venerdì 29 gennaio 2016

Thor

Ci fu un tempo in cui esseri provenienti da altri Regni visitavano la Terra. Gli antichi vichinghi li chiamarono dei, creature soprannaturali dai poteri inimmaginabili per i mortali. 

Nel Regno di Asgard il padre degli dei, Odino, è riuscito a stipulare una tregua con i temibili Giganti di Ghiaccio, ma la pace è destinata ad essere di breve durata ed il suo figlio primogenito, Thor, viziato rampollo dedito a scorribande e risse, pare poco incline alla diplomazia, sebbene ormai prossimo a salire al trono. Decisamente più moderato e mite sembra essere il fratello, Loki, ma è ovvio che la fregatura sia dietro l'angolo: fin dai tempi di Omero - e, a ben guardare, persino all'inizio della Bibbia - la Storia è infarcita di uomini e di dei che fanno carognate immonde ai propri fratelli.

Thor viene dunque esiliato sulla Terra e qui ci sono le scene più divertenti del film, perché lui conserva ovviamente la baldanza - spocchiosetta - del "Figlio di Odino, erede al trono di Asgar", ma automobili, teser e sedativi non è che si lascino granché impressionare da questo suo particolare status...
Asgar Masterchef: come lessare un'astrofisica
Sempre nel nostro Regno incontra colei che farà palpitare il suo cuore, la studiosa Jane Foster (Natalie Portman) - che, nel caso non fosse già completamente cotta, lascia del tutto inebetita e con le palpitazioni riservandole un baciamano da amor cortese - e con l'aiuto della quale cercherà di salvare non uno, ma due mondi.

Veniamo ora alle scene d'azione ed analizziamo l'arte marziale*, da guardare tenendo ben presente che si tratta di un fumetto Marvel trasposto sul grande schermo. Sempre.
All'inizio Thor possiede il suo divino martello, di conseguenza ne sfrutta appieno la forza dirompente menando fendenti un po' a casaccio - nulla a che vedere con l'eleganza del Kali né della nostra arte di spada e fioretto occidentale - ma occorre anche tener presente che il Mjöllnir ha la massa di un paio di galassie, non esattamente un aggeggino comodo e maneggevole.
Spintoni? Brutti, ma efficaci
Privato della sua arma, il biondo dio nordico si cimenta in combattimenti puntando molto più sulla prestanza fisica che non sulla tecnica: i pugni sono piuttosto sgraziati ed altrettanto si può dire per i calci, sferrati a piena potenza; in ospedale si libera di medici ed infermieri semplicemente spintonandoli, si scrolla di dosso "uomini preparati militarmente come se fossero le guardie sotto pagate di un supermarket" (cito a braccio) e non disdegna neppure di risolvere la situazione a testate. Degna di nota la scena in cui esce da uno strangolamento sferrando gomitate al fianco dell'avversario; ora: sappiamo bene che da uno strangolamento eseguito ad arte non ci si libera tanto facilmente, ma dobbiamo tener presenti la pioggia ed il fango, che probabilmente non consentivano una presa ottimale all'aggressore, oltre naturalmente al fatto che... che diamine, è Thor!
Che dire dunque dell'utilizzo delle arti marziali in questo film? Riassumendo: nulla di artistico, ma certo molto di marziale. Una marzialità da rissa nei bar più malfamati, se vogliamo, ma non per questo inefficace.

Il film è decisamente piacevole, molto "fumettistico": con scene divertenti, battute e, ovviamente, effetti speciali a profusione.
Il "barbone ubriaco" Thor è interpretato da Chris Hemsworth, eletto uomo più sexy del mondo nel 2014, e c'è chi giura che questo da solo sarebbe un buon motivo per guardare il video, ma io mi sono imbattuta in questa notizia cercando le sue misure: con un metro e 90 di altezza per 95 Kg di peso avrebbe potuto certamente girare scene di lotta ben più artistiche (Steven Seagal dei tempi d'oro di "Nico" era un metro e 95 per 100 Kg di peso, eppure il suo Aikido era magistrale), tuttavia la scelta di portare sullo schermo combattimenti sgraziati e dalla fisicità prepotente è ottima per il personaggio. Nell'immaginario collettivo, infatti, i vichinghi, i celti ed i popoli nordici in genere sono ritenuti combattenti di grande forza ed impeto, contrapposti ai più piccoli e militarmente organizzati Romani; il Thor diretto da Kenneth Branagh non ha voluto contraddire il De Bello Gallico. E ha fatto bene.

