insegnati in questo istituto non sono andati perduti col trascorrere del tempo: chi ha ricevuto del bene, deve fare del bene.


Tra un museo e l'altro, ci sto prendendo gusto ad andare a Milano

3 commenti:

  1. io andavo a scuola di fianco ai Martinitt. Avevamo il giardino in "comune" (in realtà quando saltavo le lezioni mi ci rifuguavi a leggere), e spesso ci ho scambiato qualche parola...perchè forse il Martinitt è stato ufficialmente chiuso negli anni 70 (non lo sapevo) ma quella struttura era piena di ragazzi anche negli anni '90! Io c'ero...

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  2. rifuguavi = rifugiavo
    oggi sto ancora dormendo :D

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  3. @ Zion. Ma pensa! Potrai raccontare ai tuoi nipotini di aver bigiato in un angolo di Storia… He! He! He!

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