lunedì 14 gennaio 2008

Il sottile confine


Sarà che è un po’ di tempo che non dormo bene, sarà che guardare N.C.I.S. e Criminal Minds prima della nanna non aiuta, sarà che ho dei vicini di casa con qualche problema, fatto sta che ho avuto una notte popolata da incubi.

Ero andata, non ricordo né per quale motivo né con chi, in una struttura che doveva essere simile ad un albergo; ad un certo punto io ed il mio accompagnatore avevamo deciso di dividerci, così da poter aver maggiori probabilità di trovare ciò che stavamo cercando (avrebbe potuto essere tanto il Sacro Graal quanto una toilette… non ricordo!) ed avvisare poi l’altro. Mi sono così ritrovata in una specie di parcheggio sotterraneo, completamente privo di auto, ma che aveva il classico pavimento in cemento grigio, colonne di sostegno grigie, due porte di quelle di sicurezza (gialle, col maniglione orizzontale, come una sbarra) una di fronte all’altra e, unica “stranezza” per quello che ritenevo essere un parcheggio, su una delle due pareti in cui non c’era la porta c’era una larga vetrata che occupava la parete in quasi tutta la sua estensione, sia in larghezza che in altezza.


Ad un tratto da dietro una delle colonne compare un uomo, sulla trentina, altezza media, capelli ed occhi neri, magro, quasi… affilato. Si lancia contro di me cercando di afferrarmi ed io inizialmente schivo i suoi attacchi. Arretro. Cerco di dirigermi verso la porta dalla quale ero entrata ma senza voltargli le spalle. Mi metto in guardia ma non riesco in nessun modo a reagire, né deviando i suoi attacchi né tentando di colpirlo. Mi afferra. Mi spinge verso una delle colonne e, stringendomi le mani attorno al collo, mi solleva da terra. Oddio soffoco! Non respiro!… Dunque sto morendo… Non so come, riesco a dargli un calcio o una ginocchiata e a liberarmi dalla sua stretta. Appena i miei piedi toccano terra, cerco di raggiungere la porta per fuggire, ma lui mi insegue, sta per prendermi ancora… Allora mi dirigo verso la vetrata, picchio forsennatamente i pugni contro di essa e mi accorgo che non è fatta di vetro ma di plexiglass, urlo in cerca di aiuto. Fuori ci sono delle persone, per lo più donne, di età diverse, che sentono i colpi che sto tirando e lentamente si avvicinano.


Ma io devo scappare. Quell’individuo sta per raggiungermi. Mi volto per vedere dove sia e così mi accorgo che nel “parcheggio” adesso c’è un’altra donna. E’ molto lontana, la vedo confusamente ma vedo che è piccolina e tondetta, anche lei sulla trentina. Richiama l’attenzione dell’aggressore facendosi inseguire: così, due contro uno, distraendolo un po’ ciascuna, forse riusciremo a raggiungere entrambe una porta e fuggire da questo folle! Mentre lui torna ad inseguire me, lei ci riesce, se ne va. Sono di nuovo sola e quella maledetta porta sembra irraggiungibile! Torno alla vetrata, ricomincio a battere i pugni e a gridare aiuto. Le donne là fuori, tutte ben vestite e curate, guardano verso di me come si guardano i pesci in un acquario. Alcune interessate, altre incredule… L’aggressore mi raggiunge, mi afferra di nuovo, questa volta per la vita, e mi trascina via dalla vetrata di plexiglass mentre io continuo a dimenarmi ed a urlare. Solo a questo punto sento una delle donne oltre il plexiglass dire: “Poveretti, sono matti. Litigano e non sanno nemmeno perché. Ma almeno qui non danno fastidio alla gente normale”.

E mi sono svegliata di soprassalto.

