sabato 2 febbraio 2013

La spesa di casa tua: di qualità, ecologica e persino solidale ed economica

Mi è capitato, recentemente, di aver bisogno di un paio di limoni. Sono andata a fare la spesa all'Esselunga - dove, per la verità, mi reco piuttosto spesso, trovando che abbia un buon rapporto qualità/prezzo - e... sono tornata a casa senza limoni! Perchè io, italiana, mi sono rifiutata di acquistare un prodotto israeliano. Noi italiani, che abbiamo praticamente in casa la Sicilia e la sua favolosa produzione di agrumi, andiamo ad importare limoni da Israele?

Capisco che ananas, banane e papaje, cacao e caffè non si possano trovare in Italia se non d'importazione, ma trovo aberrante che sui banconi del "mio" supermercato compaiano limoni israeliani, olio d'oliva greco, mele sudamericane, pomodori olandesi... Pomodori olandesi?!? La prima volta che li ho visti, sempre all'Esselunga, ho avuto quasi un tracollo isterico. Ma porca miseria: siamo la patria della pizza con la pummarola 'n coppa e importiamo i pomodori dall'Olanda? Dove fa un freddo becco (temperature medie annue di 10°, fonte qui) e piove un giorno su due, dove questi poveretti hanno speranza di sopravvivenza solo in serra e dove chissà che ci buttano nel terreno per farli crescere? E loro, gli olandesi, che fanno, importano il formaggio Friesland dalla Valsassina? Ma per favore!

Ben inteso: il mercato è libero, in Europa, ed i prodotti viaggiano liberamente, quindi la grande distribuzione può scegliere quali prodotti acquistare e dove. Sono io, consumatrice, che mi rifiuto di acquistare dei pomodori olandesi - di cui alla fin fine pago più il trasporto che non il pomodoro in sè - quando in Puglia, Emilia Romagna, Lombardia (sì, persino Lombardia, terza produttrice nazionale secondo i dati del 2008!) e Campania abbiamo fior fior di produttori magari quasi ridotti alla miseria da questi accordi internazionali e tonnellate di Pachino e San Marzano vengono buttate al macero perchè non acquistate da ipermercati e supermercati. Io scelgo di comprare italiano. E non è detto che questa scelta mi porti a spendere di più perchè, come ha scritto Andrea Segrè nel suo "Lezioni di ecostile", "Se un chilo di pomodori che arrivano dalla Cina costa 1 euro e un chilo di Pachino, Sicilia, costa 2 euro, non devo prendere quelli di Pechino per risparmiare, ma mezzo chilo da Pachino".

A pensarla così, secondo Altroconsumo, siamo in tanti: "Un italiano su due vuole mangiare nostrano e questo è il motivo principale per cui cerca l'indicazione sull'origine - si legge nell'inchiesta relativa alle etichette del numero di gennaio 2013 - Ma questa informazione è ritenuta importante anche per motivi etici ("mi serve per non acquistare alimenti provenienti da Paesi con questioni aperte dal punto di vista etico", 52%), perchè ritenuta una garanzia di sicurezza dell'alimento ("mi aiuta a scartare cibi che penso possano essere meno sicuri", 46%), per fare scelte ecologiche ("cerco dove è fatto un prodotto per giudicarne l'impatto ambientale", 40%), per valutare in generale la sua qualità ("mi aiuta a giudicare la qualità del prodotto", 37%)".

Quindi comprare nostrano, a km 0 o comunque italiano, non solo si può ma è anche facile e potrebbe essere persino conveniente: è questa, ad esempio, la filosofia che anima "Buono e giusto", azienda di Olgiate Olona che offre un'ampia gamma di prodotti, sia freschi che conservati, "naturali, tipici e solidali". I produttori artigianali di "Buono e giusto" vengono pagati "il giusto" - come avviene coi produttori del mercato equo e solidale, quindi niente sfruttamento, solo che questi sono produttori lombardi invece che sudamericani o africani - e "il giusto" è anche quello che deve spendere il consumatore per avere un prodotto alimentare di qualità, a km 0 e di produzione artigianale.

Filosofia simile anima anche "La Spesa Amica", da cui ho tratto la bella cartina geografica della Lombardia che trovate qui sopra: prodotti locali, provenienti da piccoli produttori del territorio e che garantiscono alimenti biologici. La spesa viene consegnata direttamente a domicilio ogni settimana ed è possibile fare ordini via telefono, e-mail o... direttamente all'incaricato della consegna, come si faceva una volta con il garzone del fornaio o del macellaio.

4 commenti:

  1. Viviana questo post è da incorniciare!! E aggiungo "purtroppo", perchè quello che dici dovrebbe essere sacrosanto e normale per tutti, e invece il mondo va esattamente al contrario!! Bisognerebbe avere sempre il tempo e le energie per frequentare i mercati contadini (http://ortodigiada.blogspot.it/2013/01/i-mercati-contadini-dove-sono.html), scegliere prodotti a km zero (o per lo meno, come dici tu, italiani)... ma come si fa? E' davvero difficile. Qualche anno fa avevo letto che metà del latte che compriamo nei supermercati arriva... dall'Australia! Io lo trovo veramente assurdo... bisognerebbe cambiare tutto. Un abbraccio, buon weekend e coccole a Puxi (come mi piace questo nome!) e Pelpa!

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  2. Sono le regole del mercato: il KM 0 produce meno PIL.

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  3. io faccio come te: se compro la verdura al supermercato guardo da dove viene... perché comprare l'aglio spagnolo??? per esempio... e ho visto con orrore gente mettere nel carrelo delle confezioni di fragole!! a Gennaio!!!! enormi! ma possibile che queste persone non facciano funzionare il cervello???
    ora sto facendo una ricerca dei Punti di vendita diretta nei dintroni di casa mia, e per fortuna ce ne sono!!

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  4. @ Silvia, in effetti questo è un "lusso" che mi concedo da quando sono disoccupata: prima, con pochissimo tempo a disposizione, confesso che ero molto meno attenta agli acquisti, sebbene cercassi sempre di privilegiare i prodotti locali.

    @ Davide, non farmi Il Tristo della situazione! :-) Il Mercato ha dimostrato, drammaticamente direi, di essere più che fallace in molte occasioni.

    @ Mimì, ti ringrazio, passerò a curiosare da te!

    @ Vale, lo sai che su di te dubbi proprio non ne avevo?! Su certi argomenti, so che siamo in perfetta sintonia... Un bacione! :-*

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