venerdì 29 aprile 2016

Buone notizie!

Scava scava, dalla cronaca quotidiana emergono anche delle buone notizie. E allora eccone alcune, in ordine alfabetico d'argomento.

Animali (1) - Tra le onde del Costa Rica due surfisti dal cuore d'oro si sono impegnati per oltre sei ore nel salvataggio di un cucciolo di balena (qui la notizia).

Animali (2) - Un assiolo, uccello notturno simile al gufo, era rimasto imprigionato nel Palazzo di Giustizia a Lecce. Recuperato, verrà reintrodotto in natura (la notizia qui). 

Animali (3) - Schifoso e puzzolente, ma molto raro e prezioso: una coppia ha trovato sulla spiaggia oltre un chilo di vomito di balena, del valore di oltre 60 mila euro (l'articolo qui).

Anziani - Un'anziana in gita a Bologna si è persa, vittima di un'amnesia: i clochard l'hanno salvata. Ora sta bene ed è tornata a casa (qui la notizia).

Cultura - A Timbuctù un eroico bibliotecario ha salvato migliaia di libri antichi dalla furia del fondamentalismo islamico (qui la notizia). 

Moda - Il brand di piumini più famoso al mondo, Moncler, introduce nuovi controlli per evitare inutili sofferenze alle oche. Verranno spiumate soltanto quelle destinate all'alimentazione (qui l'articolo).

Ragazzi - A Lucca due ragazzi "splendido esempio di altruismo e coraggio" hanno salvato una donna caduta nel fiume (qui la notizia). 

Salute (1) - Il tumore al seno e quello alla prostata fanno meno paura. Grazie alla ricerca scientifica, il tasso di sopravvivenza a queste due neoplasie si aggira ormai attorno al 90% e la notizia è ancora migliore se si considera che il tumore al seno è il più diffuso in assoluto tra le donne e quello alla prostata il più comune tra gli uomini (qui la notizia).

Salute (2) - Avere tanti e buoni amici fa bene alla salute e non solo a quella mentale, riempiendoci di buon umore e di autostima, ma anche alla salute fisica. Secondo una ricerca condotta all'Università di Oxford, infatti, le endorfine contribuiscono a far meglio sopportare il dolore fisico, funzionando persino meglio della morfina (qui l'articolo).

Viaggi - Riflessi pronti e sangue freddo, così un giovane autista d'autobus ha salvato la vita degli studenti in gita coinvolti in un terribile incidente a Bologna (qui l'articolo).

Campione di Kickboxing arrestato per terrorismo

Kahchia e Moutaharrik - Foto da VareseNews
Viviamo in un mondo piccolo, ormai. La globalizzazione, che fino a non molti anni fa era soltanto una parola, oggi è un dato di fatto: sulle nostre tavole arrivano fragole dal Sud America e pomodori dall'Olanda, c'è chi studia in Canada e chi fa riunioni di lavoro in Sud Africa e torna a casa per il fine settimana. 
In un pianeta che si è fatto tanto piccino, sentire che a Lecco e a Varese sono stati arrestati sei presunti terroristi fa una certa impressione; è come se avessi visto il mio vicino di pianerottolo con una bomba in mano. 

Perché Abderrahim Moutaharrik e Abderrahmane Kahchia, due degli arrestati, avrebbero davvero potuto essere i nostri vicini di casa. 
Erano immigrati "normali", da numerosi anni residenti in Italia, con tutte le carte in regola; immigrati che normalmente andavano a lavorare o a scuola, normalmente avevano una famiglia, normalmente coltivavano degli hobby.
Non erano dei disadattati, dei disperati costretti a vivere sotto i ponti campando di elemosine o furtarelli, abbandonati dalla società e dalle istituzioni. 
Avevano, Moutaharrik e Kahchia, tutte le carte in regola per poter essere dei perfetti esempi di immigrati integrati nella società occidentale. 

"Dalla Vostra Parte" del 28 aprile su Rete Quattro
riporta parte delle intercettazioni telefoniche
L'arresto di Moutaharrik, che da oltre sei anni lavora come operaio in un'azienda in provincia di Lecco, ha lasciato esterrefatti titolare e colleghi: "Una persona normalissima - ha dichiarato un collega in un'intervista - Quando si parlava difendeva l'Islam, diceva che andavano capite tutte le motivazioni, ma non avrei mai pensato a una cosa simile. Andava d'accordo con tutti, veniva alle cene aziendali...". Sì, frequentava la moschea, ma andava là, pregava e se ne andava. 
Sposato, due bei bambini. Un uomo normale, con una vita normale.

Andava persino in palestra in Svizzera. A fare Kickboxing. Ed era pure bravo. Tanto da aver disputato alcuni incontri a livello internazionale, tanto da essere essere incoronato per due anni consecutivi (2013 e 2014) campione svizzero di K1 ed essere diventato semi professionista coi colori della Fight Gym Club di Lugano
Recentemente, nel 2015, era salito sul ring a disputare uno di questi incontri indossando una maglia con il logo del Daesh. E questo, forse, ha contribuito a far suonare un campannellino d'allarme.
Allarme che si è concluso, giovedì 28 aprile, con l'arresto suo, dell'amico e di alcuni famigliari. Presunti terroristi. 
La bomba a Roma non sono riusciti a farla esplodere, Moutaharrik e Kahchia, ma certo hanno mandato in frantumi il sogno della felice integrazione.

Per approfondire: 

giovedì 28 aprile 2016

The Bourne identity

Un giovane uomo viene ripescato nella notte nel Mar Mediterraneo.
Non ricorda nulla, neppure chi è.
Tutto ciò che ha per tentare di ricostruire la propria storia è un numero di conto bancario.
Da qui partirà la sua ricerca, che lo condurrà ad attraversare l'Europa sfuggendo ad agguati mortali, fino a scoprire che lui è Jason Bourne (Matt Damon), membro di una squadra speciale della CIA denominata Treadstone; avendo fallito una missione, viene ormai considerato "bruciato" dai suoi superiori, che intendono eliminarlo.
Jason, aiutato da una giovane donna tedesca di nome Marie (Franka Potente), cercherà di dipanare l'intricata matassa della propria esistenza, in gran parte dimenticata e, soprattutto, di rimanere in vita.
A suo favore gioca la memoria del corpo (più correttamente detta memoria procedurale implicita automatica*): quella parte di te che ti porta a ripetere movimenti appresi grazie alla ripetizione, senza doverci stare a pensare su. Con la stessa facilità con cui le persone comuni si alzano dal letto, preparano un caffè o chiudono a chiave la porta di casa, Jason disarma killer, spezza ossa, spara con precisione letale.