* Ricordate: in ambito di film e serie tv parlo di arti marziali intendendole nel loro significato di arte del combattimento, l'ars pugnandi di romana memoria, e non di discipline marziali specifiche e codificate.

giovedì 28 gennaio 2016

Jessica Jones... Déjà vu

Jessica Jones solleva con una sola mano il "cattivo"
Sollecitata - e solleticata all'idea - da @SerieSeria su Twitter, ho dato un'occhiata a Jessica Jones, serie recentemente approdata su Netflix e tratta da fumetti Marvel.
Il mio compito, se così si può chiamare, era quello di valutare i combattimenti che vedevano come protagonista la super investigatrice privata dall'oscuro e tormentato passato, ma, com'è prevedibile, le scene di combattimento vanno inquadrate in un contesto più ampio. 

Jessica fa balzi fenomenali, sfonda le pareti a mani nude, ferma le auto trattenendole per i parafanghi... tutto normale per un super eroe Marvel, certo, ma anche tutto già visto. Se avete superato i trent'anni e se condividete il mio interesse per film d'azione ed arti marziali ricorderete certamente "Dark Angel", serie tv made in USA con protagonista Jessica Alba nei panni della mutante Max Guevara. Creata in laboratorio - insieme a molti altri - nel tentativo di ottenere il soldato perfetto, Max faceva balzi fenomenali, sfondava le pareti a mani nude, fermava le auto trattenendole per i parafanghi. Il tutto con una buona quindicina di anni d'anticipo su Jessica Jones.

Max Guevara solleva con una sola
mano il cattivo. Déjà vu...
Jessica, più ancora di Max, accentua i traumi subiti in passato con un comportamento estremo a base di sesso, droga e... no, niente rock'n'roll, lei preferisce ubriacarsi. 
Storia che non brilla per originalità (a cominciare dai genitori morti in un incidente stradale, vedi Iron Man; proseguendo poi con il contatto con sostanze tossiche e/o radioattive, vedi Hulk, Uomo Ragno e Fantastici Quattro), corredata da scene d'azione ovviamente eccessive che, però, sanno immancabilmente di "già visto" (sebbene, questa volta, fuori da casa Marvel: sia in Dark Angel, sia in Hancock, senza contare che quest'ultimo è un supereroe parecchio affezionato alla bottiglia e dedito ad alzare il gomito, proprio come la Jones). 
Con toni cupi e noir alla Sin City, ma senza ricalcarne la genialità, neppure nella meno pregevole versione cinematografica.
Se proprio vogliamo trovarci un lato positivo, possiamo dire che per la prima volta nella sua storia un colosso del calibro della Marvel mette a fuoco una tematica scottante come la violenza sessuale - e psicologica! - sulle donne. Ma, a parte questo, la trama non offre guizzi particolari.

E quando la trama è moscetta, che si fa? Si piazzano un paio di dettagli piccanti, un po' di sesso qua e là, tanto per tener svegli gli spettatori. Ecco: diciamo che basterebbe vedere quanto sesso fa la tormentata Jessica nelle prime puntate per capire che, grazie, ma non è questo il genere d'azione cui speravo di assistere. 
Certo, nessuna difficoltà ad ammettere che Krysten Ritter, che interpreta JJ, è oggettivamente un bel pezzo di figliola e con la sua recitazione riesce a dare il giusto spessore al personaggio, psicologicamente impegnativo (ma, anche qui, non che Jessica Alba fosse da meno, sia come interprete che come bella figliola).

Kilgrave - grazie al cielo - nella serie non è così
L'unica vera scossa mi è stata data da David Tennant, ex Doctor Who e qui odiosissimo super cattivo che avrei preso volentieri a badilate in faccia. Giusto perché sono un animo pacifico. 
Inquietante, subdolo e visceralmente perfido al tempo stesso, Tennant riveste magistralmente i panni del super villain. Sentiti ringraziamenti, poi, a costumisti, truccatori, produzione e a tutti coloro che hanno deciso che Kilgrave potesse essere abbastanza orrendo e detestabile anche così, grazie alla sceneggiatura ed alla interpretazione di Tennant, senza bisogno di tingergli la faccia di porpora.
Tralasciando l'Uomo Porpora, dal momento che è impossibile parteggiare per lui - che è veramente troppo, troppo, troppo odioso - il poco che ho visto di Jessica Jones ha avuto un solo pregio: richiamarmi alla mente Dark Angel, la cui prima serie era davvero notevole e, quella sì, originale (e qui potete vedere un po' di sani pestaggi, alcuni realistici, altri palesemente "potenziati"). 

Dal punto di vista puramente marziale*, non posso far altro che dissentire da quanto affermato da @SerieSeria nel suo tweet: le scene d'azione sono, a parer mio, platealmente esagerate, ma è una scelta giustificata dal fatto che a menar le mani è pur sempre un super eroe, seppur donna. La velocità con cui vengono eseguiti gli scambi rende spesso difficile apprezzarli dal punto di vista tecnico e, naturalmente, va segnalata la pecca originata dal fatto che Krysten Ritter non risulta essere praticante di arti marziali né di discipline da combattimento e, di conseguenza, è altamente probabile che le scene di azione siano state coreografate come una danza e nulla più. Ma, trattandosi di una serie dalla "marzialità fantasiosa", questo forse è il minore dei mali.

