mercoledì 30 marzo 2016

Gigi Hadid, la super modella in forma con la boxe

Chi pensa che Gigi sia un nome maschile non potrà far altro che ricredersi di fronte alle immagini di Gigi Hadid, splendida modella ventenne nata in California e frutto di quella multietnicità che contraddistingue ormai il mondo in cui viviamo, figlia del palestinese Mohamed Hadid e dell'ex modella di origini olandesi Yolanda. 

La sua carriera in costante ascesa ha fatto sì che Gigi finisse sempre con maggior frequenza sotto l'obiettivo dei fotografi, non soltanto sulle passerelle di alta moda ma anche sulle pagine di gossip, e lei certo ci ha messo del suo, tenendo vivo il contatto con i fans grazie ai social network ed intrecciando di recente una love story con l'ex One Direction ed idolo delle ragazzine Zayn Malik.
Per questa relazione è stata duramente attaccata da chi, proprio tramite social network, l'ha accusata di "avere un ragazzo nuovo ogni due settimane", ma lei non si è scomposta ed ha ribattuto di aver avuto tre relazioni sentimentali in tre anni, mettendo a tacere la critica di chi, forse, era soltanto in cerca di visibilità riflessa. Gigi, comunque, ha da sempre mostrato di aver grinta: caratteristica indispensabile per sopravvivere nel mondo non facile della moda. Una grinta che probabilmente si è costruita anche grazie alla costante pratica sportiva.

Perché, se è indubbiamente vero che Madre Natura è stata molto generosa con lei, altrettanto vero è che Gigi fin da giovanissima pratica sport con grande impegno e costanza. Mentre frequentava le scuole superiori ha giocato a pallavolo ed era capitano della squadra. Oggi, invece, pratica ogni giorno boxe, alternandola ad esercizi cardio e di fitness tradizionale, così da garantirsi una corporatura scattante e non "appesantita" e statica: una pratica che le consente di eliminare lo stress che accompagna la vita - seppur dorata - di una giovane donna dalla carriera sfolgorante e per questo molto invidiata, oltre che di mantenere saldo il proprio spirito combattivo. 
Tra le varie critiche che le sono state mosse, anche quella di avere troppe "curve" per poter fare la modella, ma lei vanta un corpo sano e in forma - certo anche grazie alla pratica sportiva - che si discosta da quelli, esibiti fin troppo spesso sulle passerelle mondiali, di modelle scheletriche e dall'aspetto malato: "Se non avessi avuto questo corpo non avrei avuto nemmeno questa carriera", ha ribattuto, sfoggiando nuovamente un animo battagliero e mostrando di andare fiera delle sue misure (per la cronaca: 86-64-89 su un'altezza di 178 cm). 
Non c'è dubbio: la boxe le si addice. E dimostra, ancora una volta, che la pratica di arti marziali, discipline di autodifesa o sport da ring non sminuisce affatto la femminilità. Anzi! 

martedì 29 marzo 2016

I ragazzi che fanno ben sperare: la meglio gioventù

Capita spesso di leggere o sentire notizie sconfortanti che hanno per protagonisti giovani e giovanissimi, nei più vari campi della quotidianità: dalle baby gang dedite a rapine a chi semplicemente pare auto condannarsi all'ignoranza più abissale, passando per quanti compiono atti di bullismo e veri e propri reati a mano armata.
Esiste però anche una gioventù che fa ben sperare e di cui non si parla, forse perché è la parte maggiore e più consistente e, pertanto, non "fa notizia".
Io, però, voglio parlarne. Voglio che venga gettata un po' di luce anche su quei giovani che considerano ancora valori l'impegno, la cultura, la solidarietà e l'altruismo. 
E allora cominciamo con il parlare delle Olimpiadi d'Italiano, organizzate dal Ministero dell'Istruzione, alle quali hanno partecipato quasi 44mila studenti - alcuni provenienti anche dall'estero - sfidandosi a colpi di congiuntivi ineccepibili e costrutti sintattici a prova di bomba. Banditi, naturalmente, anglicismi astrusi e mostruosità come "ke", "cmq" e "xkè". I primi tre classificati nella categoria "Senior" provengono - non che la cosa stupisca più di tanto - tutti da licei classici; i tre vincitori della "Junior" giungono invece da tre licei scientifici (e qui trovate l'elenco completo dei vincitori 2016).

Tantissimi giovani hanno creato una ressa che dagli organi di stampa è stata paragonata a quelle che affollano i concerti rock e pop, ma sul palco ad esibirsi non c'era una boy band, bensì Piero Angela. In migliaia sono accorsi all'Università di Torino per assistere alla conferenza "Viaggio nella mente: dove si nascondono il genio, l'amore e la libertà" e, quando la sala ha raggiunto il massimo della capienza ed è stata chiusa, alcuni hanno provato addirittura a sfondare la porta, tanto che il rettorato ha dovuto approntare in fretta e furia un collegamento streaming per poter dar modo a tutti di seguire la lezione-conferenza tenuta dal grande divulgatore scientifico. 

E, in termini di scienza, è davvero impossibile non menzionare lo straordinario successo ottenuto dai ragazzi dell'Istututo Industriale "Fermi" di Ascoli: partiti alla volta di Pechino per partecipare alla "Youth Science Competition", che vede coinvolte scuole provenienti da tutto il mondo con la presentazione di progetti innovativi e tecnologici, sono tornati a casa con la medaglia d'oro. Un'eccellenza italiana che certo fa ben sperare e che merita di essere resa nota. 