"The Bourne identity" è il primo episodio della trilogia "Bourne" (seguono "The Bourne supremacy" e "The Bourne ultimatum", più lo spin-off "The Bourne legacy" in cui, nonostante il titolo, il protagonista non è Jason Bourne bensì un altro agente, Aaron Cross, interpretato da Jeremy Renner), basata su una serie di romanzi dello statunitense Robert Ludlum.
Film realizzato nel 2002, visto e riguardato più volte, mi stupisco del fatto che non lo abbia recensito prima d'ora.
Una delle numerose tecniche utilizzate nella difesa
Perché è un bel film. Una trama coinvolgente, sorretta da una buona interpretazione e - scusate, ma per me le arti marziali sono un elemento di grande rilevanza - supportata da tecniche di combattimento veritiere ed efficaci.
Certo, ci sono le "americanate", quelle scene del tutto folli, sotto ogni punto di vista logico e scientifico, che però danno gusto alla pellicola (un po' come avviene anche per tutti i film di James Bond o di Indiana Jones, per intenderci): Jason scampa ad agguati mortali orditi dai vertici della CIA, sfugge a killer dall'ineffabile preparazione militare - mica alla sciura Maria! - e sopravvive ad inseguimenti automobilistici ed esplosioni dall'esito catastrofico. Il tutto riportando solo qualche trascurabile ammaccatura.
Inoltre, come se non bastasse, taglia i capelli di Marie con la stessa delicatezza di un tosaerba e, nonostante ciò, lei si ritrova con una testolina deliziosa, un lavoro da coiffeur sopraffino.
Come detto, però, queste sono quelle esagerazioni "da film" cui lo spettatore va incontro preparato e che non intaccano la validità né la piacevolezza dell'opera nel suo insieme.

Dopo essere stata utilizzata per svariati gunting la penna biro
viene conficcata nella mano del "cattivo".
Le tecniche marziali utilizzate da Jason Bourne sono estremamente realistiche e davvero utili allo scopo; le leve articolari, incluse quelle applicate ai disarmi, sono di una bellezza e di un'efficacia eccelse.
La prima volta che ho visto il film sono letteralmente balzata sulla poltrona, alla vista del primo combattimento corpo a corpo: io quelle tecniche le conoscevo! Così come non mi erano affatto sconosciute quelle belle serie di gunting realizzate con una semplice penna biro...
Andando poi a documentarmi, il "mistero" è stato chiarito: per interpretare il ruolo di Bourne, Matt Damon si è allenato nel Jeet Kune Do e nel Kali sotto la guida di Jeff Imada, allievo diretto del mitico Dan Inosanto nonché uno dei maggiori esperti mondiali di queste discipline.
Qui potete trovare parte del making of dei combattimenti sul set, con lo stesso Imada che parla del JKD Kali e con Matt Damon che mostra... ciò con cui ho iniziato il mio percorso marziale e con cui ancora oggi mi diverto anch'io!


* Grazie Mastermind per la consulenza scientifico/psicologica.

mercoledì 27 aprile 2016

Riso all'orientale

Facile al limite dell'indecenza, questa ricetta conta soltanto 4 ingredienti e consente di portare in tavola un piatto gustoso e diverso dal solito, con un tocco esotico. Potrebbe essere inserita a buon diritto nel ricettario "Orientaleggiamo".

Come di consueto, quella che indico io è la ricetta tipo, che potete variare a vostro piacimento a seconda del vostro gusto personale e delle disponibilità di frigo e dispensa, in perfetto stile Sopravvivenza
Bando alle ciance e veniamo subito al risicato elenco degli ingredienti, i magnifici quattro.

Ingredienti:
  • riso (io uso l'integrale)
  • gamberetti
  • piselli
  • salsa di soia (ormai si trova comunemente nei supermercati)
Mentre si mette a lessare il riso in acqua, si provvede a lavare e sgranare i piselli ed a pulire i gamberetti, privandoli del guscio e del filetto nero. In una pentola con dell'acqua metteremo a cuocere i piselli per circa un quarto d'ora (attenzione, se usate quelli surgelati cuociono in molto meno tempo) ed aggiungeremo nella stessa acqua bollente anche i gamberetti; questa operazione consente sia di scongiurare lo spreco d'acqua, sia di limitare il ricorso al sale, sfruttando la naturale salinità dei gamberetti.
Una volta lessati, li si scola e li si unisce al riso, scolato a sua volta un po' al dente e messo in una padella; si fa saltare il tutto per qualche minuto con della salsa di soia e si serve.

martedì 26 aprile 2016

Homefront, il film d'azione tra arti marziali e traffico di droga

"Non c'è peggior cattivo di un buono quando diventa cattivo". Questa frase, pronunciata da Bud Spencer in un suo film, si adatta benissimo anche alla vicenda di Phil Broker (Jason Statham): ex agente sotto copertura della DEA, in seguito ad un'operazione antidroga dall'esito drammatico ed alla morte della moglie decide di cambiare radicalmente la propria vita e si trasferisce insieme alla figlioletta di 10 anni (Izabela Vidovic) in un paesino all'apparenza idilliaco, sulle sponde di un fiume e circondato dal verde, che richiama alla mente la magnificenza selvaggia delle Everglades.

I guai, però, iniziano ben presto: Maddy, alla quale il papà ha insegnato "non a fare a botte, ma a difendersi", rompe il naso ad un compagno di scuola bulletto e quell'episodio che avrebbe potuto risolversi con delle semplici spiegazioni e scuse tra adulti e bambini diviene invece l'origine di una vera e propria faida, soprattutto quando lo zio del bulletto (James Franco), spacciatore locale fermamente intenzionato ad ampliare il proprio giro d'affari, scopre il passato di Broker.

"Homefront", basato sul racconto di Chuck Logan, ha la sceneggiatura di Sylvester Stallone: uno che di film d'azione se ne intende. Jason Statham, dal canto suo, è sì attore, ma pure atleta di tutto rispetto, vantando un passato di tuffatore e soprattutto - in questo caso - una vasta conoscenza di arti marziali* e discipline da combattimento: esperienza che emerge con chiarezza nelle numerose e più che apprezzabili scene d'azione. 
Questo film è la sagra delle leve articolari, la fiera dei pugni, l'expo dei calci a sfondamento! E mi si perdoni il tono entusiastico, ma assistere alla realizzazione di tecniche che non siano frutto di sola coreografia è, per una praticante di arti marziali quale sono, una vera gioia per gli occhi. Le tecniche, davvero pulite e ben eseguite, sono perfettamente comprensibili nonostante la rapidità dei movimenti: deviazione con controllo dell'arto e reazione di uppercut, gomitata con torsione e leva al gomito, lotta a terra con tentativo di triangle choke culminante con un armbar... sono soltanto alcune delle numerose azioni alle quali si assite e, vi assicuro, ce n'è davvero per tutti i gusti.
La trama, forse, non brilla per originalità, ma "Homefront" è un film che certo non delude le aspettative degli amanti del genere.