Qui trovate la mia recensione di un'altra serie: Black Sails.

*Ricordate: in ambito di film e serie tv parlo di arti marziali intendendole nel loro significato di arte del combattimento, l'ars pugnandi di romana memoria, e non di discipline marziali specifiche e codificate.

mercoledì 27 gennaio 2016

Tutti pazzi per Rose

Piacevole commedia romantica ambientata nella Francia del dopoguerra, "Tutti pazzi per Rose" rubacchia da film e racconti già noti, ma lo fa con stile e miscelando ogni ingrediente alla perfezione, come vuole la miglior tradizione della cucina d'oltralpe non a caso conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Qualche atmosfera alla Hitchcock, un pizzico di battute stile Audrey Hepburn da "Sabrina" e "Cenerentola a Parigi", alcune cucchiaiate da "La segretaria quasi privata" e simili, il tutto nell'incantevole cornice di una Parigi bon ton anni '50.

Rose Pamphyle (Déborah François) è una giovane donna di un piccolo paesino di provincia, desiderosa di affermarsi nel mondo del lavoro almeno quanto lo è di fuggire da un padre burbero e da un futuro pianificato che la vedrebbe relegata fino alla fine dei suoi giorni nel ruolo di casalinga, moglie del meccanico di paese e madre. In fuga a Parigi, trova lavoro come segretaria, ma si rivela ben presto inadatta e troppo goffa per l'impiego; il suo unico talento pare essere quello di saper scrivere a macchina, troppo poco per riuscire nel lavoro. 
Eppure Louis Échard (Romain Duris) vede in lei qualcosa di speciale e la assume nella propria agenzia assicurativa. Non solo: inizia ad allenarla affinché partecipi - e vinca - ai campionati regionali di dattilografia. La sottopone ad estenuanti allenamenti, facendole copiare, battendoli a macchina, libri su libri, raccontandole aneddoti affinché apprenda a non distrarsi e continui, perseverante, a battere sui tasti della macchina per scrivere, diventando sempre più veloce, sempre più sicura.

Pur ambientato nel dopoguerra, questo film è del 2013 e lo rivela chiaramente in alcune scene, davvero impensabili per il pubblico dei veri anni '50, a cominciare dal dito medio alzato dalla temibile - ed apparentemente imbattibile - campionessa di dattilografia fino alla notte della vigilia della gara, che segnerà per sempre il destino di Louis e Rose.

Da sportiva, ho particolarmente apprezzato la tenacia, la caparbietà e la grinta con cui Rose ha affrontato allenamenti e competizioni. E, ammettiamolo, anche l'algida carogneria dell'allenatore Louis ha la sua raison d'être. Pur non ritenendo la dattilografia uno sport, confesso di essermi appassionata alle gare, che hanno avuto anche il pregio di raccontare agli spettatori l'evoluzione della macchina per scrivere. Per quanto riguarda la storia d'amore tra Rose ed il suo datore di lavoro nonché allenatore... beh, sarei troppo di parte nell'esprimere un giudizio.

venerdì 22 gennaio 2016

Botte valdostane


Che farete di bello nel fine settimana? Io mi sto preparando per una trasferta in Valle d'Aosta e, no, non ci andò per sciare né - e questo un po' mi dispiace - per pattinare sul ghiaccio; andrò a Chatillon per prendere parte ad uno stage di T'Ienshu organizzato dalla locale Scuola Tao Xiè.

L'incontro, che è aperto ai praticanti di ogni grado (quindi sì, care Fasce Bianche ed Arancioni, potete partecipare anche voi!), sarà suddiviso in due parti: nella prima verranno analizzate tecniche e strategie Qingda, quindi focalizzate su un utilizzo da competizione agonistica; nella seconda parte, invece, verranno illustrate tecniche di autodifesa con oggetti di uso quotidiano e, anche sulla scorta di quanto già sperimentato con il nostro Maestro in palestra a Saronno, devo dire che la cosa sembra davvero promettente (per ulteriori info ed adesioni, cliccate sul volantino). 
Sabato mattina si parte, dunque, e domenica immagino che sarò troppo a pezzi per poter fare qualunque cosa, quindi... ci si rilegge prossimamente!


giovedì 21 gennaio 2016

The Martian, sopravvissuto

Ansiogeno. Perché scientificamente verosimile. E, diciamocelo, a nessuno farebbe piacere essere l'unico e solo abitante di un intero pianeta. 
Robinson Crusoe dei giorni nostri è naufragato non su di una sperduta isoletta oceanica, bensì su Marte: è l'astronauta Mark Watney (Matt Damon). I suoi compagni di spedizione hanno dovuto abbandonare il pianeta in seguito ad una potente tempesta che minacciava di compromettere seriamente l'intera missione e la strumentazione e, credendolo morto, il comandante ha preso l'unica decisione possibile: tentare di salvare il resto dell'equipaggio e ripartire verso la Terra. 