Di tutt'altro genere la buona notizia che arriva dalla Sicilia: qui Diego, un bambino di 10 anni che vive in provincia di Catania, ha dimostrato di avere grande coraggio e sangue freddo, riuscendo a dare l'allarme e a salvare il fratellino e la sorellina più piccoli dalla casa in fiamme. Quando l'incendio, causato da un corto circuito, ha cominciato a minacciare l'abitazione, il bambino ha subito chiamato i vigili del fuoco ed è poi corso a prendere il fratellino e la sorellina, portandoli con sé fuori di casa (qui trovate la notizia).
Al capo opposto dell'Italia, è soltanto di qualche anno più grande il quattordicenne Nicolò che, visto un uomo precipitare con il parapendio nelle acque del Lago di Garda, non ha esitato neppure un istante e si è lanciato a soccorrerlo: una dimostrazione di coraggio ed altruismo per la quale l'amministrazione comunale sta ora richiedendo che gli venga assegnato un riconoscimento (qui la notizia).

Infine, una notizia ancora senza lieto fine ma che farà sognare: il romanticismo esiste ancora e a provarlo è un ragazzo milanese, che si è innamorato di una ragazza incontrata sul tram ed ora la sta cercando disperatamente. Tanto da aver tappezzato di volantini la città ed aver creato una pagina facebook apposta per tentare di ritrovarla. Chiunque voglia contribuire alle ricerche, può trovare maggiori informazioni in questo articolo e può diramare l'annuncio sui social network: hashtag #laragazzadeltram.

Aggiornamento: pare che l'innamorato milanese abbia incontrato #laragazzadeltram davanti alle telecamere di un programma di Barbara D'Urso. E, chiaramente, la strega cattiva ci ha messo lo zampino frantumando il sogno d'amore. Pare.

domenica 27 marzo 2016

Buona Pasqua!

E' Pasqua
Ciò che pareva morto in realtà vive e mentre il mondo attende l'annuncio dell'Angelo "Perchè cercate tra i morti colui che è vivo?" (Lc 24,5) la natura anticipa la lieta notizia, con esplosioni di colore e di gioia nella primavera
Buona Pasqua a voi tutti!

sabato 26 marzo 2016

Uova di Pasqua alla coque

Ci sono ricette meravigliose, preparazioni di una raffinatezza squisita... 

E poi ci sono le mie ricette: facili, veloci, spesso pure a bassissimo costo. 
Perché io non sono uno chef, non sono nemmeno una cuoca sopraffina: sono una tizia che ha imparato a sopravvivere dietro i fornelli e che, rimasta disoccupata, ha avuto un buon motivo in più per evitare sprechi.
Quindi quella che segue è una ricetta in pieno spirito "Sopravvivenza" che, però, vi consentirà di fare bella figura nonostante si prepari in cinque minuti cinque (magari voi questo non ditelo, lasciate credere che ci sia una mezza mattinata d'impegno dietro questa preparazione, atteggiatevi un po', insomma...): le uova dolci alla coque.

Ingredienti (per 4 dolci):
  • 2 uova di cioccolato al latte (grosse come uova di gallina)
  • 100 gr di ricotta
  • 3 cucchiai di zucchero a velo
  • marmellata di pesche
Con un coltello tagliate, mooolto delicatamente e facendo attenzione a non romperle, le uova di cioccolato in due metà sopra/sotto (potete aiutarvi scaldando la lama del coltello). In una ciotola mescolate la ricotta con lo zucchero a velo, poi riempite ciascuna metà uovo con questa farcia: abbiamo così guscio ed albume. Manca solo il tuorlo e... avete indovinato! Un cucchiaino di marmellata di pesche al centro di ciascun "albume" e il gioco è fatto!
A questo punto non resta altro da fare che servire, gustare e... buona Pasqua! 

giovedì 24 marzo 2016

La Pasqua cristiana: agnello sì, agnello no...

Ecco, ci risiamo. Anche quest'anno, puntuale, torna la polemica tra animalisti e carnivori convinti: oggetto del contendere, l'agnello pasquale
Nel corso del tempo questa diatriba ha visto scendere in campo su fronti avversi anche eminenti studiosi e non sono mancati neppure quanti si sono cimentati nella lettura delle Sacre Scritture alla ricerca di parole che potessero smentire o sostenere il fatto che Gesù fosse vegetariano.

In realtà, quella di cibarsi dell'agnello è una tradizione che affonda le proprie origini nel culto ebraico (e non cristiano); nelle Cronache, ad esempio, vi è un riferimento più che esplicito: "Secondo l'usanza arrostirono l'agnello pasquale sul fuoco; le parti consacrate le cossero in pentole, in caldaie e tegami e le distribuirono sollecitamente a tutto il popolo" (2Cr 35, 13). Tuttavia non manca chi, ben prima della venuta di Gesù, si espresse contro questa usanza. Il profeta Geremia, ad esempio, attorno al 600 a.C. ebbe modo di dire: "In verità io non parlai né diedi comandi sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d'Egitto. Ma questo comandai loro: ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici" (Ger 7,22).
Certo nelle Scritture non mancano i riferimenti ad agnelli sacrificali, a sacrifici animali e persino Gesù viene identificato nell'uomo profetizzato da Isaia che "Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca, era come agnello condotto al macello" (Is 53,7), ma nulla indica che un cristiano per potersi definire tale debba mangiare agnello a Pasqua o in qualunque altro giorno dell'anno.
Già nel 2007 Papa Benedetto XVI, nel corso dell'omelia in Coena Domini, aveva spiegato come Gesù stesso scelse di non mangiare l'agnello a Pasqua e ricordato che per i cristiani è Lui l'unico Agnello che può redimere l'umanità.

Questo detto, resta naturalmente la libertà individuale di portare sulle propria tavola ciò che più ci aggrada, in nome della tradizione o del semplice gusto personale: nulla vieta di mangiare sushi, involtini primavera, pizza o cous cous a Pasqua, ad esempio.
Io, quest'anno come già in passato, opterò per una Pasqua senza agnello in tavola, puntando su lasagne vegetariane coi carciofi e, naturalmente, uova da galline felici razzolanti all'aperto e bio. Gli spunti per ricette "amiche degli animali" non mancano di certo: la LAV, ad esempio, propone "Una Pasqua Buona", con ricette ispirate alla tradizione regionale italiana ma tutte rigorosamente cruelty free ed anche chi vegetariano non è per vocazione arriva ora a proporre ricette prive di carne e pesce; è, questo, il caso della catena Esselunga che, nel suo Da Noi del mese di marzo ha inserito sformatini di verdure in crosta di melanzane, soufflè di spinaci e caprino ed altre leccornie, arrivando persino  a "La nostra Pasqua veg", con lasagne di pane carasau con ragù di broccoli e crema allo zafferano.