*Ricordate: in ambito di film e serie tv parlo di arti marziali intendendole nel loro significato di arte del combattimento, l'ars pugnandi di romana memoria, e non di discipline marziali specifiche e codificate.

domenica 24 aprile 2016

Manutenzione e pulizia della spada

Che su queste pagine si trovino articoli di fai-da-te un po' particolari forse ai più è chiaro da tempo, almeno dal post sulla realizzazione di una borsa per Kali. Mi rendo perfettamente conto che questi articoli interessano ad un numero piuttosto esiguo di persone, tuttavia li scrivo nella speranza che possano essere d'aiuto a chi brancola nel buio.
Il fai da te odierno risponde alla domanda: come occuparsi di manutenzione e pulizia delle spade da combattimento?
La precisazione "da combattimento" è doverosa, perché le lame che vengono usate necessitano di cure diverse rispetto alle armi da collezione, in quanto sono spesso realizzate anche con materiali diversi.

Iniziamo col dire che la manutenzione andrebbe effettuata con una certa costanza, così da evitare la comparsa della ruggine. Diciamo anche, però, che sono proprio pochini (personalmente non ne ho mai incontrato nessuno) coloro che, almeno un paio di volte al mese, si preoccupano di controllare lo stato di salute della propria arma e che, normalmente, la maggior parte delle persone inorridisce e corre a cercare rimedi solo quando nota sulla lama le odiose tracce di ruggine.
Qui di seguito trovate le cose da fare per prendervi cura della vostra spada a seconda della vostra "categoria" di appartenenza.

- Spadaccino diligente - Sei il proprietario che ogni spada sogna di avere. Una volta ogni due settimane verifichi lo stato di salute della tua arma, ne controlli la lama e previeni eventuali danni. Dal momento che usi la tua spada, sai che il filo (sebbene non affilato) viene intaccato dall'urto contro altre armi e, con una mazzetta, stando ben attento a colpire con il piatto della testa, ne uniformi il filo con piccoli colpi leggeri lungo tutta la superficie. Poi, con una lima piatta, limi il filo per rimuovere le bave che si formano sia con l'utilizzo che con la battitura della spada. 
Cospargi la lama con uno spray antiruggine e con una carta abrasiva a grana fine (400 o 500) ne passi la superficie, ovviamente senza tralasciare l'elsa né alcuna parte metallica. Poi, con pezzetti di carta abrasiva a grana molto fine (1000) e piccoli movimenti circolatori, procedi alla lucidatura della lama. Infine, con uno straccio perfettamente asciutto ed una buona dose di pazienza, pulisci la lama da ogni eventuale residuo e la lucidi con uno straccio imbevuto di WD-40olio per armi o olio Singer; eventualmente possono andar bene olio motore od un buon olio idrorepellente (dopo aver verificato che non comprometta la lucentezza della lama). Naturalmente ti ricordi di cospargere con una certa regolarità la tua spada con oli tipo il Gun Care CRC o simili e di lucidare ben bene con un panno di cotone o di lana, sempre con piccoli movimenti concentrici.

Spade vichinghe al museo di Bergen.
E' consigliabile agire PRIMA che la
tua arma si riduca così...
- Spadaccino distratto - Hai notato le prime tracce di ruggine sulla tua spada e hai pensato bene di correre ai ripari. Visto che il danno è in parte già fatto, occorre innanzi tutto provvedere a rimuoverlo ed allo scopo si può utilizzare un prodotto specifico come il Sidol, piuttosto aggressivo ma estremamente utile in certi casi: si versa direttamente sulla lama e, con un panno pulito ed una generosa dose di olio di gomito, si strofina fino a rimuovere ogni traccia di ruggine. C'è anche chi suggerisce l'utilizzo della comune paglietta in acciaio (quelle da cucina, per intenderci). Fatto ciò, si può tornare sulla retta via e cominciare a comportarci da spadaccini diligenti, curando la manutenzione prestando cura anche al filo della lama ed al suo stato ottimale.

- Spadaccino menefreghista - Nelle tue mani la spada rimpiange di non essere diventata un badile, utile almeno per l'agricoltura. Di lei ti dimentichi fino a quando non è il momento di utilizzarla e allora, fatalmente, ti accorgi che la poveretta è conciata da buttar via: nulla o quasi resta dell'antico splendore, ormai completamente mangiato dalla ruggine e dall'incuria. 
Siamo nell'ambito del "O la va, o la spacca". A questo punto servono le maniere forti. 
Si può tentare con della pasta abrasiva per carrozzieri passata con dei batuffoli di cotone - e tanto olio di gomito - su ogni parte interessata dalla ruggine.
Se questo non dovesse bastare, puoi usare il Ferox (feroce, un nome una garanzia...) Convertiruggine, prodotto molto valido che però presenta la "controindicazione" di scurire la lama; lo si lascia agire per qualche minuto, dopo di che lo si risciacqua alla perfezione con abbondante acqua e si asciuga la lama minuziosamente. C'è chi ricorre persino alla smerigliatrice... a me vengono i brividi al solo pensiero! Nel caso tu debba far ricorso a questo incubo per ogni spada, è raccomandata mano ferma e leggera, per tocchi chirurgici. 

- Spadaccino barbaro - Può capitare che nel bel mezzo di una rievocazione storica non si desideri rovinare la scena mostrando oggetti moderni, come pagliette abrasive, olio per armi o spray anti ruggine (che fatalmente fanno poi capolino in fotografie e riprese video). 
Come occuparsi allora della nostra spada? Un piccolo martello e la mazzetta sono indispensabili per ribattere il filo dell'arma, che certamente sarà usurato dalle "battaglie" (vedi "Spadaccino diligente"); è ovvio che in una rievocazione non utilizzeremmo un'arma compromessa dalla ruggine, perciò quello di cui dobbiamo occuparci è la sua lucentezza e manutenzione: c'è chi asserisce che un qualsiasi olio è adatto allo scopo - sia di oliva, che di semi - e chi vanta le meraviglie dell'olio di lino
C'è poi la "ricetta" estrapolata dal libro, curato da Silvia Bianchi Tosatti, "Il manoscritto veneziano. Un manuale di pittura e altre arti - Miniatura, incisione, vetri, vetrate e ceramiche - Di medicina, farmacopea e alchimia del Quattrocento": una mistura di olio (non meglio precisato) e limatura di piombo fatta decantare per nove giorni. La limatura di piombo, che può destare qualche perplessità, pare serva a mitigare l'acidità dell'olio puro, che potrebbe col tempo danneggiare il metallo. 

venerdì 22 aprile 2016

La Giornata Mondiale della Terra, Laudato si'

I doodle di Google 
22 aprile, Giornata Mondiale della Terra. E Google dedica al pianeta che ci ospita un doodle, o meglio, una serie di doodle: dalla savana africana alle profondità degli oceani, passando per i boschi dei climi temperati e spingendosi fino alle estremità del Polo.

