lunedì 2 dicembre 2013

Bambini e MMA, sì o no?

Le M.M.A., Mixed Martial Arts o Arti Marziali Miste che dir si voglia, sono un fenomeno sportivo in costante crescita negli ultimi anni, tanto che negli Stati Uniti gli incontri di UFC hanno raggiunto un livello di popolarità quasi equiparabile alle partite di football e di pallacanestro. Pubblico disposto a pagare centinaia di dollari per un posto vicino alla gabbia ottagonale, televisioni che si contendono l'esclusiva della messa in onda, sponsor che investono cifre più che ingenti... Un simile successo ha ovviamente scatenato la corsa al fighter, nuova vena aurifera di questo ventunesimo secolo, e ben presto hanno iniziato ad essere organizzati incontri di MMA tra bambini.

Non ci sarebbe niente di male, se si trattasse di un'attività sportiva fatta dai piccoli per puro divertimento e in piena sicurezza. Ma negli States i bambini si affrontano nella gabbia come piccoli adulti in miniatura: senza caschetti di protezione, ad esempio, ed eseguendo tutte le tecniche previste nei combattimenti dei "grandi", incluse quelle di strangolamento. Il tutto, poi, sotto la pressione psicologica di un pubblico urlante e di genitori/manager che sognano di avere tra le mani il novello Fedor Emelianenko o il nuovo Wanderlei Silva e che allevano in gabbia il loro pulcino dalle uova d'oro.

Capita così di assistere all'incontro tra bambini di 6, 7 anni il cui nome di battaglia è "collezionatore di braccia" o "la bestia", come nel caso di Kristofer "The Arm Collector" Arrey o Mason "The Beast" Bramlette, alcuni dei piccoli combattenti fotografati negli Stati Uniti da Sebastian Montalvo, che ha voluto documentare questo fenomeno coi suoi scatti poi pubblicati dalla ABC News e di cui riporto alcune immagini in questo post.

Kristofer "The Arm Collector" Arrey (7 anni) e Cross Betzold (6)
si preparano all'incontro, 10 marzo 2013 - Foto di Sebastian Montalvo
Bambini che, nonostante i terrificanti nomi di battaglia, restano dei bambini e che come tali reagiscono ai colpi ed alle sconfitte.

Mason "The Beast" Bramlette reagisce in modo per nulla bestiale e
molto umano ad un colpo ricevuto - Foto Sebastian Montalvo
I colpi arrivano anche durante gli incontri di Karate, Judo e, naturalmente, anche in quelli di Kung Fu e Sanda come in qualunque disciplina marziale: fanno "parte del gioco", per così dire, e capita di vedere bambini in lacrime anche nelle competizioni di queste discipline. Affrontare una competizione è, innanzi tutto, affrontare le proprie paure e mettersi in gioco, contro se stessi e contro un avversario. Le gare, siano di combattimento o di forme, sono dunque una sorta di "passaggio obbligato" nella crescita marziale e, come in ogni altro sport, anche qui c'è chi vince e chi perde ed anche imparare ad affrontare  e superare la sconfitta fa parte della crescita personale: oggi sul ring o sul tatami, domani nel lavoro o nella vita, nessuno di noi sarà sempre un vincente.

La differenza sostanziale sta nella spettacolarizzazione e nell'esasperazione di un'aggressività che, soprattutto in età infantile, dovrebbe essere canalizzata e controllata. Un genitore che chiama il proprio bambino "La Bestia" che genere di adolescente e di adulto spera di crescere? 

La questione, dunque, nelle Mixed Martial Arts come in ogni arte marziale e più in generale in ogni sport, è: il bambino lo pratica perchè si diverte o perchè i genitori frustrati riversano su di lui aspettative spesso troppo grandi per atleti tanto piccoli? 

Bambini a scuola di arti marziali. Rispetto di sè e dell'avversario.
Foto dal web

2 commenti:

  1. L'esperienza delle arti marziali ha anche un che di formativo in sé, ma quando degenera e non aiuta più ad incanalare correttamente rabbia e aggressività...beh, allora non forma più delle persone civili, ma un insieme di potenziali delinquenti

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    Risposte
    1. Dasha, sono d'accordo con te. Sono una convinta sostenitrice del valore educativo delle arti marziali, ma queste devono venir praticate con il giusto spirito.

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