(Se volete, potete leggere questo interessante articolo: "Ma i cristiani devono essere vegetariani?")

venerdì 18 marzo 2016

Là dove muore il Lura

Il 22 marzo ricorre la Giornata Mondiale dell'Acqua. In quell'occasione un po' ovunque si parla - e si straparla - dell'importanza basilare che questo elemento riveste nell'equilibrio naturale e, lo si voglia o meno, nella vita umana.
A zonzo per Saronno, ho pensato di andare a fare quattro passi nel Parco Lura, area protetta d'interesse sovraccomunale che prende il nome dall'omonimo fiume che vi scorre, e questo è quanto ho visto (cliccate sulle foto per ingrandirle).




Sacchetti di plastica, teloni e coperte, scarti edili, rifiuti vari, persino cartelli divelti dal vicino percorso vita e gettati tra le acque del fiume che continua a scorrere. Ma se si tende l'orecchio il gorgogliare delle sue acque sembra un sommesso lamento: perché? Perché?

mercoledì 16 marzo 2016

Le cicogne non migrano più, restano in Europa

Una volta, le cicogne portavano i bambini. I pancioni che si gonfiavano nei mesi invernali, quasi per magia tornavano ad appiattirsi dopo che le cicogne, arrivando in primavera, portavano tanti neonati nelle case contadine ed i bambini, affascinati e incuriositi da questi racconti, riprendevano ad uscire nei campi dopo i rigori dell'inverno ed alzavano gli occhi al cielo, alla ricerca di questi uccelli migratori, scrutavano i comignoli delle case, certi di poter capire così chi sarebbe diventata mamma di lì a poco. 
Oggi le cicogne non portano più i bambini.
Nell'Europa opulenta, concentrata più sull'egoismo del possesso materiale che sulla genitorialità (con tutto ciò che questa comporta, anche grazie all'assenza di politiche a sostegno della famiglia), aumentano le discariche e diminuiscono le nascite. E le cicogne non migrano più
La cicogna opportunista come i gabbiani: approfitta degli
scarti umani. Più facile e sicuro che dedicarsi alla caccia.
Fin dalla fine degli anni '80 un numero sempre crescente di cicogne bianche (Ciconia ciconia) ha smesso di affrontare l'annuale traversata del Mediterraneo verso l'Africa, rimanendo anche nei mesi invernali in Spagna e Portogallo, Paese in cui la popolazione è cresciuta di oltre dieci volte nel volgere di vent'anni e dove si contano ormai 14.000 esemplari, molti dei quali stanziali.

Un gruppo di ricercatori dell'Università dell'East Anglia guidato da Aldina Franco ha dotato di GPS 48 cicogne bianche in Portogallo, in diverse zone dell'Alentejo e dell'Algarve, e ne ha monitorato gli spostamenti per due anni: "Abbiamo scoperto che le discariche consentono agli uccelli di utilizzare i nidi durante tutto l'anno, un comportamento nuovo che si è sviluppato in anni recenti. Questa strategia dà agli esemplari stanziali la possibilità di scegliere i nidi meglio posizionati in relazione a dove trovano cibo, soprattutto durante i mesi invernali quando le risorse naturali scarseggiano".
Marabù minori all'interno di una discarica indiana. 
I cambiamenti climatici ed il riscaldamento globale possono giocare un ruolo in questo mutamento nei comportamenti delle cicogne bianche, ma i ricercatori britannici e portoghesi le cui osservazioni sono state pubblicate sulla rivista Movement Ecology non sembrano avere dubbi: le discariche, con la conseguente presenza di cibo, sono ciò che trattiene le cicogne in Europa. 
Questi animali, dunque, sembrano voler imitare lo stile di vita già intrapreso dal "cugino", sempre appartenente alla famiglia Ciconiidae, marabù minore (Leptoptilos javanicus), il quale già da molti anni integra l'alimentazione a base di rane, insetti e roditori con i costanti banchetti a base di junk food offerti dalle discariche indiane.

Vegetariani? No, reducetariani. La nuova frontiera del mangiar sano

Pare che siano molti i vegetariani ed i vegani che ci ripensano: secondo una recente indagine dello Human Research Council (HRC), oltre l'80% di chi decide di dire addio a carne, latticini e derivati torna sui propri passi entro un anno. 
Io - chi mi segue da più tempo lo sa - mi sono sempre definita "quasi vegetariana" o anche "vegetariana sociale", nel senso che a casa mia cucino quel che mi pare, ma quando sono ospite mangio quello che mi viene messo nel piatto cercando di non fare la rompiballe. 
Il mio atteggiamento, talvolta criticato e persino visto come atto di alto tradimento da alcune frange più estremiste dell'alimentazione cruelty free, trova ora nobilitazione dal fatto di essere stato copiato non solo da moltissimi "carnivori di ritorno", ma da grandi nomi del mondo dello spettacolo.
Ebbene sì, signore e signori, non chiamateci più voltafaccia: siamo reducetariani!

I motivi possono essere molti: vuoi perché non si vive di solo tofu, vuoi perché è difficile resistere alle tentazioni della carne (insaccata o alla brace), fatto sta che anche la ex vegana Natalie Portman - la Padme di "Star Wars", la Evey di "V per Vendetta" - ha fatto marcia indietro ed abbracciato il neonato reducetarianesimo, così come pure Anne Hathaway - protagonista di "Pretty Princess", "Il diavolo veste Prada" e "Interstellar" - e tra i sostenitori di questa "nuova" alimentazione c'è persino lo chef vip e pluristellato Michelin Alain Ducasse, che ha dato un deciso taglio a carne e pesce nel menù del suo ristorante parigino.
Meno proteine di origine animale nell'alimentazione, dunque, ma di maggior qualità: questo stile alimentare, infatti, predilige i prodotti della filiera corta, i bio, i Km0. All'insegna del "poco ma buono".