In questa giornata i "grandi della Terra" si sono riuniti nel Palazzo di Vetro dell'Onu per siglare l'accordo sul clima raggiunto lo scorso dicembre a Parigi e tentare di porre un freno ai cambiamenti climatici; tra le voci dei potenti è risuonata già da tempo, forte e chiara, anche quella del pontefice Papa Francesco, che attraverso l'enciclica "Laudato si'" ha espresso preoccupazione e richiamato l'attenzione di tutti gli esseri umani, cristiani e no, sull'importanza che la Terra ha per ciascuno di noi.
Anche citando il suo predecessore Papa Benedetto XVI, che già era intervenuto asserendo che "il libro della natura è uno e indivisibile", e include l'ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, Papa Francesco ricorda poi come la Terra ci è data in prestito: "Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data. Ciò consente di rispondere a un'accusa lanciata contro il pensiero ebraico-cristiano: è stato detto che, a partire dal racconto della Genesi che invitava a soggiogare la terra (cfr Gen 1,28), verrebbe favorito lo sfruttamento selvaggio della terra presentando un'immagine dell'essere umano come dominatore e distruttore.
Questa non è una corretta interpretazione della Bibbia come la intende la Chiesa. Anche se è vero che qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature. E' importante leggere i testi biblici nel loro contesto, con una giusta ermeneutica, e ricordare che essi ci invitano a "coltivare e custodire" il giardino del mondo (cfr Gen 2,15). Mentre "coltivare" significa arare o lavorare un terreno, "custodire" vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura". E, prosegue il pontefice, "Perciò Dio nega ogni pretesa di proprietà assoluta: Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti" (Lv 25,23).

Ospiti e custodi, dunque, non padroni. E, se anche fossimo padroni, quale proprietario sarebbe tanto scriteriato da voler rovinare, distruggere, annientare ciò che l'ha preceduto e che gli sopravviverà, privandone i proprie eredi? 
La speranza è che i 171 rappresentanti di altrettanti Paesi del mondo riunitisi oggi a New York intendano davvero guidare i diversi Stati sulla via di uno stile di vita più sostenibile ed umano. Per tutti.

Titolo: Laudato si' - Enciclica sulla cura della casa comune
Autore: Papa Francesco
Editore: San Paolo
Anno di edizione: 2015

Per approfondire:
- La "mia" Giornata della Terra
- Giornata Mondiale della Terra, le foto dallo spazio
- La Giornata Mondiale della Terra su Famiglia Cristiana

giovedì 21 aprile 2016

La dea della guerra

Boudica, regina degli Iceni, ospitava in sé lo spirito del Morrigan, la "grande regina" che nutre i suoi fedeli corvi con i corpi dei morti in battaglia. Questo le consentì di tramutare la rabbia in vittoria, la furia in trionfo; questo fece sì che le diverse tribù di Celti si unissero sotto la sua guida per affrontare e sconfiggere le legioni romane giunte in Inghilterra. 

"La dea della guerra" è un libro fantasy ma, a differenza di molti altri, miscela immaginario e storia, mito e realtà. Reale e comprovata storicamente è l'esistenza della regina Buodica - conosciuta anche come Budicca o Boadicea - ed altrettanto veritieri sono il suo matrimonio con il re degli Iceni Prasutagos, le vittoriose battaglie sostenute dai Britanni attorno al 60 d. C. contro le città romane di Camolodonum, Colonia VictricensisVerulamium, oltre che molti altri personaggi - per lo più re di tribù celte e Romani - come Caratac, Corio, Venutios, Tiberio Claudio Nerone Druso Germanico, Catus Decianus, Gallus, Seneca...

Dove sta allora il fantasy? Sta nei druidi, nella loro capacità di evocare e comprendere gli dei fino ad esserne posseduti, nelle magie che gli abitanti della mitica Lys Deru sull'isola di Mona riescono a compiere per tentare di avanzare l'avanzata delle aquile imperiali, nei canti e nei riti misterici ormai persi in un passato di cui non restano tracce se non nella tradizione orale e nelle leggende. 

Un bel libro che, a parer mio, ha meritato di divenire un best seller a livello mondiale perché, ritengo, miscelare sapientemente storia e fantasia è tutt'altro che impresa facile; un'impresa che comporta il doversi documentare approfonditamente, da un lato, così da non incorrere in grossolani strafalcioni e, d'altro canto, il lasciar libero spazio all'inventiva personale. Il tutto in modo tale da avvincere il lettore. 

Titolo: La dea della guerra (Ravens of Avalon)
Autore: Marion Zimmer Bradley - con Diana L. Paxson
Editore: Tea
Anno di edizione: 2007

mercoledì 20 aprile 2016

La prima scuola 100% sostenibile dell'America Latina

Le lezioni nella scuola di Jaureguiberry, in Uruguay, sono iniziate. Niente di strano, se non fosse che questa scuola non esisteva neppure fino a febbraio di quest'anno e che è stata realizzata grazie all'intervento di Earthship Biotecture, sotto la guida dell'architetto Michael Reynolds.
Costruito utilizzando, come da "tradizione" di Reynolds, materiali naturali disponibili in loco (40%) ed oggetti di scarto come pneumatici, bottiglie di vetro, lattine e cartone (60%), questo edificio è divenuto la prima scuola 100% ecosostenibile dell'America Latina, anche grazie all'impiego di pannelli fotovoltaici e del consolidato sistema di raccolta e depurazione dell'acqua piovana.

