giovedì 29 dicembre 2011

I biscotti delle feste



Questa fotografia è l'unica che mostra il vaso di biscotti ancora quasi pieno, ma è bastato il tempo di un click della macchina fotografica per vedere rimanere soltanto le briciole. I biscotti sono semplicissimi, di frolla, e accompagnano da anni i miei giorni di Avvento: li preparo prima che comincino le vacanze invernali, da condividere con amici e colleghi. Il loro costante successo, che si rinnova di anno in anno, mi convince sempre più di come sia vero il detto che le cose più buone sono anche le più semplici.

La pasta frolla è forse la preparazione di base più conosciuta e utilizzata non solo perchè davvero buona, ma anche facile facile da realizzare. Per preparare la vostra base per i biscotti potete seguire la ricetta proposta da Giallozafferano o da Viviana, o scovarne qualche altra versione su numerosi foodblogs; io uso la stessa della base per la crostata:
- 300 gr. di farina 00
- 100 gr. di zucchero
- 150 gr. di burro
- 1/2 bustina di lievito
- 3 uova (2 tuorli e uno intero)
e, in più, procuratevi della cannella in polvere e un agrume bio non trattato.

Lavoro rigorosamente a mano, nel modo più veloce possibile, lo zucchero con il burro e aggiungo poi la farina e le uova. Il lievito lo metto se mi ricordo, ma tanto i biscotti non devono diventare alti e quindi anche se non lo aggiungete non fà molta differenza…
Quando l'impasto ha una bella consistenza omogenea, dividetelo in tre parti più o meno uguali.
Mettete la prima parte sulla spianatoia e portatela ad uno spessore di uno o due centimetri, poi con una formina ricavate i diversi biscotti e metteteli in forno a 180° fino a quando diventano dorati. Estraeteli facendo molta attenzione, perchè la frolla calda si rompe con grande facilità, e posateli su un piatto per farli raffreddare.

Quando abbiamo utilizzato tutta la prima parte dell'impasto, prendiamo la seconda e aggiungiamo la cannella. A me piace molto, quindi ci metto una generosa spolverata. Impasto ben bene, fino a quando le screziature della cannella scompaiono e il colore diventa omogeneo. A questo punto spiano la pasta, ritaglio i biscotti con una forma diversa (così, chi non ama la cannella, starà alla larga da quella forma) e inforno.

Terza e ultima parte dell'impasto. Lavo ben bene il mio arancio (o mandarino, o limone, ciò che più vi piace) biologico e ne grattugio un po' di scorza nell'impasto, poi aggiungo un po' di succo - l'impasto inizia ad appiccicarsi alle mani e a disfarsi - e ancora un po' di farina - fino a quando l'impasto torna bello sodo e non si appiccica più - e lavoro velocemente. Stendo poi la pasta, ritaglio con una terza formina i biscotti e inforno.

Et voilà, un modo facile facile per avere tre tipi di biscotto. Un modo che farebbe inorridire moltissimi chef, pasticceri e convinti sostenitori della scienza tra i fornelli, basata su pesature infinitesimali e ingredienti calcolati come elementi chimici, ma che fa godere le papille gustative e che, quindi, per me va benissimo!

mercoledì 21 dicembre 2011

Arte marziale o sport da combattimento?




Che differenza c'è tra arte marziale e sport da combattimento? Forse la più nota consiste nell'approccio filosofico: le arti marziali sono tradizionalmente permeate di ricerca filosofica, introspettiva, contemplano lo studio di sè e del mondo circostante in modo da poter interagire con esso. Gli sport da combattimento sono, appunto, sport: hanno una spiccata finalità agonistica, al termine di un incontro deve esserci un vincitore proprio come avviene nelle gare di sci e nei tornei di calcio.

Sono meglio le arti marziali o gli sport da combattimento? Impossibile rispondere, perchè dipende da ciò che ciascuno di noi ricerca. Se l'obiettivo è l'acquisizione di un maggior equilibrio interiore, allora sono senza dubbio consigliabili le arti marziali; se cerchiamo una via di sfogo che potenzi il corpo e allontani i pensieri, se amiamo la competizione e ci piace metterci alla prova, allora ben vengano gli sport da ring! In termini di difesa personale, entrambe le vie sono percorribili e possono rivelarsi utilissime.