La "sfida" iniziale, per chi vuole intraprendere la via del reducetarianesimo, consiste nel ridurre il consumo di carne per 30 giorni (ridurre, badate bene, non eliminare; cosa che tranquillizza subito gli amanti dello spiedino, gli irriducibili della braciola). La semplicità di questo "nuovo" regime alimentare è uno dei punti che, secondo il suo ideatore, ne dovrebbe garantire il successo. 
E, sempre secondo Brian Kateman, anche l'ambiente beneficerebbe molto di questa scelta: vegetariani meno intransigenti, vegetariani part-time se volete, ma per periodi di tempo sensibilmente più lunghi rispetto ai dodici mesi entro i quali vacillano gli estremisti ed anche in numero maggiore, attratti dalla semplicità di poter seguire questo stile di vita, che non nega né rinnega la bistecca. 

Io, come sempre incurante delle mode, vado avanti per la mia strada. Ma magari mi atteggerò anche un po': in fondo, sono una delle più antiche e convinte reducetariane... 

martedì 15 marzo 2016

Adinolfi contro Kung Fu Panda: inculca la teoria gender

Kung Fu Panda: un pericolo per i bambini?
Il sospetto è che possa trattarsi di un'astuta trovata pubblicitaria, ma tant'è: il giornalista e politico Mario Adinolfi avrebbe affermato che Kung Fu Panda fa il lavaggio del cervello ai bambini, insinuando nelle loro menti la teoria gender. Perché? Perché Po, il protagonista, ha due papà, uno biologico ed uno adottivo. 
Ora, se si tratti di trovata pubblicitaria a favore del film, il cui terzo episodio esce a marzo in Italia, o a favore di Adinolfi, candidato a sindaco di Roma per il Popolo della Famiglia (lui, sposato, divorziato e risposato), resta da capirlo, ma nel frattempo su Twitter impazza la bufera.

Nel mentre a me sono tornati alla mente i ricordi dei tanti cartoni animati giapponesi mandati in onda in Italia "in tempi non sospetti", quando parole come gay e gender non erano nemmeno immaginabili e si capiva che il finocchio di cui altri parlavano non era l'ortaggio solo perché veniva nominato a bassa voce.
Ero piccola quando, all'interno di "Bim Bum Bam", Lady Oscar, nata femmina, era costretta a vivere come un maschio, reprimendo la propria natura e, più o meno negli stessi anni, scorrevano sullo schermo le vicende della bionda Georgie, trovatella australiana che si sollazzava ampiamente con entrambi i fratelli adottivi oltre che con il nobile Lowell.
Su un diverso canale - mi pare fosse Antenna Tre, ma potrei sbagliarmi - andavano in onda le puntate di Lamù, diavolessa spaziale molto poco vestita. E che dire dei Puffi e del loro ridente villaggio (realizzato peraltro utilizzando funghi allucinogeni, l'amanita muscaria), in cui una sola femmina era attorniata da un centinaio di omini blu? Erano gli anni '80; gli stessi di cartoni animati dalla profonda valenza educativa come "L'Uomo Tigre", "Ken il guerriero" e dei primi robottoni, come il mitico Mazinga Z e la sua compagna d'avventure Afrodite A (che sparava le tette).
Tra ladri, inseguimenti, sparatorie e nudi della procace Fujiko, come non citare poi Lupin III?
Tutte cose, queste, che, viste a 5, 7 o 10 anni non fanno grande impressione e che solo una volta diventati adulti possono essere rilette sotto una lente completamente diversa.
Perché quando si è bambini al sesso ed alla violenza nemmeno ci pensi, non li conosci, a meno che non ci sia un adulto a farteli conoscere. 

In termini di "pericolosità sociale", insomma, credo che Kung Fu Panda sia paragonabile a tonnellate di cartoni animati, fumetti e persino favole e fiabe che l'hanno preceduto.  
Le fiabe dei fratelli Grimm, ad esempio, spesso riprese e "addolcite" dalla Disney, sono in realtà molto cruente.
Biancaneve, dopo aver convinto il cacciatore a lasciarla in vita, sfugge ad altri due tentativi di omicidio orditi dalla perfida ed invidiosa matrigna prima di cadere addormentata a causa della mela avvelenata. La morale della narrazione appare evidente: non bisogna dare retta agli sconosciuti (Biancaneve rischia la vita per aver creduto alla matrigna, camuffatasi da merciaia) né lasciare che entrino in casa. Secondo alcune fonti, pare che la versione più antica del racconto prevedesse che fosse la madre biologica ad essere invidiosa della figlia fino a desiderarne la morte ed alcuni studiosi sollevano ipotesi di necrofilia per il principe, dal momento che a ridestare la fanciulla dal suo sonno, creduto mortale dal nobile d'azzurro vestito, non è un romantico bacio ma un inciampo di servitori maldestri.
La matrigna, dal canto suo, viene costretta ad indossare scarpe arroventate e con queste danzare al matrimonio della figlia con il principe sino a cadere morta. Un racconto ben diverso da quello che si pensa comunemente, insomma.
E, comunque, anche nella sua versione "ripulita", come si può considerare una giovane ragazza che convive con non uno, non due, ma sette uomini con i quali non ha legami di parentela?