Ad affiancare l'elevato valore sociale del rispetto ambientale, troviamo qui la profonda valenza educativa: in quest'area rurale, infatti, vivono circa 500 persone e sono molti i bambini in età scolare che ora avranno modo di frequentare quotidianamente le lezioni. 
Durante la costruzione, i piccoli allievi hanno avuto l'occasione di vivere un contatto diretto con la natura e l'ambiente circostante e saggiare in prima persona come sia possibile ottenere grandi risultati attraverso l'innovazione sostenibile: chi aiutando a portare le lattine (ne sono state utilizzate 8000) o le bottiglie di plastica, chi pressando la sabbia all'interno dei copertoni, chi occupandosi delle piante nella piccola serra o contribuendo a dipingere le pareti, tutti i ragazzi sono stati coinvolti in prima persona nella realizzazione di quest'opera alla quale ha collaborato anche l'italiano Francesco Fassina, membro dell'equipe dell'istruzione di Tagma Ong e volontario nella costruzione della scuola.
L'edificazione, infatti, è stata affiancata a lezioni di architettura - ovviamente rivolte agli adulti, provenienti da 25 diversi Paesi del mondo - in lingua inglese e spagnola: il gruppo che frequentava il corso in spagnolo seguiva la lezione mentre l'altro gruppo lavorava alla costruzione e poi ci si dava il cambio, così da non fermare mai né il lavoro accademico né quello pratico, con un'ottimizzazione anche dei tempi. Tanto che, avviata la costruzione soltanto il 1 febbraio 2016, oggi la scuola è già perfettamente agibile ed utilizzata per le lezioni.

Il prossimo progetto di Mike Reynolds e di Earthship Biotecture? Realizzare, in collaborazione con Biotecture Planet Earth, una casa per una famiglia residente nelle Six Nations, in Canada, che si trova in grandi difficoltà. Per maggiori informazioni (e per le sempre gradite donazioni) potete cliccare qui.

Mike Reynolds al lavoro nel cantiere in Uruguay

Michael Reynolds nel corso di un'intervista

martedì 19 aprile 2016

FEFF18, il cinema dell'Estremo Oriente a Udine

Il Far East Film Festival compie 18 anni e la maggior manifestazione cinematografica italiana dedicata al cinema orientale fa proprio le cose in grande: 72 film nella sezione ufficiale, 50 dei quali in concorso, 10 aree asiatiche coinvolte, oltre 100 eventi disseminati nel centro di Udine e naturalmente grandi ospiti e colossali anticipazioni.
Proprio al FEFF, infatti, verrà proiettato in anteprima internazionale Ip Man 3, terzo capitolo della saga sul Maestro che dedicò la propria vita alla diffusione del Wing Chun, interpretato da Donnie Yen, che questa volta dovrà affrontare l'imprenditore americano Frank, portato sullo schermo dal mito del pugilato Mike Tyson, un losco uomo d'affari collegato alle triadi cinesi ed ai combattimenti clandestini. In questo capitolo vedremo anche accrescersi l'importanza del giovane Bruce Lee, interpretato da Danny Chan, nel suo rapporto con il Maestro Ip e nella pratica del Wing Chun. 

Molti altri, però, come detto, i film in gara e ce n'è davvero per tutti i gusti: dal dramma della gioventù perduta giapponese "Flying colours" di Doi Nobuhiro, al cinese "The Master" di Xu Haofeng, interamente dedicato alle arti marziali, entrambi in prima visione europea, così come pure l'horror tutto al femminile in corsa per la Corea "The Silenced" di Lee Hae-young o la commedia romantica made in Taiwan "Our Times" di Frankie Chen, tanto per citarne alcuni. 
Cinque le anteprime assolute mondiali: "Destiny" (di Zhang Wei, Cina, 2016), "Hime-Anole" (di Yoshida Keisuke, Giappone, 2016), "The Kodai Family" (di Hijikata Masato, Giappone, 2016), "Maniac Hero" (di Toyoshima Keisuke, Giappone, 2016) ed il classico restaurato "Fist of Fury" (da noi conosciuto come "Dalla Cina con furore" di Lo Wei, con Bruce Lee, Hong Kong, 1972). 
Impossibile poi non citare le diverse opere che, fuori concorso, contribuiranno ad animare questo Festival dal 22 al 30 aprile: dai documentari ai classici del cinema orientale restaurati, passando per le visioni di "Beyond Godzilla".

Sul palco a ricevere il Gelso d'Oro alla carriera ci sarà il leggendario Sammo Hung, attore, regista e coreografo d'azione di Hong Kong entrato nel mondo della celluloide a soli 11 anni e divenutone un'autentica icona, conosciutissimo e molto amato in tutto il mondo anche grazie a collaborazioni con colleghi quali Bruce Lee, Jet Li, Andy Lau e Chuck Norris. 

lunedì 18 aprile 2016

Il caso Thomas Crawford, un delitto (quasi) perfetto

Probabilmente Anthony Hopkins passerà alla storia nel ricordo dei più per aver interpretato il ruolo di Hannibal Lecter ne "Il silenzio degli innocenti", lo psichiatra assassino valsogli l'Oscar come miglior attore nel 1992, ma c'è ben altro nella sua carriera, a cominciare dai lavori teatrali fino a quest'opera magistrale nata dal geniale soggetto di Daniel Pyne ed approdata sugli schermi nel 2007. 

Thomas Crawford (Antony Hopkins) è un ingegnere aeronautico; scoperta la relazione extraconiugale della moglie Jennifer con il poliziotto Robert "Bob" Nunally (Billy Burke), orchestra un piano per uccidere la fedifraga e farla franca. In fondo, lui è un genio: uno che si diletta a costruire intricati binari sui quali rotolano biglie trasparenti, sospinte soltanto dalle leggi della fisica. Uno in grado di realizzare il delitto perfetto.
Tratto in arresto nella propria abitazione niente meno che dall'amante della moglie, Crawford pare spacciato sin dall'inizio: una confessione firmata, l'arma del delitto trovata in suo possesso, il corpo della giovane Jennifer, ancora viva ma in coma irreversibile, in una pozza di sangue sul pavimento. Come se tutto questo non bastasse, liquida ben presto l'avvocato difensore messogli a disposizione d'ufficio e, privo di ogni nozione legale, dichiara di volersi difendere da solo.
Un caso chiuso prima ancora di cominciare, pensa il giovane e rampantissimo avvocato della procura Willy Beachum (Ryan Gosling), "con un piede già fuori dalla porta" e pronto a spiccare il volo verso il più rinomato studio legale della città, forte del suo 97% di cause vinte. Ma, come detto, Crawford è un genio. O, almeno, un gran volpone. E la vicenda si complicherà maledettamente.