E' proprio la differenza ideologica che sta alle fondamenta di arti marziali e sport da combattimento a far sì che ci siano persone ultraottantenni che praticano Kung Fu o Judo (come in questi casi e, soprattutto, in quello della straordinaria Keiko Fukuda) mentre non ci sono pugililottatori di MMA attivi nella terza età. La ricerca di sè, dell'equilibrio, della consapevolezza non ha data di scadenza e dura quanto una vita intera, avvalendosi del movimento e delle tecniche marziali, ma non limitandosi ad esse.
Voi che ne pensate?

domenica 18 dicembre 2011

Terremoto de L'Aquila: dalle macerie è nata Eva



Li vedi, sorridenti sotto lo scheletro di una casa, e il primo pensiero che salta alla mente, sapendo che quella fotografia è stata scattata nel cratere sismico de L'Aquila, è: ma cosa mai avranno per sorridere? Perchè tutti abbiamo ancora in testa le immagini della devastazione, dei crolli, della disperazione e dei funerali. Molti, poi, conservano anche i ricordi delle promesse mai mantenute, della politica buonista e sotto i riflettori, delle polemiche e delle battaglie verbali sfociate poi nel consueto quanto inutile bla, bla, bla.
Ma cosa c'è che fa sorridere a L'Aquila? Ci sono persone che hanno creduto in un sogno, in loro stessi, nella solidarietà che diventa condivisione (di lavoro, di fatica, di ideali, di vita), nel futuro.

E' così, dalle macerie di Pescomaggiore, che è nata E.V.A.
Pescomaggiore è un borgo a una decina di chilometri da L'Aquila, uno dei molti preziosi quanto fragili borghi altomedievali che costellano i nostri Appennini, e quella terribile notte del 6 aprile anche qui i muri sono crollati, anche qui le persone sono rimaste senza casa, anche qui gran parte del patrimonio storico-culturale si è tramutato in un mucchio di macerie. Nella sciagura, gli abitanti di Pescomaggiore avrebbero potuto fare come moltissimi loro vicini, rassegnandosi ai lunghissimi tempi dell'emergenza e della ricostruzione, magari abbandonando il loro paese, ma invece hanno deciso di affrontare la sorte in modo diverso. Qui era già attivo il Comitato per la Rinascita di Pescomaggiore, che operava per migliorare la qualità della vita e recuperare l'abitato storico, attivando anche microprogetti in ambito agricolo, turistico e artistico; in seguito alla catastrofe il Comitato ha deciso di realizzare un villaggio autocostruito e autofinanziato, che consentisse di ospitare le famiglie rimaste senza casa.

Ma questi oculati residenti hanno anche pensato che abitare non significa soltanto avere una casa, quale che sia, e hanno così puntato con decisione sulla bioarchitettura. Su terreni messi a disposizione da alcuni compaesani, a poche centinaia di metri dall'antico borgo di Pescomaggiore, è così nato un villaggio di bilocali e trilocali low cost e a minimo impatto ambientale, nel pieno rispetto delle norme anti-sismiche ed edilizie.
E.V.A. altro non è che Eco Villaggio Autocostruito, dove la vita non si è fermata alle 3 e 32 di quel terribile 6 aprile ma è anzi andata avanti ed E.V.A. stessa non è l'obiettivo, ma un passo di un progetto molto più lungo ed articolato: l'ecovillaggio è un primo passo verso la ricostruzione del borgo originario, dove il 50% delle case è ancora inagibile, è uno stimolo per i residenti e una sfida per i forestieri, è un esempio per chi si rifiuta di starsene semplicemente a guardare.
Ci sono le case, ma c'è anche la terra, ci sono le ricchezze storiche e architettoniche del borgo antico… c'è tanto da scoprire e da fare. Volete saperne di più? Basta un click qui.

domenica 11 dicembre 2011

Brrr, che freddo! Buone notizie sottozero


Brrr, che freddo! Cosa c’è di meglio, per scaldarsi il cuore, di una manciata di buone notizie sottozero, magari lette mentre si gusta una buona cioccolata calda?