Hänsel e Gretel durante una terribile carestia vengono condotti dai genitori nel bosco con la scusa di far legna e lì abbandonati su insistenza della madre, fredda e calcolatrice, desiderosa di salvare se stessa invece dei figli. L'ingegno dei bambini, che avevano disseminato il sentiero di pietre bianche, consente loro di ritrovare la via di casa, ma la madre non demorde dal proprio intento ed il giorno seguente convince il marito a portare nuovamente i piccoli nel folto della foresta.
Il bosco, luogo dello smarrimento (i sassolini bianchi non c'erano più e gli uccelli avevano mangiato le briciole del preziosissimo pane disseminate lungo il cammino), rivela però anche la sorpresa salvifica: una casetta interamente fatta di dolci. Ed è ancora una volta l'ingegno a consentire ai bambini di sfuggire alle grinfie della cattiva strega antropofaga e di far ritorno a casa, arricchitisi con i gioielli della vecchia che li aveva presi prigionieri dopo che l'ebbero bruciata nel forno. 
Care ragazze, attente al Lupo cattivo... 
Cappuccetto Rosso, nella sua versione più antica a noi nota di Charles Perrault (fine 1600), non ha un lieto fine; la ragazzina viene divorata dal lupo cattivo e, come se non bastasse, l'autore termina il racconto con un vero e proprio ammonimento: "Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena. Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n'è un tipo dall'apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose!".
Lupo, dunque, non inteso necessariamente come il quadrupede tanto diffuso all'epoca nei boschi europei, ma identificato nel ben più temibile bipede "mite, servizievole e gentile" che può insidiare la virtù delle "giovinette carine, cortesi e di buona famiglia".
E potrei continuare con esempi per ore (se lo desiderate, da qui parte l'articolata cronologia dei miei tweet in merito)!

Da sempre i racconti servono, prima ancora che ad intrattenere, ad educare: le favole di Esopo (VI sec. a. C.) terminavano molto spesso con le parole ο λόγος δηλοι ότι (= il racconto insegna che) e fin da quei tempi remoti l'intento pedagogico è evidente. Ci sono sempre lezioni da trarre. Lezioni che i bambini è bene apprendano per diventare adulti consapevoli e giudiziosi.
Nel corso dei millenni, sono cambiati i supporti, si è passati dalla trasmissione orale a quella scritta, sino alla multimediale, ma, oggi come allora, il pericolo non sta nelle favole, nelle fiabe o nei film d'animazione, bensì nell'impossibilità - o peggio ancora nel disinteresse - dei genitori nell'affiancare i figli fornendo loro spiegazioni educative.
Detto ciò, un'ultima considerazione circa Kung Fu Panda, il protagonista Po ed i suoi due papà: è evidente a chiunque abbia un minimo di buon senso che la teoria gender non c'entra niente, dal momento che il papà biologico e quello adottivo non hanno tra loro alcun legame. Non sono fidanzati, non convivono, non sognano di sposarsi. Sono, semplicemente, un papà panda che ha avuto un figlio insieme ad una mamma panda (senza nemmeno la procreazione assistita, cui spesso si fa ricorso nella realtà per i panda veri!) e che ha dovuto separarsene in circostanze drammatiche, per cercare di salvarlo, ed un papà adottivo anatra, single, che si è preso cura del cucciolo di panda e l'ha cresciuto. Come milioni di genitori adottivi nel mondo. Punto.

lunedì 14 marzo 2016

Baci di contrabbando tra il Lago di Como e la Brianza

La guerra è finita e il mondo sta cambiando. Anche in Brianza, dove sembrava che nulla potesse scuotere le esistenze contadine scandite dallo scorrere delle stagioni, ora si inizia a vociferare di fabbriche che sorgeranno al posto dei campi e che porteranno guadagni sicuri e costanti, non più legati ai capricci delle grandinate, delle gelate improvvise o del sole impietoso.
Dalle sponde del Lago di Como continuano ad arrivare, ogni settimana, le donne di Lenno che recano il buon burro, il formaggio saporito, i misultin e, ben nascosti sotto le lunghe donne, pacchetti di sigarette di contrabbando dalla vicina Svizzera. Perché la vita, tra gli alpeggi montani e le acque incostanti del lago, è dura e le donne comasche hanno coraggio e fiuto per gli affari che le portano a tentare strade diverse per far quadrare i conti di casa. 

Le donne brianzole attendono con ansia l'arrivo delle donne del lago, che portano buon cibo e contrattano sul prezzo, ma altrettanto ansiosamente attendono i giovani al lavoro nelle fattorie, speranzosi di cogliere un istante di nudità quando le ragazze sollevano le gonne per poter levare i pacchetti di sigarette. Alfredo, detto Fredu, è uno di questi ragazzi: un giovane contadino molto sveglio, il minore dei figli del regiu, e tra lui e la laghera Bice è subito amore. Un amore che, nonostante la giovane età e le idee delle rispettive famiglie, convinte che si trattasse solo di una cotta passeggera, durerà a lungo e detterà le scelte delle rispettive vite. 

Il racconto scorre via piacevole e veloce: acquistato il libro presso la storica e bella libreria "Rita Andreoli Mandelli" di via Rovelli a Como, lo si può leggere tutto d'un fiato in treno prima di arrivare a Milano Cadorna (e non a causa dei ritardi di Trenord).

Titolo: Baci di contrabbando
Autore: Emilio Magni
Editore: Dominioni
Anno di edizione: 2015

sabato 12 marzo 2016

The Eagle, il riscatto dell'onore romano in Britannia

C'è l'onore di Roma da salvare e c'è quello di una famiglia che deve essere mondato dall'onta della disfatta, dal sospetto del tradimento. 
Nel 140 d.C. Marcus Aquila (Channing Tatum) giunge in Britannia, giovane comandante al suo primo importante incarico contro i barbari di quelle terre al confine dell'Impero; sulle sue spalle grava il fardello lasciatogli in eredità dal padre, comandante della Nona Legione, i cui 5000 uomini non hanno mai fatto ritorno da quelle terre, scomparsi come l'aquila di bronzo vessillo imperiale. Nonostante la giovane età, il condottiero ha ben chiaro quale sia il suo compito, che sente come un dovere ed una missione sin dall'infanzia: ristabilire la gloriosa supremazia di Roma e riscattare l'onore della sua famiglia.