Ma Mark non è morto. Si risveglia e scopre di essere rimasto solo su Marte. Le possibili scelte sono due: crogiolarsi nell'autocommiserazione e lasciarsi morire oppure utilizzare quanto era stato portato in precedenza sul pianeta, sia per la missione Ares III della quale faceva parte sia in occasione di missioni pregresse, e trascorrere i giorni che gli rimangono facendo ciò che meglio sa fare: l'astronauta, il botanico, lo scienziato. 
Mark sceglie la seconda via, consapevole che ogni suo progresso sarà comunque utile per le prossime esplorazioni spaziali; vive così giorno dopo giorno sostenuto non soltanto dalla più ancestrale delle forze, quell'istinto di sopravvivenza insito nell'animo umano, ma anche dalla razionale ed incrollabile volontà dello scienziato. 

Il primo fiore sbocciato nello spazio. E' una zinnia.
Un film che mi ha tenuta incollata al divano perché, come detto, è scientificamente verosimile (seppur con estremizzazioni ed esagerazioni cinematografiche, ma... ehi, è un film, non un documentario!): la coltivazione di vegetali nello spazio, i sistemi per comunicare con la Terra (qui trovate un esempio piuttosto recente della "nostra" Samantha Cristoforetti, la quale, forse è bene ricordarlo, comunicava anche via Twitter dalla ISS, ndr), i pasti "spaziali" e molte dotazioni di bordo che fino a non molti anni fa erano fantascienza sono, oggi, scienza. 
Soltanto pochi giorni fa Scott Kelly, astronauta NASA, ha postato su Twitter l'immagine del primo fiore sbocciato nello spazio.
Le stesse missioni su Marte sono da anni una realtà e persino la missione Ares III, al centro delle vicende del libro di Andy Weir da cui è tratto il film, è reale, tanto che la NASA ha scritto un articolo comparando la vera missione con quella descritta nel libro ed approdata sullo schermo.
Con questo film la scienza torna nella fantascienza, e lo fa in grande stile. 

mercoledì 20 gennaio 2016

Una ricetta della tradizione: "uccelli scappati"

Questa è una ricetta che parte da lontano, nel mio passato. Per la precisione, da un bisnonno bresciano (il papà di quella nonna che ha conosciuto, da bambina, Gabriele D'Annunzio) amante della carne allo spiedo. Per mia fortuna tutti e quattro i miei nonni abitavano nel mio stesso paese e, di conseguenza, le occasioni per stare con loro non mancavano; in particolare, da questa nonna io e mia sorella andavamo a pranzo durante i giorni di scuola, dal momento che mamma lavorava tutto il giorno ed era fuori casa sino al pomeriggio, così come pure papà.
A fortuna si aggiunge fortuna, perché questa nonna era un asso dei fornelli. In particolare, ricordo la sua cutizza, le sue insuperabili (e, purtroppo, inimitabili) polpette e gli usei scapaa, così tradotti in comasco dal bresciano osei scampai.

Cosa sono? Sono gli uccelli scappati, ovvero sia gli spiedini di carne che si preparavano quando le battute di caccia degli uomini non andavano come previsto e le donne di casa dovevano rimediare qualcosa per il pranzo o la cena. Trattandosi di famiglia contadina, il problema era di piuttosto facile soluzione: in casa un po' di carne di maiale c'era sempre, si tirava il collo ad una gallina e... il gioco era fatto. 
Quindi, no: decisamente non è un piatto vegano né vegetariano. 

Questa che segue non ha la pretesa di essere la "ricetta ufficiale", è, però, la "mia" ricetta, quella che da cent'anni almeno circola tra Gardone Riviera, Maslianico, Como e Saronno. 

Ingredienti:
  • petto di pollo
  • pancetta
  • patate
  • salvia
  • rosmarino
  • vino bianco
L'ideale sarebbe avere a disposizione un bel fuoco scoppiettante nel camino, ma se come me ne siete sprovvisti vi conviene pelare e lessare leggermente le patate prima di tagliarle a tocchetti. Si tagliano a tocchetti anche la pancetta quadra ed il petto di pollo e si infilzano sugli spiedini alternando i pezzi ed inserendo, di tanto in tanto, foglie di salvia e di rosmarino per insaporire il tutto. Dopo di che si mettono gli spiedini in padella, rigirandoli fino a quando saranno ben cotti e dorati su ogni lato, spruzzando con un goccio di vino bianco così che il pollo non diventi stoppaccioso. La versione light non richiede aggiunta di grassi, dal momento che la pancetta rilascerà il suo in padella durante la cottura, contribuendo ad insaporire il tutto.
Se invece volete e potete strafare perché avete uno spiedo da camino, lasciate i pezzi di carne e di pancetta a marinare in un bagno d'olio e di erbe aromatiche sminuzzate prima di infilarli sugli spiedi, sempre alternandoli con i pezzi di patata che in questo caso potete evitare di sbollentare, ed usate l'olio di marinatura per spennellarli durante la cottura. 

