venerdì 10 giugno 2016

Come dire basta alla violenza sulle donne?

Twitter è un social network, sebbene in realtà svariati utenti socializzino ben poco: molti si limitano a digitare ciò che passa loro per la testa o a postare immagini - spesso autoscatti autocelebrativi autoprodotti autotwittati - alla spasmodica ricerca di cuoricini o condivisioni.
Poi c'è chi invece interpreta alla lettera quel "social" e tende a relazionarsi con gli altri utenti, interagendo con loro con domande, risposte, chiacchierate, suggerimenti.
Da uno di questi utenti è partita la proposta di una discussione circa la violenza sulle donne. Argomento "caldo" in questi giorni, che sta occupando tg e giornali. Problema cui evidentemente non si pone rimedio sventolando drappi rossi alle finestre né disseminando scarpe rosse nelle piazze italiane. Tematica difficilmente esauribile nei 140 caratteri di un tweet...

Così, dopo avergli chiesto se davvero riteneva che quello fosse il "luogo" più idoneo ad una simile discussione, ho tentato di analizzare la problematica partendo dalla desolante consapevolezza che il 90% circa delle violenze sulle donne avviene ad opera di famigliari o conoscenti. Inoltre, spesso i cosiddetti femminicidi altro non sono che il terribile, ultimo atto di un'escalation di violenza.
Le vittime, infatti, risultano sovente essere state oggetto di stalking, pedinate o controllate ossessivamente, sottoposte a maltrattamenti psicologici o fisici prima di giungere al drammatico epilogo. 
Queste donne, insomma, SANNO con chi hanno a che fare, ma spesso giustificano il comportamento del partner (o dell'ex) o sottovalutano il problema.

Nel PAD (Programma Autodifesa Donna) c'è un ampissimo studio della psicologia femminile, teso proprio alla comprensione e prevenzione del fenomeno della violenza. Perché credo sia chiaro a chiunque che non si può liquidare il tutto asserendo che le donne vittime di violenza sono preda della sindrome della crocerossina
Molte, ad esempio, sottovalutano o ignorano i segnali che il violento invia loro perché la violenza avviene in modo molto graduale, quasi impercettibile: magari si parte da una risposta sgarbata, poi si passa all'insulto, giorni o persino settimane dopo ecco le grida e forse uno spintone, passano ancora giorni di apparente tranquillità nel corso del quale il violento sembra del tutto rinsavito, magari si dimostra anche romantico e molto dolce, ma poi al primo dissapore ecco che parte uno schiaffo, spesso seguito da mille scuse ed atti di contrizione... E così, come la proverbiale rana che non salta fuori dalla pentola colma d'acqua se la si fa scaldare gradualmente, fino a morire lessata, lo stesso avviene tanto, troppo spesso per le donne vittime di violenza. 
Perché capire quando dire "basta" non è semplice come potrebbe sembrare. 
Quando si è innamorati, quanto è giusto tollerare dall'altro? Se ci si lasciasse al primo dissapore, ben poche coppie resisterebbero più a lungo di due mesi; a chi non è mai capitato di bisticciare con il proprio fidanzato o marito o ex? 

E' proprio dalla domanda "quanto è giusto tollerare?" che, a parer mio, occorrerebbe partire. Perché è lì che si trova il punto, fissato come con uno spillo su di una cartina geografica, della nostra dignità personale. Ed è lì che vanno stabiliti i confini.
Dalla battutina al cyberbullismo: quanto è giusto tollerare?
Una dignità che può essere scalfita tanto nella realtà quanto sul web e, come faceva notare giustamente il mio interlocutore su Twitter, si potrebbe cominciare dalla "cultura della battutina" (così l'ha definita), segnalando agli amministratori quegli utenti che manifestano comportamenti volgari, aggressivi o violenti. Perché, nel virtuale come nel reale, il diretto interessato (o la diretta interessata, se vogliamo restare nella tematica di violenza sulle donne) può spesso non aver consapevolezza di quando sia giusto dire basta. E passare dalla battutina al cyberbullismo può essere questione di attimi.
Personalmente, come ho anche avuto modo di twittare al mio pacato e rispettoso interlocutore, ritengo che nessuno possa insegnare a qualcuno a rispettare se stesso scoprendo - o riscoprendo - la propria dignità: gli utenti di Twitter o di qualunque social network possono intervenire, segnalando comportamenti non appropriati ed utenti molesti, volgari o violenti, ma alla fine, nel web come nella vita reale, sta alla vittima scegliere di non essere più tale, adottando i giusti atteggiamenti per tutelare la propria dignità di persona. E', in ultima analisi, la vittima stessa a dover comprendere quale valore da a se stessa, ponendo dei paletti invalicabili.
Questo per quanto riguarda il versante Yin, il fronte femminile che, in quanto donna, sono stata invitata ad indagare. Sul versante Yang, ritengo abbia già espresso efficacemente il proprio parere il mio interlocutore, evidenziando come sia essenziale che gli uomini vengano educati sin da piccoli al rispetto dell'altro ed alla comprensione che "amore" e "possesso" sono due cose estremamente differenti. 

2 commenti:

  1. Viviana, avevo già letto questo articolo ma volevo scriverti un commento ragionato e non "di pancia". Adesso penso di aver aspettato e riflettuto abbastanza quindi eccomi qui.
    Innanzitutto l'articolo mi è piaciuto molto e penso che in tanti l'abbiano letto, ma non commentano perchè è un tema complesso e "caldo".
    Poi devo dire che MI FANNO SCHIFO, come donna, le PAGLIACCIATE dei foulard rossi sventolati o delle scarpe rosse in piazza, iniziative che non salvano chi è morto e nemmeno chi subisce violenza tra le mura di casa ma che servono solo al politico o all'artista o all'intellettuale di turno per farsi pubblicità gratuita.
    Ciò che DAVVERO servirebbe sono le leggi (che in gran parte già ci sono) e la CERTEZZA DELLA PENA, che tengano stalker e violenti lontani dalle vittime ed incapaci di nuocere.
    Troppe volte infatti a venire uccise sono donne che avevano già denunciato il persecutore.
    Inutile dire poi che circa la pratica delle arti marziali come mezzo per trovare equilibrio e fiducia in sè stesse sono perfettamente in sintonia con te. Purtroppo spesso gente col paraocchi pensa che sia un rispondere alla violenza con la violenza e non considera affatto l'aspetto psicologico.
    Fermo restando che io non avrei niente in contrario a rispondere con la violenza a chi cerca di accopparmi ma vabbè!
    Complimenti ancora per l'articolo, non ricordo se l'avevo già fatto ma lo condivido su facebook. Ciao!

    RispondiElimina
  2. Ciao Elena, vedo soltanto ora il tuo commento, scusa.
    Circa leggi e certezza della pena non posso far altro che concordare con te, soprattutto in considerazione dell'elevato numero di vittime causato proprio da uomini mai incarcerati o tornati in libertà.
    Lieta, poi, che tu abbia colto il vero valore formativo del PAD e delle arti marziali più in generale.
    Grazie per il commento e per la condivisione, ciao.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...