Ferito in battaglia e ritornato a Roma, rifiuta di dedicarsi ad una vita di agiatezze e, rimasto impressionato dall'orgoglio mostrato dal prigioniero britannico Esca (Jamie Bell) nell'arena, decide di acquistarlo e di farne suo schiavo; con lui farà ritorno in quelle lontane terre all'estremo confine dell'Impero, varcherà il Vallo di Adriano e proseguirà ancora, alla ricerca dell'aquila che è parte del suo destino. 
Film del 2011 basato sul racconto pubblicato nel 1954 da Rosemary Sutcliff e subito divenuto un best seller, "The Eagle" ripercorre una vicenda mai interamente chiarita della Storia: la Nona Legione, in effetti, andò in Britannia e da lì "scomparve", ma pare vi sia ben poco di epico e di misterioso in tutto ciò, dal momento che diversi studiosi ritengono che, semplicemente, venne trasferita in Medio Oriente dove, poco prima del 160 d. C. , fu sconfitta dai Persiani. 
Circostanza piuttosto verosimile, dal momento che il governo imperiale stanziava l'esercito laddove maggiormente serviva e che, in verità, le isole britanniche non rappresentarono sempre un punto di grande attrattiva per Roma, vuoi per l'estrema distanza dal cuore dell'Impero, vuoi per il carattere decisamente poco incline alla sottomissione dei nativi (ricordate, ad esempio, la rivolta di Budicca?).

Esca al villaggio degli Uomini Foca. Britanni brutti, sporchi
e cattivi: una rappresentazione che cozza con la storia.
Gli Highlanders, abitanti delle Terre Alte nominate anche nel film, assimilati agli odierni Scozzesi, hanno ad esempio sempre dato grattacapi a Roma, ciò non di meno la disfatta subita dai diversi manipoli di guerrieri autoctoni delle isole britanniche ad opera delle legioni romane, capaci di contrapporre una macchina militare perfettamente organizzata e ben oliata a gruppi di combattenti appartenenti a diverse tribù incapaci di coalizzarsi e combattere unite, portò a più riprese i "barbari" a scegliere la via dell'alleanza piuttosto che quella dello scontro. Tanto che, a sud del Vallo di Adriano, non mancavano certo le famiglie nate dall'unione di Britanni e Romani. 
E - scusate, ma la storica che è in me leva il suo grido di dolore - nessun romano, probabilmente neppure sotto l'effetto dell'alcol, avrebbe mai ammonito i viaggiatori asserendo che al di là del Vallo di Adriano il mondo finiva! Oltre il muro, fatto costruire forse più per impegnare i romani annoiati che non per reale scopo difensivo data la sua altezza, vi erano popolazioni, insediamenti e, pare ovvio, vie di comunicazione ben note tanto ai nativi quanto ai romani. Qui invece Marcus ed Asca si lanciano verso terre ignote ed incontaminate - di bellezza eccezionale, e quello di aver trovato location paradisiache è un merito che va riconosciuto al film - completamente prive persino del più elementare sentiero in terra battuta.
L'accuratezza storica, comunque, non è fulcro della narrazione che si basa, appunto, su di un romanzo e non su fatti accertati; dato, questo, da tener presente anche quando sullo schermo fanno la loro comparsa gli incivili, arretrati e quasi bestiali guerrieri autoctoni Uomini Foca. Oggi, in realtà, rinvenimenti storici e persino archeologici stanno riscrivendo ciò che si pensava di sapere circa le diverse popolazioni celtiche, dimostrando che queste erano progredite e ben organizzate, sebbene in modo sensibilmente diverso rispetto ai Romani (i quali, non va dimenticato, scrissero le loro cronache in qualità di nemici o di conquistatori e, comunque, sempre dal loro punto di vista).

Testudo romana vs asce celtiche, la battaglia dell'immaginario.
Analizzato sotto la lente specifica dell'arte marziale*, "The Eagle" offre diverse scene d'azione, sia in termini di battaglia tra eserciti rivali sia in quelli di scontro corpo a corpo ed in entrambi i casi queste risultano apprezzabili. Non abbiamo, qui, il racconto epico già visto in "300" eppure le scene hanno una loro spiccata fisicità e ben si collocano all'interno della narrazione, in modo molto bilanciato: non vi sono spargimenti di sangue eccessivi e, al contempo, la durezza della battaglia non viene addolcita né edulcorata. 
Sul fronte romano compaiono - potrebbe essere altrimenti? - il quadrato e la testuggine, mentre i Britanni attaccano con spade, ma anche con le note asce da battaglia tanto diffuse nell'immaginario collettivo (sebbene le tombe dei guerrieri celti, da quelle della cultura di La Tène in poi, paiono dimostrare con evidenze archeologiche che le asce fossero molto meno utilizzate rispetto a spade e lance).

A dispetto di quello che potrebbe indurre a pensare la mia analisi storica, il film mi è molto piaciuto. Perché ad affascinare è il racconto in sé, l'attesa di un riscatto morale, la sete di onore, il riconoscimento del valore che supera le barriere sociali e culturali. Se potete, insomma, mettete a tacere lo studioso di storia che è in voi e godetevi un racconto avvincente e ben realizzato, ambientato peraltro in luoghi dalla bellezza sorprendente.

* Ricordate: in ambito di film e serie tv parlo di arti marziali intendendole nel loro significato di arte del combattimento, l'ars pugnandi di romana memoria, e non di discipline marziali specifiche e codificate.

mercoledì 9 marzo 2016

T'Ienshu, incontro annuale a San Severo

La consegna dei diplomi a termine stage.
Non c'è niente da fare: il T'Ienshu, quello vero, andrebbe somministrato in farmacia come anti depressivo, vista la carica di endorfine che offre. Se già mi capita piuttosto spesso di uscire di casa svogliata e stanca e di rincasare dopo gli allenamenti completamente gasata e soddisfatta, mi sembra inutile dire quale effetto sortisca l'annuale trasferta a San Severo, "casa" del T'Ienshu, sede della Scuola Centrale. E' qui che avviene la formazione riservata ad aspiranti Istruttori, Istruttori e Maestri; sorta di "master" cui possono accedere soltanto coloro che hanno già raggiunto un certo grado di preparazione e che, di conseguenza, verte su tematiche di spessore. 

