Mio nonno, nato nel 1924, negli Stati Uniti non c'è mai stato, eppure da ragazzino intagliava zucche ad Albate, in provincia di Como dove viveva, e ci metteva dentro un lumino per spaventare le persone che passavano lungo la via tra i campi nelle nebbiose serate d'inizio novembre.
Nelle cucine le donne erano indaffarate a preparare dolci chiamati ossa dei morti e pan dei morti, da gustare nei giorni della festa per alleviare il rimpianto dei cari passati a miglior vita e nella notte tra il 1 e il 2 novembre si lasciava sul tavolo un bicchiere d'acqua e qualche castagna lessa, per ben accogliere le anime dei defunti che si fossero trovate a passare ancora a visitare quella casa.
Questo avveniva in molte case del Comasco e, credo, della Lombardia in quella che era un'epoca ancora molto agricola e rurale, prima che l'orrore della Seconda Guerra Mondiale si affacciasse sul palcoscenico della Storia.
Ma in tutta Italia c'erano, ben radicate, tradizioni che fondevano fede cristiana e superstizioni antiche.
L'usanza di lasciare cibo o bevande per i morti, ad esempio, era diffusa in Valle d'Aosta, in Lombardia, ma pure in Campania, in Basilicata e in Puglia, mentre in Molise si preparava una cena particolare, chiamata "r cummit", da dividere con parenti ed amici ed alcune porzioni venivano lasciate fuori dall'abitazione, con la scusa di sfamare i poveri defunti, mentre ne beneficiavano i più bisognosi, nel corso della notte.
Il tradizionale Pan dei Morti lombardo |
Queste feste erano, in effetti, occasione per fare beneficenza e sostenere le persone meno fortunate: in Abruzzo, con zucche decorate, si bussava di porta in porta chiedendo offerte in memoria dei cari estinti; in Toscana il 2 novembre ricorreva la festa del "bèn d'i morti", nel corso della quale gli eredi dei defunti erano tenuti a donare cibo ai bisognosi, facendo così un'opera di bene in ricordo dei propri cari; in Emilia Romagna i poveri vagavano di casa in casa chiedendo offerte.
Indossare travestimenti per non essere riconosciuti, preservando così la propria dignità, o far effettuare la raccolta da bambini, per loro natura innocenti, era usuale in queste questue al termine delle quali si ottenevano cibarie, frutta secca e magari qualche dolce.
Bollate come creduloneria, rinnegate perché legate alle celebrazioni religiose di Ognissanti e dei Defunti, ostracizzate dal crescente laicismo, queste feste sono rimaste materia di studio per gli antropologi. Relegate nel passato e, in larga misura, condannate all'oblio.
Il tutto a beneficio di una carnevalata laica e d'importazione, che non beneficia i bisognosi ma soltanto i centri commerciali, svuotata da ogni significato proprio come svuotate erano e sono le tradizionali zucche, che però, almeno, in Veneto servivano per preparare il delizioso risotto alla zucca prima di venire intagliate.
Da oggi ti seguo pubblicamente, sono una tua lettrice fissa così non perdo i tuoi post!😊 Interessante questo articolo sulle origini di Halloween.
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