Scendendo dal treno alla stazione di Milano Cadorna, la prima cosa che si nota è che Milano è una città talmente viva e vivace da sembrare schizofrenica. Individui di ogni forma e colore che corrono nelle più disparate direzioni, tutti indaffarati all'ennesima potenza, tanto che c'è da sentirsi in colpa se ci si limita a camminare e, nel frattempo, non si manda un sms con un telefono e non si intrattiene una conversazione con un cliente di Tokio con un altro.
E' una bella giornata, c'è il sole e non fa nemmeno tanto freddo, così per raggiungere la mia meta - piazza Duomo - decido di non prendere la metropolitana ma di andare a piedi; a questo punto, devo chiedere informazioni su che direzione prendere. Esordisco con un "Buongiorno, mi scusi…" ad una signora, impeccabile in tailleur scuro e valigetta da donna in carriera, ferma accanto a me al semaforo pedonale, che però non mi degna di uno sguardo e schizza via con piglio deciso appena scatta il verde. Mi va meglio poco dopo, con un paio di ragazze probabilmente in bigiata da scuola, che mi rispondono gentili.
Dopo qualche centinaio di metri percorso diligentemente seguendo le loro indicazioni ("Sempre dritto") ho così modo di scoprire una cosa importante circa Milano e i milanesi: questa città è vivace e spumeggiante, sempre di corsa e in fermento, così anche le indicazioni stradali e le comunicazioni in genere si adeguano, si contraggono, si elidono, vanno dritte al punto. E così "Vada a destra, poi prenda a sinistra, poi ancora a destra verso Foro Buonaparte, poi segua la piazza tenendo la sinistra..." diventa un "Sempre dritto". Impressione confermata anche dalle successive persone alle quali ho chiesto lumi, che immancabilmente mi rispondevano decise: "Sempre dritto!".
E così, visto che per me "sempre dritto" significa solo mettere un piede davanti all'altro muovendomi per quanto possibile in linea retta, invece che in piazza Duomo, mi ritrovo in via Giulini, passando davanti ad una manifestazione di protesta da un lato ed alla chiesa russa ortodossa dall'altro.
Manifestanti davanti alle Generali Assicurazioni
La chiesa ortodossa russa
Alla fine, comunque, riesco a raggiungere piazza Duomo e, manco a dirlo, anche qui è tutto un fermento: si sta lavorando per posizionare il mastodontico albero di Natale in piazza.
E' ancora piuttosto presto, così mi concedo un giretto nella poco distante Galleria Vittorio Emanuele II, tappa irrinunciabile per ogni turista che si rispetti: realizzata a partire dal 1865 sui disegni del giovane architetto Giuseppe Mengoni, la Galleria si ispira alle opere che in quegli anni avevano destato clamore in Europa coniugando le nuove tecnologie con il gusto estetico, come il celebre Crystal Palace di Londra.
Abbassando lo sguardo e distogliendo l'attenzione dalle vetrine dei negozi da VIP, ecco un paio di sorprese: un gruppo di restauratori è indaffarato sul magnifico mosaico dell'Ottagono...
… E il toro, simbolo della città di Torino, sulle cui palle bisogna compiere tre giri per assicurarsi la buona sorte, è incredibilmente sprovvisto degli attributi portafortuna, soggetti a manutenzione!
Il toro… senza palle!
Impossibile, a questo punto, resistere alla tentazione glamour di andare a curiosare all'interno de La Rinascente. Oggi grande magazzino per clientela in grado di concedersi costosi sfizi, anche questa struttura vanta una storia di tutto rispetto: aperta nel 1877, sull'esempio di altri grandi magazzini che stavano affascinando l'Europa d'oltralpe, imponendo un nuovo modo di intendere il "fare la spesa", venne completamente distrutta da un incendio e fu Gabriele Dannunzio a darle il nome La Rinascente, una volta ricostruita. Alla sua rinascita contribuirono diversi artisti ed è oggi un megastore che ospita le grandi firme della moda internazionale, da Ralph Lauren a Valentino, da Armani ad Alexander McQueen, passando per Miu Miu, Hugo Boss, Calvin Klein e Burberry, giusto per citarne alcuni.
Al suo interno, complici i sapienti allestimenti progettati da architetti di indubbia fama, ci si sente bene, a proprio agio nonostante gli inquietanti 0 che occhieggiano dai cartellini dei capi esposti. La sensazione che ho vissuto è paragonabile a quella di Audry Hepburn - Holly quando entra con Paul da Tiffany: un luogo… delizioso.
Ma adesso il tempo stringe ed è il caso di occuparsi di ciò per cui sono venuta a Milano: il Museo del '900 prima, il Museo della Scienza e della Tecnologia poi.
All'interno del primo non ho avuto modo nemmeno di estrarre il cellulare dalla tasca (le foto sono state tutte scattate col telefonino, quindi perdonerete la qualità non eccelsa delle immagini), ma è lì che trovate, insieme a molte altre opere del secolo appena trascorso, "Flessibilità" di Boccioni, il dipinto che ho messo in apertura di post.
Al Museo della Scienza e della Tecnologia, invece, sono riuscita a fare un paio di scatti: questa qui sotto è una parte della lunga galleria dedicata al genio di Leonardo Da Vinci.
E qui sotto trovate invece, direttamente dall'allestimento dedicato alle telecomunicazioni, gli avi dei nostri telefoni cellulari: alcuni di questi esemplari hanno 150 anni, come la nostra Italia!
Il museo è piacevole e a tratti sorprendente, offre numerose possibilità di "toccare con mano" le esposizioni così da poterne meglio comprendere il funzionamento ed è inoltre realizzato in modo tale da accontentare diversi tipi di pubblico, dai bambini agli specialisti delle scienze.