Quest'anno, nello specifico, al termine della due giorni di stage sotto la guida del Maestro Caposcuola, è avvenuta la consegna dei diplomi d'iscrizione all'albo nazionale ASI - CONI degli Istruttori e Maestri di questa disciplina, tra i quali ho l'onore di essere annoverata. 
Si tratta di un riconoscimento importante, non tanto per noi che l'abbiamo ottenuto quanto per i nostri allievi, che hanno ora l'assoluta certezza di essere formati da personale competente e qualificato, riconosciuto sull'intero territorio nazionale. 

Allenarsi dopo una colazione così rasenta il tentato suicidio.
Ma è impossibile resistere!
Al di là del riconoscimento ufficiale c'è la soddisfazione di aver praticato per due giorni - seppur con la stanchezza dovuta al viaggio, 1600 Km in un fine settimana non sono una bazzecola - insieme a persone che sono appassionate di questa disciplina e, ovviamente, insieme al Maestro Caposcuola, inesauribile fonte cui abbiamo la fortuna di poter attingere. 
Poi... va beh, ci sono altri... definiamoli incentivi, tipo quello della colazione sanseverese... 

A fine pranzo... foto di gruppo con torta a tema!
A chiusura di questo incontro nazionale non poteva mancare un bel pranzo in compagnia, momento conviviale che ha visto riuniti attorno al tavolo il Maestro Caposcuola ed i praticanti provenienti dalla Lombardia e dalla Valle d'Aosta, oltre naturalmente ai "padroni di casa" di San Severo, che ci hanno riservato come sempre un'ottima accoglienza. Un momento di relax e di convivialità piacevolissimo, che ricorderò con gioia fino a quando non ci incontreremo di nuovo, questa volta a "casa nostra", a Saronno.


martedì 8 marzo 2016

Festa delle donne... T'Ienshu

Nella giornata della Festa della Donna, il mio pensiero va alle amiche e compagne di tatami, alle donne che con me condividono le sudate e le risate, l'impegno ma anche il divertimento. Alle donne che nel T'Ienshu trovano il tempo e lo spazio da dedicare a loro stesse, per crescere, migliorare, o anche solo per distrarsi per un'ora dopo una giornata infernale.
A loro, a noi: auguri!

giovedì 3 marzo 2016

La ricerca scientifica sull'inutilità delle arti marziali

La scienza è la nuova magia. 
Se nel Medioevo il volgo si lasciava incantare dai giochi di prestigio di sedicenti maghi, oggi basta leggere o sentire le parole "ricerca scientifica" per cadere in uno stato di totale fascinazione.

"Sai, ho sentito che secondo una ricerca scientifica...": quante conversazioni - e persino quante discussioni - hanno origine da queste parole? 
Una recente "ricerca scientifica", condotta dalla RMCAT (Rocky Mountain Combat Application Training) avrebbe dimostrato che le arti marziali sono inutili in caso di aggressione da strada e l'avrebbe fatto prendendo in analisi Istruttori e Maestri di differenti discipline, mica praticanti di primo pelo.

Io ho frugato un po' in internet, ma purtroppo non ho trovato traccia di questa fantomatica "ricerca scientifica", perciò devo basarmi a mia volta soltanto sul "sentito dire" che, già di per sé, di scientifico non ha nulla. 
Prendendo per buono quanto mi è stato raccontato, un numero (non precisato) di Istruttori e Maestri di arti marziali (non meglio specificate) avrebbe accettato di mettersi a disposizione della RMCAT per questo studio. I volontari, all'interno di una stanza resa disponibile dalla RMCAT, venivano aggrediti uno alla volta, prima verbalmente e poi fisicamente, da un "picchiatore da strada". L'aggressore indossava una maschera, per non essere riconoscibile, e protezioni su tutto il corpo, così che i marzialisti non si sentissero inibiti nelle loro reazioni.
Gli "esperti di arti marziali" avrebbero dovuto rimanere impassibili ad insulti e minacce verbali, reagendo solo quando il "picchiatore da strada" avesse attaccato fisicamente. 

Sempre stando al "sentito dire", l'esito dello "studio scientifico" sarebbe stato nefasto: Istruttori e Maestri delle più differenti arti marziali non avrebbero saputo gestire la pressione psicologica e sarebbero stati sopraffatti dal picchiatore. 