Un legal thriller fenomenale, con un Antony Hopkins in gran forma che non smentisce le sue eccezionali doti interpretative ed un giovane Ryan Gosling che non fatica a tenere il passo, perfettamente a suo agio nel ruolo e credibilissimo. Regia e fotografia di prim'ordine, con scene godibilissime sebbene girate prevalentemente in ambienti chiusi ed atmosfere notturne.
Altamente raccomandata la visione. 

venerdì 15 aprile 2016

Stage di T'Ienshu a Saronno

Ed ecco che scatta ufficialmente il conto alla rovescia! Tra una settimana esatta, a cominciare dal prossimo venerdì, la Scuola Wo Chen di Saronno sarà sede degli Stage nazionali di T'Ienshu diretti dal Maestro Caposcuola della disciplina. 
Come sempre, variegato ed estremamente interessante il programma, che includerà incontri di approfondimento teorico, stage di avanzamento tecnico, Level Master... 
Inutile dire che saranno tre giorni intensi e molto impegnativi, ma immagino che sia ovvio per tutti che non vedo l'ora di prendervi parte!
Per informazioni ed adesioni agli Stage, contattare il Maestro Gemma.

giovedì 14 aprile 2016

Cappuccetto Rosso e il lupo zen

Ci sono (almeno) tre versioni della storia di Cappuccetto Rosso: la più antica che è giunta fino a noi è quella scritta da Charles Perrault ed inserita in una raccolta di fiabe del 1697. Poi c'è quella dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, che raccolsero ed elaborarono diversi racconti della tradizione popolare fino ad arrivare alla stesura di quella fiaba inserita nella raccolta "Kinder und Hausmärchen" del 1812.
Infine, la traduzione in italiano, fatta da Carlo Collodi, il "papà" di Pinocchio, che riprende la fiaba di Perrault e che venne pubblicata nella raccolta "I racconti delle fate. Voltati in italiano" del 1875.
Come asserisce giustamente Massimiliano Frezzato nella prefazione di questo libro, però, "le versioni sono milioni, una per ogni mamma", ed in effetti è proprio così, perché ogni mamma, ogni nonna, ogni zia e persino ogni babysitter può aggiungere qualcosa, cambiare un po' il racconto, deviare - proprio come fa Cappuccetto Rosso - da quello che è il sentiero della fiaba originale per aggiungere fiorellini o particolari divertenti. 

Questo è il libro di un artista e... beh, l'arte va braccetto con follia! Quella follia che fa sì che si rimanga sempre un po' ragazzini, quella che fa immaginare nonne molto amanti del buon vino e lupi zen.
Un libro bellissimo, con illustrazioni davvero meravigliose e con una storia interattiva (i lettori possono infatti scegliere se attenersi alla versione classica del racconto o se... deviare lungo il sentiero). 
Ovviamente acquistato alla Libreria Pagina 18, perché le piccole librerie indipendenti sanno scovare quelle meraviglie che sfuggono ai "supermercati di parole" dei colossi editoriali. 

Titolo: Cappuccetto Rosso
Autore: Massimiliano Frezzato
Editore: Lavieri
Anno di edizione: 2014

mercoledì 13 aprile 2016

Viva la vita!


Oggi, semplicemente, così. 
Musica, colore e gioia. 
Viva la vita!


martedì 12 aprile 2016

Referendum del 17 aprile

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Stai zitta. Fatti gli affaracci tuoi e, per una volta, tieni la bocca chiusa. O, almeno, tieni lontane le dita dalla tastiera... Non avete idea di quante volte questi consigli si siano affacciati alla mia mente, in questi giorni. Ma, alla fine, evidentemente, non sono molto brava a seguire i consigli che mi do da sola. Perché eccomi qui, le dita sulla tastiera, a non farmi gli affaracci miei e a scrivere circa il referendum del 17 aprile. 

Non intendo dare indicazioni di voto; ciò che voglio fare è invitare tutti ad andare a votare. Tutti. Tutti coloro che possono, che hanno l'età ed i requisiti per poterlo fare.
Ma, prima, un altro invito, probabilmente più difficile da accogliere: informatevi bene, circa questo referendum, e poi, quando avrete le idee chiare, andate ad esprimere la vostra opinione in merito.
La scelta, in fondo, è semplice: non ci sono decine di simboli e nomi, sulla scheda, ma soltanto un "sì" e un "no". Il "trucco", se così si può chiamare, è che non votare equivale a votare "no", perché se non si raggiunge il quorum il referendum viene annullato e le cose restano così come sono, mentre è soltanto con il raggiungimento del quorum (ovvero solo se il 50% + 1 degli aventi diritto al voto va a votare) che si procede allo spoglio delle schede ed inizia la vera battaglia tra i sostenitori del "sì" e quelli del "no", tra quanti vogliono che le cose cambino e coloro che invece vogliono mantenerle così come sono.

Per iniziare ad informarvi potete, se volete, partire da qui (è un sito tecnico, non politico, che analizza le ragioni del "sì" e quelle del "no") e poi estendere la ricerca a piacere.
La domanda che potreste farmi è: "Ma se votando no le cose rimangono come sono e se io desidero che restino come sono, perché dovrei andare a votare, dal momento che lo stesso risultato lo otterrei restando a casa?". Perché il risultato non sarebbe lo stesso.
E' sottile, cercate di seguirmi bene. Sia che ci sia astenga, sia che si voti "no", si vuole mantenere le cose come stanno, ma è diverso il coinvolgimento. Votare "no" equivale ad una presa di posizione: io, cittadino, voglio far sentire la mia voce, voglio che il mio parere conti qualcosa nel Paese in cui vivo.
Astenersi equivale ad un'alzata di spalle accompagnata da un "Non me ne frega niente".

Ciò che ci viene offerto, con il referendum, è la possibilità di smetterla di essere indignati da bar o da tastiera, criticoni del sistema da dietro un bicchiere di vino o dalla tastiera del computer e di far sentire la nostra voce, forte e chiara, a chi ci governa. Chi si lamenta sempre per come vanno le cose in Italia dovrebbe essere fuori dai seggi prima ancora che aprano, quando gli viene offerta la possibilità di far sapere come la pensa. E se non lo faccio, se non vado a votare, allora è bene che stia zitto pure al bar o al computer. Perché se sono il primo a tirarmi indietro quando va presa una decisione, allora poi non ho il diritto di criticarla. 

lunedì 11 aprile 2016

Contact, la fantascienza tra scienza e fede

Rimasta orfana della madre, morta poco dopo averla data alla luce, Ellie Arroway (Jodie Foster) cresce soltanto con il papà, che l'adora e la introduce al mondo dei radioamatori. Nella sua mente di bambina, quelle invisibili onde che trasmettono messaggi a distanze impensabili possono forse raggiungere la mamma, ovunque si trovi.
Quando anche il padre muore, la piccola perde la fede in Dio e si getta a capofitto negli studi, mostrando ben presto di avere eccezionale predisposizione per la scienza, tanto da diplomarsi con un paio d'anni d'anticipo rispetto ai suoi coetanei. 
Cresciuta e divenuta astronoma, si dedica allo studio delle onde radio ed al loro impiego nella ricerca di forme di vita extraterrestri insieme ad un gruppo di scienziati, impiegati come lei nell'ambito del progetto SETI.