martedì 19 gennaio 2016

Il gatto stregato

Io non lo so chi fosse il mio papà e della mia mamma ho un ricordo molto confuso di micetto, ma la mia bipede mi ha letto questo libro e io ho guardato ben bene i disegni e mi sono accorto che i colori sarebbero proprio quelli giusti...

Il libro arriva, come sempre, dalla Libreria Pagina 18 e la mia bipede, che pure non ama le storie di streghe, maghi e compagnia bella, essendo razionale e scientifica, è rimasta incantata dai bellissimi disegni.

Io ho il sospetto, per quel poco che mi ricordo, che anche la mia mamma fosse una micetta piuttosto spelacchiata, però per me era la gatta più bella del mondo - come tutte le mamme sono bellissime agli occhi dei loro figli - e non mi stupirei poi tanto se il mio papà fosse davvero il nero Girotondo, pronto persino a diventare stregone pur di conquistare il suo amore.
A presto, miei cari.
Felinamente vostro, Puxi il gatto.

Nota di Viviana B.: Le illustrazioni di Massimiliano Frezzato sono davvero meravigliose, grazie anche ai colori di Eleonora Trinca. Il libro, edito dalla Lavieri nella collana "Piccole pesti", è anche "etico" in quanto realizzato con carta proveniente da foreste correttamente gestite e da altre origini controllate.

lunedì 18 gennaio 2016

Buone notizie!

Il capoluogo lombardo diventa per una settimana capitale della moda, si è infatti aperta la Milano Fashion Week e questa, di per sé, non è che sia una buona notizia. Di buono, però, c'è il ritorno sulle passerelle di Fausto Di Pino, modello ventiseienne che ha deciso di sfilare nonostante il tumore. Perché lui la battaglia contro il linfoma non Hodgkin sente di averla vinta. E vuole dare coraggio agli altri. Qui trovate la sua storia.

Non era di origine fisico, invece, il malessere che affliggeva Filippo Mari, giovane manager di successo che a neppure trent'anni aveva una sfolgorante carriera nel marketing, ma soffriva di depressione. Fino a quando non decise, in piena crisi economica, di licenziarsi da "un lavoro sicuro" e ricominciare da capo. Pedalando. La bicicletta gli ha salvato la vita, assicura. E qui trovate la sua storia

A salvare una donna in sedia a rotelle dall'aggressione di un gruppo di cani randagi, invece, è stato Osvaldone, un grosso pastore abruzzese arrivato la scorsa estate, anche lui come randagio, a Rovere di Rocca di Mezzo ed in breve adottato dall'intero paese abruzzese. Ora questo gigantesco cane, bianco come la neve e coraggioso, verrà adottato dall'intero paese. La sua storia la potete leggere qui.

Ha un nome inquietante un altro cane eroe, dall'altra parte del mondo: Killer K9 è impiegato in Sud Africa nella lotta al bracconaggio e, in particolare, contro i bracconieri di rinoceronti. Grazie al suo intervento 115 animali sono sfuggiti a morte certa e ben 100 bracconieri sono stati arrestati: un lavoro tanto prezioso, il suo, da essergli valso il conferimento di una medaglia d'oro. Qui trovate la sua storia.

Crisi, crisi e ancora crisi. E poi sei donna e hai 49 anni, "vecchia" e "sbagliata" per il mondo del lavoro. E, in più, ci si mettono le malattie, una delle quali dal nome spaventoso: cancro. Ma lei, Daniela Terragni, invece di abbattersi si è creata una nuova vita. Grazie all'arte, ai colori ed ai pennelli. Ora è una stimata pittrice ed i suoi quadri sono arrivati in Russia, America, Marocco... La sua storia la trovate qui

Una buona notizia arriva dal campo da calcio dove, il giorno dell'Epifania, un giovane di 25 anni si è improvvisamente accasciato al suolo nel corso di una partita a calcetto. A salvarlo sono stati i compagni, che hanno prontamente utilizzato il defibrillatore e chiamato il 118. Qui la notizia.