E allora partiamo subito, con la notizia della collaborazione tra WWF e Coca Cola a favore degli orsi polari. Il famosissimo marchio di bibite ha utilizzato per decenni gli orsi bianchi come testimonial inconsapevoli ed ora ha pensato bene di provare a restituire il favore, almeno in parte; è nata così la collaborazione con il WWF, volta a raccogliere fondi da destinare alla preservazione e tutela dell’ambiente artico (qui l’articolo). La lattina più conosciuta e venduta al mondo è così diventata bianca, nei mercati statunitensi e canadesi, rinunciando al suo classicissimo ed inconfondibile packaging, per veicolare questo messaggio di sostegno alla causa dell’orso polare: dal 1 novembre 2011 e sino al febbraio 2012 oltre un miliardo e quattrocento milioni di lattine riporteranno, su fondo bianco, l’immagine di una mamma orsa con i suoi due piccoli e, inoltre, la Coca Cola ha già versato la somma di 2 milioni di dollari e punta anche sul sostegno dei propri clienti, che potranno donare un dollaro inviando un sms solidale o fare la propria offerta accedendo al sito Arctic Home. Per quanto riguarda l'Italia, poi, niente lattine con gli orsetti, ma questo non significa niente impegno per gli orsi polari: sono diversi i progetti realizzati da WWF sul campo, dalla creazione di nuove aree protette alla raccolta fondi per aiutare le squadre antibracconaggio con l'acquisto di guanti termici. E' possibile fare una donazione, ma anche adottare un orso polare e ricevere un delizioso peluche in rappresentanza del nostro "figlioccio" del grande Nord: trovate tutte le info su www.wwf.it/artico.

Buone notizie glaciali arrivano anche sul fronte dello sport, dove diverse associazioni sono impegnate per rendere godibili le specialità invernali anche dai disabili. Al Sestriere, ad esempio, è attiva la Freewhite Ski Team, fondata e presieduta dall’olimpionico di sci Gianfranco Martin: questa associazione è nata per far conoscere ai ragazzi con disabilità, dai 3 ai 18 anni, gli sport invernali e, avvalendosi della professionalità dei maestri di sci e di attrezzature all’avanguardia, propone corsi gratuiti per i principianti che si avvicinano per la prima volta alla pratica dello sci alpino. In Val di Fiemme è invece l’associazione Sportabili Onlus che organizza passeggiate, escursioni con le ciaspole e pattinaggio sul ghiaccio, oltre naturalmente a lezioni di sci alpino e sci nordico, per persone con disabilità fisiche, sensoriali o intellettive. La sezione torinese dell’Unione Italiana Ciechi, poi, propone due nuove discipline sportive, con corsi di pattinaggio sul ghiaccio e di Karate (qui l’articolo).

In ambito sociale, sono sempre più numerose le città che adottano il “Piano antifreddo” per aiutare i senzatetto con azioni mirate. A Milano, ad esempio, è entrato in azione il 15 novembre e proseguirà sino al 31 marzo 2012: sette unità mobili, gestite da Croce Rossa Italiana, Fondazione Fratelli di San Francesco, City Angels e Ronda della Carità, saranno impegnate sulle strade e, al contempo, è stata aumentata del 10% la disponibilità di posti letto per i clochard rispetto allo scorso anno. A Ravenna i volontari della Protezione Civile hanno approntato due tende riscaldate in grado di accogliere una ventina di senzatetto e si discute di aprire le stazioni per garantire loro un rifugio, mentre a Firenze il Comune ha incrementato di 158 unità i posti letto disponibili, superando quota mille, e garantisce giornalmente – grazie ad uno sponsor privato – dai 150 ai 200 pasti caldi ogni giorno (qui l’articolo) e il Comune di Trieste ha attivato una collaborazione con forze dell’ordine, Caritas, Azienda sanitaria locale, Croce Rossa e Protezione Civile per potenziare l’aiuto offerto ai clochard, contando anche sull’aiuto di un insolito partner: l’Ikea, che ha donato al dormitorio di via Udine 64 coperte.
Si può fare di più? Certamente sì, ma questo è pur sempre un buon inizio. Che scalda il cuore.

sabato 10 dicembre 2011

Cous cous riciclone


Ricetta facile facile per far pulizia in dispensa e in frigorifero, mettendo insieme un piatto unico gustoso e velocissimo. Vi sembra troppo bello per essere vero? Niente affatto! Guardate qua.
Si mette un po' d'olio in un pentolino, con un trito per soffritto, e ci si fa tostare il cous cous, fino a quando alcuni grani scuriscono; si aggiunge un po' d'acqua e, mentre il cous cous cuoce, nel frattempo abbiamo messo in una pentola con un filo d'olio d'oliva carote, peperoni, cornetti e… tutta la verdura che abbiamo in frigorifero, tagliata a julienne non troppo sottile.