Un giorno, mentre si trova in Porto Rico col suo gruppo di studio, incontra lo scrittore ed antropologo Joss Palmer (Mattew McConaughey), fervente cristiano, e, sebbene sia da subito evidente che tra due vi sia attrazione, altrettanto evidenti sono le loro diverse posizioni in materia di fede e scienza. Ellie rifugge tutto quanto non possa essere comprovato razionalmente, misurato, dimostrato scientificamente; Joss, al contrario, ritiene che non tutto sia dimostrabile e racchiudibile nella limitatezza dell'esperienza umana e, provocatoriamente, la sfida a fornire una prova scientifica che lei volesse bene a suo padre.
Pur partendo da posizioni in antitesi, entrambi sono rispettosi dell'altrui punto di vista ed entrambi cercano la verità. Finendo fatalmente con l'innamorarsi.

Un giorno, continuando a scandagliare le profondità dello spazio con i radiotelescopi, Ellie capta un segnale e, tornata in fretta e furia al laboratorio, insieme ad i suoi colleghi ha la certezza che qualcuno stia trasmettendo un segnale in prossimità della stella Vega. E' una scoperta sensazionale che porta però con sé importanti quesiti etici, morali, scientifici e religiosi.

Dopo il primo contatto, studiando approfonditamente il messaggio inviato da Vega, appare chiaro che gli extraterrestri hanno inviato il "manuale d'istruzione" affinché gli esseri umani realizzino una macchina per il trasporto interstellare e... beh, mica dovrò dirvi tutto?! Se avete modo, guardate il film: credo ne valga la pena.

Recentemente ritrasmesso in tv, questo è uno dei film di fantascienza che preferisco. Perché c'è di tutto, dalla ricerca scientifica alla fede, dal ruolo delle donne nel mondo del lavoro all'amore e molto altro ancora, ma in modo sensato e magistralmente orchestrato, non come in certi minestroni galattici sostanzialmente senza capo né coda.

sabato 9 aprile 2016

Droga a scuola, evviva lo spacciatore!

Questa me l'ero persa. 
Stamattina, guardando "Uno Mattina in famiglia", ho avuto modo di ascoltare una notizia tanto assurda che sulle prime ho creduto di non essermi ancora completamente svegliata: qualche tempo fa i carabinieri hanno perquisito il liceo Virgilio di Roma ed arrestato uno studente spacciatore (peraltro recidivo); la reazione dei ragazzi - e di alcuni genitori - è stata quella di difendere il pusher, accusando la preside e le forze dell'ordine di aver calpestato i diritti degli allievi.

Appena terminata la colazione mi sono messa al computer ed ho cercato notizie in merito, nella speranza di aver davvero capito male l'intera vicenda e quanto detto dagli ospiti intervenuti in tv, ma no, ero già sveglia e lucida ed avevo compreso tutto esattamente.

Allora, cari genitori, vediamo di capirci: perché mandate i vostri figli a scuola? 
Pensateci pure con calma prima di rispondere, prendetevi qualche minuto di riflessione.
Poi, se la vostra risposta è simile a "mando mio figlio a scuola perché abbia un'educazione", allora sappiate che "educazione" non significa soltanto imparare a tradurre passi del De Bello Gallico o le favole di Esopo ma che, anzi, questa della cultura è soltanto la punta dell'iceberg educativo. 
La scuola è il primo organismo educativo che il bambino incontra uscendo dalla famiglia. Se fin da piccolissimo il bambino impara a comprendere il significato di e no, di concesso e proibito, grazie a quanto detto e fatto dai genitori, crescendo un po' ed entrando a scuola - materna o elementare che sia - il piccolo consolida l'apprendimento di questi concetti e ve ne affianca altri: posso giocare e correre a ricreazione, non posso salire in piedi sul banco, posso fare domande alla maestra, non posso tirare un pugno al compagno che mi sta antipatico...

L'educazione alla legalità è parte integrante del processo educativo, se davvero vogliamo che la scuola prepari i nostri figli a diventare i cittadini di domani e non degli animali che agiscono guidati dal semplice istinto, ed è giusto e sacrosanto che il rispetto della legge venga insegnato già sui banchi di scuola. Non soltanto attraverso "lezioni" ed amichevoli chiacchierate con gli insegnanti, ma anche se non soprattutto con l'esempio. Se spacciare è reato, è reato al night club, nel vicolo buio e malfamato e pure nel giardino interno del "liceo bene" della capitale. E se vi è un reato non è soltanto giusto, ma è doveroso che le forze dell'ordine intervengano per porvi fine.
Spiace per i figli di professionisti dai cognomi noti e dai conti bancari importanti che magari finiranno con la fedina penale sporca, sia però ben chiaro che questo epilogo non è causato né dalle forze dell'ordine né da presunti "presidi sceriffi", ma soltanto dal comportamento delinquenziale dei ragazzi stessi. Comportamento originato, forse, dalla latitanza educativa e dall'eccessivo permessivismo dei propri genitori. 

giovedì 7 aprile 2016

Black Sails, i pirati assaltano la tv

Un tesoro colossale, un galeone spagnolo ricolmo d'oro, solca le acque dell'oceano. E Flint, capitano pirata dall'oscuro passato, pare pronto a tutto pur di impossessarsene. Persino a sacrificare il proprio equipaggio. A differenza di molti altri uomini che vivono di mare, però, il suo desiderio è ben più ambizioso che non il semplice dilapidare una fortuna in bevute e bordelli.
All'inizio del 1700 il mondo sta cambiando, le colonie britanniche e spagnole sono al centro di floridi mercati e di sanguinarie lotte di potere e, tra mare e terra, si incrociano e si scontrano le esistenze di pirati, commercianti, prostitute, truffatori, nobili e contadini.

L'ex colonia inglese di Nassau, sull'isola di New Providence, è da qualche tempo in mano ai pirati, che ne hanno fatto il loro rifugio e la base dei loro traffici, con la connivenza del nobile Richard Guthrie e della figlia Eleanor, prontamente riciclatisi nelle vesti di ricettatori e divenuti, grazie alla loro influenza, i padroni della città, capaci di dettar legge persino ai più spietati fuorilegge degli oceani. 