Buone notizie dallo sport anche dal grande freddo. Dopo il terzo posto conquistato da Anna Cappellini e Luca Lanotte alla finale dell'ISU Grand Prix di Barcellona, unici europei a calcare il prestigiosissimo podio nella specialità, un altro italiano fa molto parlare di sé in fatto di sport invernali: Federico "Chicco" Pellegrino ha conquistato quattro vittorie nello sci di fondo, entrando nella storia della disciplina come l'azzurro più forte di tutti i tempi. 
Federica Brignone, dal canto suo, è riuscita a conquistare il terzo gradino del podio nello slalom Gigante a Flachau (qui la notizia), mentre nello slalom maschile a Wengen sfugge solo il gradino più alto del podio alla presa italiana, con Giuliano Razzoli e Stefano Gross rispettivamente secondo e terzo alle spalle dell'incredibile norvegese Henrik Kristoffersen, capace di dominare 4 competizioni su 5 disputate (qui la notizia). 
Dal freddo Medal Winners Open di Osaka un'altra buona notizia: il ritorno alle competizioni ISU di Carolina Kostner è subito stato salutato con la vittoria di un argento, piazzando l'atleta altoatesina davanti alla "padrona di casa" Miki Ando (qui l'articolo).

Secondo un'equazione matematica, il terzo lunedì di gennaio sarebbe il giorno più triste dell'anno, il Blue Monday. Spero, con queste notizie, di aver contribuito a scacciare malumore e depressione. Perché al calendario non si sfugge, ma siamo noi a scegliere con che spirito vivere i nostri giorni. 

sabato 16 gennaio 2016

La libertà si conquista

Anni '60, le gambe delle donne si scoprono con le minigonne.
Il sabato mattina del 16 gennaio, mentre addentavo con gusto la mia brioche pere e cioccolato, ascoltavo piuttosto distrattamente la tv, sintonizzata su Rai Uno: a "Uno mattina in famiglia" si parlava dei fatti di Colonia e, più in generale, delle violenze che - a vario titolo: molestie, tentativo di stupro o furto - si sono verificate nella notte di Capodanno in quella e in molte altre città della Germania. E la mia attenzione è di colpo aumentata. Il conduttore Tiberio Timperi cercava, con ospiti in studio e collegamenti esterni, di analizzare la situazione ad oltre due settimane di distanza, alla ricerca di una soluzione. 

L'avvocato Giulia Bongiorno, da tempo impegnata nel campo della difesa dei diritti delle donne, in un suo intervento ha assunto toni lapidari in merito all'integrazione: "Non siamo noi a doverci integrare a loro, sono loro a doversi integrare a noi", cito a braccio senza stravolgere il senso della frase, che vorrebbe immigrati e richiedenti asilo pronti ad abbracciare la cultura del Paese che li ospita. 
Il giornalista Carlo Pannella, dal canto suo, ha puntualizzato la difficoltà di gestire l'arrivo, in pochi mesi, di centinaia di migliaia di persone, sottolineando sostanzialmente come sia errata la politica del "passate tutti" laddove non sia accompagnata da investimenti concreti per agevolare e consentire l'integrazione. 
Lorella Zanardo, autrice de Il corpo delle donne di cui ho più volte avuto modo di scrivere, dal canto suo si diceva preoccupata dalle parole dalla sindaco di Colonia che, all'indomani delle aggressioni, aveva suggerito alle donne di mantenersi alla distanza di un braccio da coloro che non conoscono.

Elena Lucrezia Cornaro Piscopia,
la prima donna laureata d'Italia e
del mondo, XVII secolo.
Alla mia mente si è affacciata una riflessione: forse noi europei - e probabilmente le donne europee più ancora, temo - ci siamo abituati alla libertà. Ci siamo dimenticati che la libertà non è un dono piovuto dal cielo, ma una conquista quotidiana, da difendere con i nostri comportamenti. 
Se io, donna, oggi non passo più dalla proprietà di mio padre a quella di mio marito come avveniva nel Medioevo non è per grazia ricevuta, ma perché ci si è battuti per questo; se io, donna, posso andare a scuola e persino all'università, posso laurearmi e lavorare fianco a fianco con degli uomini non è per dono divino, bensì il frutto di lotte e proteste e lente conquiste. 
Il diritto di sposare chi mi pare e piace sottraendomi al matrimonio combinato o alla clausura clericale, quello di studiare, il diritto di lavorare, il diritto di scegliere di indossare una minigonna o un paio di pantaloni (che, non dimentichiamocelo, erano "da uomini" fino a non moltissimi anni fa, tanto che si diceva che in casa comandava "chi porta i pantaloni"), il diritto di recarmi alle urne e votare... tutti questi non sono doni, sono l'eredità che le donne che mi hanno preceduta mi hanno lasciato. 
Ed io, come donna, ho il diritto ma pure il sacrosanto dovere di lottare per mantenere questi diritti perché - neppure questo va dimenticato - ciò che è stato conquistato può essere perso
Basta un attimo di distrazione. Basta che si diano le cose per scontate e naturali, quando così non sono.