Quando la verdura inizia ad appassire, la si travasa nel pentolino con il cous cous, che nel mentre si sarà ormai bevuta tutta l'acqua, raggiungendo un buon punto di cottura, e ci si aggiunge una scatoletta di tonno ben sgocciolata.

Si mescola ben bene il tutto e dopo qualche istante, quando il nostro cous cous è ben caldo e amalgamato, si può servire. Io, normalmente, prendo il pentolino e lo travaso direttamente nel mio piatto, ma se sono in vena di far bella figura posso persino spingermi a copiare i trucchetti degli chef e impiattare un tortino di cous cous guarnito con alcune verdure, come quello fotografato qui sotto! Bon appetit!

P.S. Anche questa ricetta partecipa al contest di Cucchiaio e Pentolone "La cucina del riciclo"



mercoledì 7 dicembre 2011

Eccheccavolo!


Sono di parte? Certamente sì! Ma non venitemi a dire che un gioco simile è educativo. Prendere a martellate in testa delle mie simili (anche se di plastica)… dai, eccheccavolo!

(La foto fa un po' schifo, lo so, ma l'ho rubata col cellulare all'interno di un centro commerciale…)

martedì 6 dicembre 2011

L'estate in inverno

Ormai devo rassegnarmi: il freddo è arrivato e pare del tutto intenzionato a non andarsene tanto presto. Come se non bastasse, il cambio dell'ora fa sì che esca di casa col buio e ritorni… col buio! Una tristezza infinita - mi domando come possano degli esseri umani vivere nelle regioni polari, con sei mesi di oscurità all'anno - che mi fa sentire una specie di vampira fuori posto ed accende la nostalgia del sole e dell'estate.

Che fare, allora? Beh, sarà anche soltanto un palliativo, ma io l'estate me la metto nel piatto! Con una ricetta facile facile, come sempre in perfetto stile sopravvivenza, che costa poco, si realizza in fretta e soddisfa il palato.

Quando il sole splendeva alto nel cielo, nei campi e sui banchi dei fruttivendoli spopolavano dei magnifici peperoni


…Ne bastano un paio, uno rosso e uno giallo, ben lavati e puliti dai semini, poi tagliati a listarelle e congelati proprio in attesa del freddo invernale. Quando il freddo arriva, dal surgelatore riemerge la busta con all'interno i colori del sole. In una padella metto un po' d'olio d'oliva e della cipolla tagliata sottile, poi aggiungo i peperoni e faccio cuocere a fuoco moderato. Non aggiungo sale, perchè poi ci sarà il "trucco"…


Quando peperoni e cipolla sono adeguatamente appassiti (mamma mia, come mi piace usare la terminologia da chef! Sembra quasi che io sappia persino cucinare… He! He! He!) aggiungo cubetti di pancetta affumicata. Sono loro il trucchetto di cui parlavo qui sopra. Lascio cuocere ancora per qualche minuto, avendo cura di mescolare di tanto in tanto. E poi mi spazzolo tutto!

Basta, finito, tutto qui. Certo, ci sono infinite varianti della peperonata: c'è chi frigge i peperoni, chi li passa al forno e poi li priva della pelle, chi aggiunge del sugo di pomodoro… Io no. A me, per tornare a gustare un angolino d'estate, basta davvero poco!

E se non sapete come trascorrere la serata mentre vi gustate questa o un'altra ricetta, non dimenticatevi che tutti i martedì sera su Rai4 continua "Missione Estremo Oriente", la rassegna di film provenienti da Cina, Giappone, Corea, Thailandia… Imperdibili!

lunedì 5 dicembre 2011

Mimetismo autunnale


Ma chi l'ha detto che i maestri del mimetismo sono i camaleonti? Guardate di cosa è capace la mia lupona! :-)

sabato 3 dicembre 2011

Le tre S del giornalismo… più o meno


Ma ci sono ancora le buone notizie? Verrebbe da chiederselo, guardando i tg e leggendo i giornali. La storia è sempre la stessa: ad attrarre il pubblico pare che siano le famose “tre S del giornalismo”, ovvero sia “sesso”, “soldi” e “sangue”, quindi è su questo che punta molto spesso l’informazione.

Ma io, che delle tre S francamente me ne infischio (tanto mica devo vendere copie!), frugando qua e là riesco a scovare qualche buona notizia da condividere.

Iniziamo con quella dell’anziana coraggiosa che non solo ha sventato una rapina, ma è anche riuscita a far arrestare i due malviventi. Si tratta di una signora bresciana che, grazie ad un’astuzia – ma anche all’intervento tempestivo dei vicini e dei Carabinieri – è riuscita a salvare se stessa e la sua pensione (qui l’articolo).

