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Stai zitta. Fatti gli affaracci tuoi e, per una volta, tieni la bocca chiusa. O, almeno, tieni lontane le dita dalla tastiera... Non avete idea di quante volte questi consigli si siano affacciati alla mia mente, in questi giorni. Ma, alla fine, evidentemente, non sono molto brava a seguire i consigli che mi do da sola. Perché eccomi qui, le dita sulla tastiera, a non farmi gli affaracci miei e a scrivere circa il referendum del 17 aprile.
Non intendo dare indicazioni di voto; ciò che voglio fare è invitare tutti ad andare a votare. Tutti. Tutti coloro che possono, che hanno l'età ed i requisiti per poterlo fare.
Ma, prima, un altro invito, probabilmente più difficile da accogliere: informatevi bene, circa questo referendum, e poi, quando avrete le idee chiare, andate ad esprimere la vostra opinione in merito.
La scelta, in fondo, è semplice: non ci sono decine di simboli e nomi, sulla scheda, ma soltanto un "sì" e un "no". Il "trucco", se così si può chiamare, è che non votare equivale a votare "no", perché se non si raggiunge il quorum il referendum viene annullato e le cose restano così come sono, mentre è soltanto con il raggiungimento del quorum (ovvero solo se il 50% + 1 degli aventi diritto al voto va a votare) che si procede allo spoglio delle schede ed inizia la vera battaglia tra i sostenitori del "sì" e quelli del "no", tra quanti vogliono che le cose cambino e coloro che invece vogliono mantenerle così come sono.
Per iniziare ad informarvi potete, se volete, partire da qui (è un sito tecnico, non politico, che analizza le ragioni del "sì" e quelle del "no") e poi estendere la ricerca a piacere.
La domanda che potreste farmi è: "Ma se votando no le cose rimangono come sono e se io desidero che restino come sono, perché dovrei andare a votare, dal momento che lo stesso risultato lo otterrei restando a casa?". Perché il risultato non sarebbe lo stesso.
E' sottile, cercate di seguirmi bene. Sia che ci sia astenga, sia che si voti "no", si vuole mantenere le cose come stanno, ma è diverso il coinvolgimento. Votare "no" equivale ad una presa di posizione: io, cittadino, voglio far sentire la mia voce, voglio che il mio parere conti qualcosa nel Paese in cui vivo.
Astenersi equivale ad un'alzata di spalle accompagnata da un "Non me ne frega niente".
Ciò che ci viene offerto, con il referendum, è la possibilità di smetterla di essere indignati da bar o da tastiera, criticoni del sistema da dietro un bicchiere di vino o dalla tastiera del computer e di far sentire la nostra voce, forte e chiara, a chi ci governa. Chi si lamenta sempre per come vanno le cose in Italia dovrebbe essere fuori dai seggi prima ancora che aprano, quando gli viene offerta la possibilità di far sapere come la pensa. E se non lo faccio, se non vado a votare, allora è bene che stia zitto pure al bar o al computer. Perché se sono il primo a tirarmi indietro quando va presa una decisione, allora poi non ho il diritto di criticarla.
Ma, prima, un altro invito, probabilmente più difficile da accogliere: informatevi bene, circa questo referendum, e poi, quando avrete le idee chiare, andate ad esprimere la vostra opinione in merito.
La scelta, in fondo, è semplice: non ci sono decine di simboli e nomi, sulla scheda, ma soltanto un "sì" e un "no". Il "trucco", se così si può chiamare, è che non votare equivale a votare "no", perché se non si raggiunge il quorum il referendum viene annullato e le cose restano così come sono, mentre è soltanto con il raggiungimento del quorum (ovvero solo se il 50% + 1 degli aventi diritto al voto va a votare) che si procede allo spoglio delle schede ed inizia la vera battaglia tra i sostenitori del "sì" e quelli del "no", tra quanti vogliono che le cose cambino e coloro che invece vogliono mantenerle così come sono.
Per iniziare ad informarvi potete, se volete, partire da qui (è un sito tecnico, non politico, che analizza le ragioni del "sì" e quelle del "no") e poi estendere la ricerca a piacere.
La domanda che potreste farmi è: "Ma se votando no le cose rimangono come sono e se io desidero che restino come sono, perché dovrei andare a votare, dal momento che lo stesso risultato lo otterrei restando a casa?". Perché il risultato non sarebbe lo stesso.
E' sottile, cercate di seguirmi bene. Sia che ci sia astenga, sia che si voti "no", si vuole mantenere le cose come stanno, ma è diverso il coinvolgimento. Votare "no" equivale ad una presa di posizione: io, cittadino, voglio far sentire la mia voce, voglio che il mio parere conti qualcosa nel Paese in cui vivo.
Astenersi equivale ad un'alzata di spalle accompagnata da un "Non me ne frega niente".
Ciò che ci viene offerto, con il referendum, è la possibilità di smetterla di essere indignati da bar o da tastiera, criticoni del sistema da dietro un bicchiere di vino o dalla tastiera del computer e di far sentire la nostra voce, forte e chiara, a chi ci governa. Chi si lamenta sempre per come vanno le cose in Italia dovrebbe essere fuori dai seggi prima ancora che aprano, quando gli viene offerta la possibilità di far sapere come la pensa. E se non lo faccio, se non vado a votare, allora è bene che stia zitto pure al bar o al computer. Perché se sono il primo a tirarmi indietro quando va presa una decisione, allora poi non ho il diritto di criticarla.
Ecco perchè il mio blog è vuoto, anche io mi dico: "Stai zittO. Fatti gli affaracci tuoi e, per una volta, tieni la bocca chiusa."
RispondiEliminaperò mi ascolto P
Ed è anche il motivo per cui sego le persone su FB... preferisco non fare polemiche inutili tanto la gente non capisce.
Ma pensa un po', al3x ha un blog!
EliminaProprio vero che non si finisce mai d'imparare nella vita... :-D
Circa Fessbuk mi ero espressa in passato ed il mio parere non è cambiato di una virgola.