Immagini pubblicitarie degli anni '60 in Iran,
prima della rivoluzione islamica.
Nella storia recente lo testimoniano bene i Paesi in cui si è assistito ad una radicalizzazione religiosa (oggi quella islamica, ma non dimentichiamo le nefandezze compiute in passato in nome della cristianità) come, ad esempio, l'Iran.
Qui tra il 1978 ed il 1979 (fermatevi un attimo e rileggete con attenzione le date, per cortesia: si parla dell'altro ieri, in termini storici) si ebbe la rivoluzione islamica, lo Scià Mohammad Reza Pahlavi venne deposto e salì al potere Ruhollah Khomeini; l'esito di questo sovvertimento politico e religioso è ben descritto nel libro "Leggere Lolita a Teheran" di Azar Nafisi.
Ragazze a Cabul, Afghanistan, negli anni '70.
Immagine di Amnesty International .
Lo stesso Afghanistan, che noi abbiamo imparato a conoscere come patria dei talebani e delle donne ricoperte da capo a piedi, senza che neppure i loro occhi fossero visibili da dietro una fitta reticella di fili, nel 1970 vedeva le ragazze camminare per strada sfoggiando minigonne, camicette e scarpe col tacco.
Un discorso similare seppur non dai toni tanto estremi, per quanto riguarda le donne e le libertà individuali, potrebbe essere fatto per l'Egitto: autentico faro di civiltà nel passato più remoto (tanto da scandalizzare i Romani per la libertà d'azione e di decisione concessa alle donne), ha assistito nel corso dei millenni a significativi mutamenti in ambito dei diritti umani. 

venerdì 15 gennaio 2016

Ivan, il campione di kickboxing che difende le donne

Ivan Jurgevic
Foto di Paul Lewis, MailOnline
Come un eroe dei giorni nostri, un uomo appare nel buio delle strade e protegge le donne che stanno per essere aggredite. E' accaduto a Colonia, città tedesca tristemente balzata agli onori della cronaca per quelle che sono state chiamate "violenze di Capodanno": qui Ivan Jurgevic, 44 anni, lavora come portiere all'Hotel Excelsior, a pochi passi dal duomo cittadino.
E' un colosso, Ivan, un uomo imponente alto oltre due metri per 130 chili di peso, e non esita neppure un istante quando alcune donne gli chiedono aiuto, forte anche del fatto di essere stato più volte campione di Kickboxing e di avere un addestramento particolare. 
Lui stesso ha raccontato l'accaduto al Daily Mail: "Improvvisamente due donne mi hanno chiesto di proteggerle da alcuni ragazzi che le stavano molestando. Erano quattro giovani, attorno ai vent'anni, e parlavano arabo. Mi hanno detto di non interferire, che le ragazze erano roba loro. Le ragazze sembravano impiegate di banca, indossavano jeans e cappotti, niente di provocante, ed erano spaventatissime, così ho detto loro di mettersi alle mie spalle. Quello che doveva essere il più forte del gruppo è venuto verso di me con una bottiglia, ma io gli ho sferrato un calcio al petto e l'ho fatto volare; un altro si è avvicinato, ma gli ho dato uno schiaffo in faccia e mi sono liberato anche di lui. Allora il loro capo si è passato un dito davanti alla gola e ha detto che sarebbero tornati per uccidermi, ma io non mi sono mosso e loro se ne sono andati".

La notte di San Silvestro Jurgevic era al lavoro quando ha notato che una folla sempre più ubriaca e fuori controllo si stava radunando in piazza del Duomo, dove ha poi avuto luogo la maggior parte degli attacchi registrati nelle denunce sporte alla polizia locale. Alcune violente risse, tra cui una culminata con un accoltellamento, si sono verificate a pochi passi di distanza dall'ingresso dell'hotel ed è accaduto che alcune clienti dell'albergo che erano uscite per fumare una sigaretta sono state avvicinate da arabi che si strusciavano contro di loro e le toccavano: "Ho dovuto dire loro di andare via - ha raccontato il portiere kickboxer al Daily Mail - Una donna mi ha persino chiesto di accompagnarla lungo tutta la piazza, per raggiungere l'auto dove il marito la stava aspettando, perché aveva paura ad andarci da sola".

In seguito agli avvenimenti della notte di San Silvestro, Ivan Jurgevic è stato soprannominato "l'eroe di Colonia", ma molti cambiamenti si sono verificati nella città tedesca ed è lui stesso a parlarne: "Quattro mesi fa noi (i tedeschi, ndr) abbiamo accolto queste persone (i rifugiati, ndr) a braccia aperte e con orsetti di peluche, ma ora la loro reputazione è stata rovinata da questi lascivi teppisti ubriachi". In città, infatti, sempre stando a quanto riportato dal quotidiano britannico, si sarebbero organizzate vere e proprie "ronde" in seguito alle quali sei stranieri innocenti - africani, asiatici e mediorientali - che non avevano nulla a che fare con le aggressioni ed i tentati stupri della notte di Capodanno sono stati feriti in modo serio e due di loro, cittadini pachistani, risultano ancora ricoverati in ospedale. 