La sostenibilità ambientale è un obiettivo da perseguire con costanza e fermezza e così ecco che Venezia, splendida città in cui vivono circa 6 mila gatti domestici, lancia la campagna “Gatti sostenibili. Impronte ecologiche leggere”, realizzata in collaborazione con Achab Group e Legambiente. In che cosa consiste? Nella distribuzione gratuita, ai proprietari dei mici, di lettiere vegetali, ecocompatibili. Si stima che ogni anno un gatto domestico produca oltre 200 chili di rifiuto secco, costituito quasi interamente da lettiera minerale: un rifiuto, che non è in alcun modo riciclabile e che deve essere così conferito all’inceneritore, che supera le 1.300 tonnellate all’anno. Un rifiuto che sarà possibile ridurre sensibilmente, se non eliminare, grazie a “Gatti sostenibili .

Ancora oltre, in termini di risparmio energetico e di sostenibilità ambientale, si sono spinti in Giappone, dove è stata realizzata una motocicletta che ha dell’incredibile. Si chiama Toilet Bike Neo, è nata dall’idea del maggior produttore di articoli sanitari del Sol Levante e funziona grazie al biogas prodotto dalle feci umane. In pratica, quando non è impegnato a guidare il biker può tranquillamente provvedere a… fare il pieno alla sua motocicletta, senza nemmeno aver bisogno di cercare un bagno pubblico! L’innovativo mezzo di trasporto è impegnato in un giro on the road del Giappone, per dimostrare la sua efficacia. E qui trovate l’articolo.

Per ora mi fermo qui e giusto ora mi accorgo di aver scritto anch’io secondo il principio delle tre S: ho parlato di una signora, di sostenibilità e di sterco. Non sono le stesse tre che va predicando la Bibbia del buon giornalista, ma va beh!

venerdì 2 dicembre 2011

La rinascenza dei Martinitt



Immaginate un museo interamente costruito attorno a fonti d'archivio. Cosa vi è venuto in mente? Penso di non allontanarmi troppo dal giusto se dico che avete pensato a un edificio pieno zeppo di carta: fogli, per la maggior parte (in fondo si tratta di un archivio), e magari qualche libro.

Niente di più lontano dal Museo Martinitt e Stelline di Milano! Martinitt e Stelline erano, rispettivamente, bambini milanesi orfani maschi e femmine accolti negli omonimi orfanotrofi; non si trattava di bambini abbandonati, dunque, ma di piccoli che, rimasti senza padre e spesso con molti fratelli e sorelle più piccoli, venivano mandati in orfanotrofio dalla madre, vedova e chiaramente senza lavoro nell'800.

Qui ai bambini venivano offerti una camera, pasti caldi, la possibilità - altrimenti impensabile - di studiare, fare sport e teatro e di apprendere un mestiere. Era una vita facile? No, per nulla. Quelli che entravano in orfanotrofio erano bambini che, nel migliore dei casi, avevano perso un genitore; qui imparavano, anche a suon di punizioni, la disciplina e il rispetto per maestri e Direttore. Ma qui apprendevano anche valori come l'onestà, l'impegno, l'intraprendenza e la serietà. Una rinascenza più ancora che semplice rinascita. Non a caso tra i Martinitt si annoverano giovani uomini che, usciti dall'orfanotrofio, hanno contribuito a far grande Milano nel mondo: Angelo Rizzoli, ad esempio, che con un diploma da tipografo e 850 lire in tasca nel 1905 gettò le basi dell'odierna RCS e che non rinnegò mai il suo passato facendone anzi motivo d'orgoglio, il leader della Luxottica Leonardo del Vecchio ed il meccanico Edoardo Bianchi, creatore della celeberrima bicicletta Bianchi.

Tutto questo, io, sono venuta a saperlo grazie a questo museo che, contrariamente a quanto temevo all'inizio, è tutt'altro che pieno zeppo di carta e polveroso. Anche qui, signori miei, c'è stata una vera e propria rinascenza, tanto artistica quanto pratica: i documenti sono stati digitalizzati e inseriti in stupefacenti supporti multimediali che rendono la visita molto coinvolgente e tutt'altro che noiosa.