Normali”, “matti”… chi è “normale”? Quando comincia la malattia mentale? Come, cosa fa superare quel sottile confine che divide "normalità" da "follia"? Dicevo all’inizio dei miei vicini di casa… ebbene, lei, la moglie e madre, ha certamente dei problemi: sente voci, vede Santi, una domenica, nel bel mezzo della celebrazione della messa, è andata ad abbracciare la croce sull’altare urlando a Cristo di scendere (sono dovuti intervenire degli infermieri con l’ambulanza, perché né il parroco né alcuni fedeli erano riusciti a toglierla di là)… Eppure pare che tutto abbia avuto inizio da un esaurimento nervoso. Che certo non dev'essere una bella cosa, ma credo sia piuttosto comune…
Esaurimenti nervosi, depressioni, schizofrenia, paranoia… Non se ne parla mai. Sono mali sconosciuti. Vissuti, da chi ha un parente o un caro che ne soffre, quasi come una vergogna da tenere nascosta il più possibile. Percepiti dai “normali” come un qualcosa che non li tocca e che sarebbe bello poter rinchiudere da qualche parte, lontano dagli occhi della società “normale”. Io stessa ho fatto volontariato con disabili (o diversamente abili, o handicappati... scegliete la definizione più "politically correct" che preferite, ma dietro al buonismo peloso il succo del discorso non cambia!), bambini ed anziani, ma nei confronti della malattia mentale ho sempre avuto un autentico terrore… perché si teme ciò che non si conosce. E mentre i tg ci bombardano di meningiti, aviarie, aids, obesità, nulla viene detto sulla depressione, ad esempio. Come se fosse un qualcosa che tanto non può toccarci. Come se fosse un problema che riguarda sempre e soltanto gli altri. Una sparuta minoranza che sarebbe bello poter fingere che non esistesse, iniziando a non darle spazio con l’informazione. E invece bisognerebbe parlarne, perchè è con la conoscenza che si abbattono i pregiudizi. Perciò vi lascio anche un invito, per avvicinarsi a questo mondo parallelo e sconosciuto che talvolta tocca e va a cozzare col mondo "normale".

P.S. Se qualcuno sa darmi un’interpretazione dell’incubo – o anche i numeri da giocarmi al Lotto (si sa mai che sia la volta buona!) – non esiti a scrivermi, mi raccomando!

4 commenti:

  1. Eh... non ne capisco assolutamente nulla di interpretazione di sogni, e figuriamoci di cabala...
    Mi vien da dire che il tuo sogno è servito per farti scrivere questo post... per fortuna ci sono molte persone che dedicano la loro vita alle persone affette da malattie mentali. Io ne conosco alcune, ed hanno la mia ammirazione! Purtroppo non credo che tutti possano essere capaci di relazionarsi correttamente con persone così particolari, certo è che la conoscenza del loro mondo aiuterebbe tutti ad avere una maggiore sensibilità... un abbraccio

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  2. In effetti il desiderio era di parlare di questa cosa, dell'incubo ma soprattutto della malattia mentale... Poi, se qualcuno sapesse darmi un'interpretazione o regalarmi un terno secco tanto meglio! ;-)
    E' vero, io non mi sono mai sentita in grado di relazionarmi con queste persone... Anche con questa mia vicina, ti assicuro, a volte mi sento in un disagio pazzesco!...
    Ma mi piace pensare che, se ci fosse più comunicazione su questi problemi, se si smettesse di considerarli come una colpa da nascondere, ci sarebbe meno paura da una parte e più possibilità di guarigione dall'altra.
    Un abbraccio grosso

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  3. Ciao Viviana... per ora sono un po' indaffarato, dunque faccio fatica a rispondere sul blog...quanto al sogno, ancora non ho gli strumenti necessari per interpretarlo nè so se li avrò mai, dato che è compito degli psicanalisti per la maggior parte e non degli pichiatri, alla quale schiera spero di appartenere un giorno... Per la malattia mentale hai pienamente ragione, viene misconosciuta e allontanata socialmente come la peste, appunto perchè misconosciuta. Un criterio per capire la malattia è il seguente: si è malati quando si smette di "funzionare" lavorativamente, socialmente, in campo affettivo, etc... dunque una depressione può essere fisiologica, quando dura un periodo di tempo limitato, in risposta ad un evento spiacevole e si risolve senza l'ausilio di farmaci... mentre è patologica, quando dura per molto tempo, scatenata da un motivo non ben precisato e lì esiste la necessità di ricorrere ai farmaci... sembrano stupidaggini, ma è importante capire certe cose, non fosse altro per capirsi un pochino di più...
    Buona domenica e spero di essere stato chiaro ed esauriente.

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  4. Grazie Gino! Mpf, nemmeno tu mi riesci a spiegare il sogno... peccato!
    Per quanto riguarda la malattia mentale, è vero che viene misconosciuta, purtroppo. Personalmente sono convinta che, se ci fosse maggior informazione sulla malattia mentale, ci sarebbero anche meno paure e meno tabù.
    Ciao e grazie!

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