Il ragazzo della porta accanto

Se non avete ancora visto questo film ed avete intenzione di guardarlo, allontanatevi dal pc e tornate a leggere qui solo a missione compiuta, perché nelle righe che seguono troverete non una "semplice" recensione, bensì una vera e propria analisi di quelli che potrebbero essere considerati come alcuni dei momenti salienti del film. E non voglio rovinarvi la sorpresa con odiosissimi spoiler. 

Claire (Jennifer Lopez) è una piacente insegnante di letteratura classica separata dal marito, dopo il tradimento di lui con una donna più giovane. In piena crisi, una notte cede alle lusinghe del diciannovenne vicino di casa, ben tornito nonché appassionato lettore di Omero - e suo prossimo allievo - concedendosi una notte di sesso sfrenato. Non appena sfumano i vapori dell'alcol, Claire si rende conto di aver compiuto una sciocchezza indicibile e tenta di fare retromarcia, ma Noha (Ryan Guzman), che potrebbe avere con il solo schiocco delle dita tutte le ragazzine della città ai suoi piedi (come dimostra in modo più che eloquente la biondina della ferramenta), inspiegabilmente si è fissato con questa milfona e quello che lui chiama amore diviene vera e propria ossessione. 
La vicenda, insomma, è nota e stranota, oltre ad essere stata immortalata in una quantità impressionante di pellicole; l'unico elemento di novità è, forse, costituito proprio dalla differenza d'età dei due protagonisti e dal fatto che i ruoli "persona attempata/giovane amante" siano invertiti rispetto al solito. 
Già qui la morale sarebbe lampante: care signore, se volete maturità non cercatela tra le braccia di un ragazzino. E, magari, tanto voi quanto i vostri compagni uomini, non soccombete alla crisi di mezza età e tenetevi addosso le mutande, che così evitate un sacco di casini.
Ma a Claire va peggio, perché, come detto, questo è l'ennesimo film in cui un'attrazione banale si tramuta in fatale. Si scopre quindi che il bel Noha ha un pessimo carattere, è soggetto ad eccessi d'ira e non si crea eccessivi scrupoli ad accoppare chi intende scombinare i suoi piani. Quindi: agguati, inseguimenti, appostamenti, ricatti, nonché manomissione dell'auto del marito di Claire e qualche altro "danno collaterale" come l'uccisione della vice preside, amica dell'"amata". 

Dal punto di vista marziale - inteso come "da combattimento" e, nello specifico, "da autodifesa" - il film fa acqua da tutte le parti: il marito di Claire, ad esempio, riesce ad afferrare Noha alle spalle, stringendolo alla gola con un laccio e, ben sapendo di cosa è capace il ragazzo, essendo da lui stato ferito e fatto prigioniero insieme al figlio, invece di terminare lo strangolamento si limita ad allontanarlo dalla moglie con uno strattone. Il giovane Noha - che ad un certo punto si teme possa essere un Highlander vista la sua ritrosia a tirar le cuoia - viene colpito alla testa da Claire con un piede di porco e lei, il genio, si precipita dal figlio prigioniero abbandonando l'arma dove? Ma accanto al cattivone privo di sensi, ovviamente! Il quale torna in sé desideroso di riprendere il "lavoro" lì dove l'aveva interrotto. 
In poche parole? Sceneggiatura da "copia e incolla" e regia senza guizzi particolari; elevati livelli di prevedibilità e scene d'azione al limite del ridicolo. Peccato per gli attori: sia JLo che Guzman sono capaci di ben altro. 

giovedì 14 gennaio 2016

Anna Cappellini e Luca Lanotte, orgoglio italiano

Forse me le sono perse io o forse di notizie circa l'esito dell'ISU Gran Prix 2015/2016 ne sono state date davvero pochine dai "canali d'informazione ufficiali" (come, ad esempio, La Gazzetta dello Sport). Fatto sta che, trattandosi peraltro di buone notizie per l'Italia, ho deciso di scriverne io. 
Il duo composto da Anna Cappellini e Luca Lanotte, coppia ormai collaudatissima e pluri premiata di danza su ghiaccio, ha infatti conquistato il terzo posto alla finale del Grand Prix disputata a Barcellona, unica coppia europea capace di calcare il podio e limitare lo strapotere di canadesi e nordamericani. 
Il duo si conferma così autentico motivo di orgoglio italiano sul giaccio mondiale e, da comasca, permettetemi un moto d'orgoglio in più al pensiero che un talento come quello di Anna sia nato sulla pista di Casate. 
Qui potete trovare il video del loro magnifico programma libero di Barcellona.