Ora: ammesso e non concesso che le cose siano andate realmente così, ci sarebbero alcuni punti che mi farebbero dubitare della validità scientifica di questo test.
1) Tanto per cominciare, è evidente che si tratta di un test dalla forte componente psicologica. E la psicologia non è una scienza esatta: sono troppe le variabili in gioco, a cominciare dall'unicità che caratterizza ciascun essere umano, sia esso praticante di arti marziali o meno. Non si può ricondurre il comportamento di un individuo ad un monolitico 2 + 2 = 4 perché, semplicemente, le variabili che possono condurre a questo "4" sono, in ambito psicologico, tendenti all'infinito.
2) Se devo confrontarmi con un picchiatore da strada... gradirei trovarmi per strada. Non in una stanza o in palestra. Questo sempre per quanto attiene all'aspetto psicologico: chi pratica arti marziali, soprattutto se lo fa da anni (e si presume sia questo il caso di Istruttori e Maestri), sa che in palestra ci sono regole da rispettare, come ad esempio quelle di non colpire realmente agli occhi o ai genitali. All'interno di una palestra non ci sono aggressori, ci sono compagni di allenamento. Si tratta di un condizionamento psicologico che, ripetuto negli anni, porta davvero a far sì che l'ambiente condizioni la reazione.
3) Ho visionato diversi video su Youtube, anche presi da videocamere di sorveglianza, e mai il picchiatore da strada, indossava una maschera (tutt'al più il casco da motociclista, che, però, non a caso ha un impatto psicologico diverso). Anche in questo caso, infatti, entra in gioco la psicologia: la comunicazione non verbale - e l'espressione del viso comunica moltissimo! - mi predispone a reagire in un determinato modo perché, prima ancora che vengano pronunciate delle parole, posso intuire le intenzioni di chi mi sta davanti. Il fatto che il picchiatore da strada non fosse per strada e non comunicasse, se non verbalmente, le proprie intenzioni sono a parer mio elementi che possono falsare molto l'esito dell'esperimento.
Allo stesso modo, le protezioni ben in vista riportano subito il praticante di arti marziali alla sfera dell'"ok ci si allena, ha le protezioni, siamo in palestra, dai che giochiamo", per quanto inconsciamente possa avvenire questa associazione d'idee. 
4) Avete mai sentito di un aggressore che desse il preavviso? "Ehi, scusa, se non ti dispiace io prima di direi un paio di parolacce e poi passerei a spintonarti e, se non reagisci, magari ti tiro un pugno"...
In questo test, infatti, tutti sapevano tutto, con buona pace dell'effetto sorpresa. Gli "aggrediti" sapevano per filo e per segno cosa sarebbe avvenuto all'interno di quella stanza, non era un mistero ciò che avrebbero trovato né cosa sarebbe accaduto. Sul serio: se anche avessero reagito riempiendo di botte il finto aggressore, quanto sarebbe stato veritiero il risultato ottenuto?

In ultima analisi: in questa "ricerca scientifica" sull'efficacia delle arti marziali nell'autodifesa, così come mi è stata riportata, trovo molto poco di scientifico. Incluso il fatto che non vi siano risultati pubblicati, visionabili ed eventualmente confutabili. Insomma: dalla scienza alla magia dell'aria fritta.

P.S. Naturalmente invito chiunque trovasse la pubblicazione di questa ricerca a segnalarmela: sono pronta a rivedere le mie posizioni in merito. 

mercoledì 2 marzo 2016

T'Ienshu a San Severo

Sto cercando di prepararmi psicologicamente per la trasferta che, nel fine settimana, mi vedrà impegnata in Puglia, a San Severo, in molteplici incontri di T'Ienshu con il Maestro Caposcuola della disciplina e, naturalmente, al fianco di molti praticanti delle diverse scuole.

Come da tradizione ormai consolidata, gli appuntamenti in calendario per San Severo sono riservati soltanto Aspiranti Istruttori, Istruttori e Maestri.
Si tratta, dunque, di un privilegio per me poter accedere a questi incontri, che sono sempre occasione di grande arricchimento.
Quest'anno sto vivendo l'attesa della partenza con uno spirito particolare, non determinato dal T'Ienshu ma che comunque si ripercuote su di esso e sulla mia pratica. Speriamo bene... Vi terrò aggiornati. 

martedì 1 marzo 2016

Voglio il papà!

Quadro di Leonid Afremov
Lunedì 29 febbraio pioveva. Forte. Al mattino, tutto era grigio e faceva piuttosto freddo. Come se tutto l'invero, peraltro mite ed ormai alla fine, avesse voluto concentrarsi in quell'unica giornata che esiste solo una volta ogni quattro anni.
Mentre camminavo sotto la pioggia battente ho incrociato diversi genitori che accompagnavano i bambini alla vicina scuola materna. Per lo più erano mamme. 
Una teneva per mano una bimbetta dai lunghi boccoli biondi e nell'altra l'ombrello, mentre parlava in viva voce al cellulare, passo spedito, trascinando un po' dietro di sé la piccola col suo ombrellino colorato. Un'altra, borsa a tracolla, ombrello giallo e bambino imbronciato con zainetto delle Tartarughe Ninja in mano, era parecchio irritata: "Adesso basta coi capricci, hai capito?". Una terza, ferma in mezzo alla via, accosciata davanti al piccolo dalla parlantina incontenibile, gli sistemava la mantellina dicendo: "Copriti bene, se no ti ammali" mentre il bimbetto continuava a raccontare qualcosa che non ho compreso, passando anch'io veloce sotto la pioggia, ma che doveva essere molto avvincente e d'importanza capitale per lui.
Poi, il papà. Uno che non correva. Il bambino, la manina stretta nella sua mano, saltava contento come un grillo nelle pozzanghere e, quando li ho incrociati, ho sentito che lui, il papà, cantava (peraltro bene, era intonato) "Pieno di vita" di Jovanotti.
Fossi stata una bambina, ho pensato, avrei fatto carte false per essere accompagnata all'asilo da questo papà!

Alt! Fermi tutti! Non sto affatto dicendo che i papà sono meglio delle mamme! Le mamme che lavorano e che devono farsi in quattro per mandare avanti carriera e famiglia al tempo stesso, le mamme con mille incombenze da sbrigare e che devono anche accompagnare a scuola figli svogliati e piagnucolosi, le mamme che si preoccupano che il loro piccolino non si ammali e quelle che pensano: "Bella forza, ti credo che lui canta, tanto poi i vestiti sporchi di fango, suoi e del bambino, mica li lava e li stira lui!"... Quelle mamme qui, e tante tante altre mamme, hanno tutta la mia comprensione e stima, perché mica dev'essere impresa facile. 
Quello che sto dicendo, semplicemente, è che, in una piovosa e grigia mattina di fine inverno, un bambino è andato a scuola tutto contento, perché lungo la strada cantava e saltava insieme al suo papà. 

P.S. Poi, quando mi sono messa a scrivere questo post, ho cercato il video di "Pieno di vita" e mi sono venuti un po' i brividi. E non è stata colpa del freddo né della pioggia.