La prima stagione della serie, andata in onda nel 2014 su AXN e trasmessa in chiaro da Rai 4 da fine novembre 2015, ruota intorno alla ricerca del tesoro della Urca de Lima.
La seconda stagione vede delinearsi maggiormente i caratteri dei personaggi principali; si svela il passato che sta alle spalle di scelte che hanno portato a radicali cambiamenti di vita, ad abbracciare la pirateria o ad unirsi ad un uomo; offre inaspettate "risurrezioni" e morti altrettanto inattese, nonché alleanze forzate tra acerrimi nemici.
La terza stagione... non ve lo dico. In Italia deve ancora essere trasmessa in chiaro e non voglio guastarvi la sorpresa. Vi dico solo che questa serie è strepitosa.

Navi a confronto. Click sull'immagine per ingrandire (click to enlarge)
La fotografia, certo aiutata dalla magnificenza dei luoghi in cui la serie è realizzata, è a dir poco spettacolare e la magistrale ricostruzione delle navi, unitamente ad un geniale utilizzo degli effetti speciali, porta lo spettatore al centro della vicenda, rievocando non di rado atmosfere degne di Backhuysen.
Se la storia dell'arte non è il vostro forte, probabilmente nomi come John Silver, Anne Bonny o Charles Vane evocheranno qualcosa nella vostra memoria. John Silver, conosciuto anche con il nome di Long John Silver, è un personaggio del celeberrimo romanzo di Robert Louis Stevenson "L'Isola del tesoro", così come pure Billy Bones (che ho il sospetto che nella serie sia un filino diverso da come l'aveva immaginato e descritto Stevenson) e vi viene menzionato il capitano Flint; Anne Bonny e Charles Vane, invece, sono pirati storicamente esistiti, i cui nomi e le cui vicende sono rintracciabili nei libri di storia ed ovviamente nella "Storia generale dei pirati" scritta dal Capitano Charles Johnson (il quale tuttavia alterna fatti storicamente verificabili a racconti di pura invenzione). Tutto questo concorre a far sì che lo spettatore abbia la sensazione di "conoscere già" la storia o alcuni dei personaggi, tenendolo avvinto a quello che, in realtà, è un racconto di fantasia completamente nuovo. Peraltro molto coinvolgente.

Anne Bonny (Clara Paget) con le sue inseparabili lame
Dal punto di vista delle arti marziali* non c'è moltissimo da dire: i pochi scontri corpo a corpo, per lo più a mani nude, prevedono scazzottate prive di ogni regola e degne delle più infime bettole, in perfetto accordo con ciò che avrebbero fatto uomini senza legge; quelli con spade o pugnali, invece, si risolvono nel volgere di brevi istanti e spesso nel caos di un arrembaggio. L'unica che pare divertirsi parecchio con le armi bianche è proprio Anne Bonny, interpretata dalla bionda attrice britannica Clara Paget (la quale sfoggia una chioma fiammeggiante nella serie), che risulta spesso letale sia con la spada che con il suo inseparabile pugnale, applicando tecniche realistiche ed apprezzabili. Anche Vane, in un duello a bordo di una nave, dà prova di essere un temibile spadaccino (peraltro, proprio come il vero pirata Charles Vane, anche lui è mancino), ciò non di meno il suo forte restano i pugni.

Ma... possibile che questa serie non abbia neppure un difetto? Certo che ce l'ha: il sesso. Ora: è fuori di dubbio che i pirati facessero sesso - come ogni essere umano in età fertile, d'altro canto - ed è acclarato che dopo mesi di navigazione i marinai, sia che agissero nel rispetto della legge sia che fossero dediti alla pirateria, avessero... delle esigenze, che le compiacenti signorine dei bordelli erano ben liete di placare dietro congruo compenso. Però questa inconfutabile realtà storica e biochimica non rende indispensabile mostrare scene di sesso tanto esplicite in "Black Sails", laddove si potrebbe benissimo lasciar spazio all'immaginazione degli spettatori. Soprattutto perché gli attori sembrano dotati dal punto di vista interpretativo e non avrebbero difficoltà a far immaginare il prosieguo di determinate situazioni anche senza dover ricorrere all'immagine esplicita.
Il mancino Capitano Charles Vane (Zach McGowan)
La sensazione è che, se un tempo in fatto di sesso si diceva "chi più ne parla, meno ne fa", ora negli Stati Uniti valga il "chi più lo mostra, meno ne fa" e, a giudicare dalle serie tv prodotte, pare che gli americani siano un popolo di tristi repressi, incapaci di portare il piacere nelle proprie vite e pertanto all'inseguimento di un sesso godereccio e liberatorio almeno sullo schermo.
Un peccato. Che, tuttavia, non scalfisce gli innegabili pregi della serie.

Qui trovate la mia recensione di un'altra serie: Person of Interest.

* Ricordate: in ambito di film e serie tv parlo di arti marziali intendendole nel loro significato di arte del combattimento, l'ars pugnandi di romana memoria, e non di discipline marziali specifiche e codificate.

mercoledì 6 aprile 2016

Nulla accade per caso. Mai arrendersi

Ciascuno di noi deve affrontare delle prove, nel corso della propria vita. Siamo tutti combattenti, anche se forse spesso nemmeno ce ne rendiamo conto; combattiamo per superare una perdita o una malattia, combattiamo per ottenere ciò che veramente ci sta a cuore, combattiamo per realizzare i nostri sogni o anche solo per dimostrare a noi stessi quanto valiamo. Perché, come hanno avuto modo di teorizzare nei secoli grandi filosofi e grandi uomini, il vero nemico, quello più difficile da sconfiggere, è dentro di noi. 
Acquattato tra le nostre paure, scivola subdolo nel buio dell'incertezza prima di sferrare il suo attacco. 

La vita è fatta di sfide. Che non sono disgrazie che ci piovono addosso, ma opportunità per crescere, affrontandole ed uscendone più forti di prima. 

Ci sono persone che, vuoi per la propria storia personale, vuoi per l'appartenenza ad una determinata società antropologica, vivono queste sfide nella loro quotidianità. 
Persone che suscitano meraviglia e stupore in chi ha modo di vederle all'opera. Perché ci ricordano, magari inconsciamente e solo per un fuggevole istante, che quella forza è parte di ogni essere umano, è anche dentro di noi. 
Persone come Tomoko che, nata in Giappone e trasferitasi da diversi decenni nel nostro Paese, ha deciso di partecipare alla popolare trasmissione televisiva "Italia's got talent". Come lei stessa ha avuto modo di dire nel corso dell'intervista introduttiva, non ha più l'età per potersi esibire come cantante d'opera e di conseguenza... guardate un po' cosa ha fatto.