(clicca sulla foto per approfondimenti)

Già all'ingresso si comprende subito di non trovarsi all'interno di un museo come viene tradizionalmente pensato: sulle scale vengono proiettate immagini di fotografie d'archivio, mentre ombre di bambini si muovono correndo lungo la scalinata e si sentono anche i loro passi, le loro voci… Ombre di bambini che non ci sono più (l'orfanotrofio è stato chiuso negli anni '70, anche se i Martinitt operano ancora oggi, attraverso le ben più moderne case-famiglia), ma che immediatamente catapultano il visitatore in un'atmosfera in cui reale e virtuale si fondono.

(clicca sulla foto per approfondimenti)

I documenti di archivio, poi, che alla maggioranza delle persone sembrerebbero noiosissimi se proposti nella loro cartacea concretezza e che potrebbero venir seriamente danneggiati se manipolati molte volte al giorno, sono così protetti da un lato e resi appetibili, curiosi e interessanti dall'altro.
La multimedialità, inoltre, consente tipologie di lettura diverse: si può visitare il museo una volta per scoprire il mondo del lavoro nella Milano dell'800, tornare dopo qualche giorno e concentrarsi soltanto sulle Cinque Giornate di Milano, ripassare dopo qualche tempo e sedersi in un'aula scolastica in cui un maestro (virtuale ma credibilissimo) tiene una lezione e vi interroga, congratulandosi con voi se rispondete nel modo giusto… Un risultato impensabile se soltanto l'archivio fosse stato semplicemente gestito nel modo tradizionale! Invece un Martinitt che, come suoi illustri predecessori, ha fatto fortuna, ha voluto che venisse realizzato questo museo, ad ingresso gratuito, elargendo una cifra consistente e desiderando rimanere anonimo. Segno tangibile che i valori insegnati in questo istituto non sono andati perduti col trascorrere del tempo: chi ha ricevuto del bene, deve fare del bene.


Tra un museo e l'altro, ci sto prendendo gusto ad andare a Milano

giovedì 1 dicembre 2011

Le M.M.A. di Saronno sulla tv web!



La web tv PieroDaSaronno ha dedicato un altro spazio alle attività svolte all'interno della palestra dell'ITIS "G. Riva" locale. Questa volta, a finire sotto i riflettori della tv saronnese sono state le M.M.A. (Mixed Martial Arts) insegnate dal mio Maestro di Kung Fu e istruttore quarto grado di questa disciplina.

Non serve, vero?, che vi dica che sono orgogliosissima di tutto ciò e che vi invito a cliccare come dei forsennati sul link, per vedere il filmato originale.

Io, intanto, qui sotto vi inserisco per comodità il video su YouTube.

mercoledì 30 novembre 2011

Una giornata a Milano


Scendendo dal treno alla stazione di Milano Cadorna, la prima cosa che si nota è che Milano è una città talmente viva e vivace da sembrare schizofrenica. Individui di ogni forma e colore che corrono nelle più disparate direzioni, tutti indaffarati all'ennesima potenza, tanto che c'è da sentirsi in colpa se ci si limita a camminare e, nel frattempo, non si manda un sms con un telefono e non si intrattiene una conversazione con un cliente di Tokio con un altro.

E' una bella giornata, c'è il sole e non fa nemmeno tanto freddo, così per raggiungere la mia meta - piazza Duomo - decido di non prendere la metropolitana ma di andare a piedi; a questo punto, devo chiedere informazioni su che direzione prendere. Esordisco con un "Buongiorno, mi scusi…" ad una signora, impeccabile in tailleur scuro e valigetta da donna in carriera, ferma accanto a me al semaforo pedonale, che però non mi degna di uno sguardo e schizza via con piglio deciso appena scatta il verde. Mi va meglio poco dopo, con un paio di ragazze probabilmente in bigiata da scuola, che mi rispondono gentili.

Dopo qualche centinaio di metri percorso diligentemente seguendo le loro indicazioni ("Sempre dritto") ho così modo di scoprire una cosa importante circa Milano e i milanesi: questa città è vivace e spumeggiante, sempre di corsa e in fermento, così anche le indicazioni stradali e le comunicazioni in genere si adeguano, si contraggono, si elidono, vanno dritte al punto. E così "Vada a destra, poi prenda a sinistra, poi ancora a destra verso Foro Buonaparte, poi segua la piazza tenendo la sinistra..." diventa un "Sempre dritto". Impressione confermata anche dalle successive persone alle quali ho chiesto lumi, che immancabilmente mi rispondevano decise: "Sempre dritto!".

E così, visto che per me "sempre dritto" significa solo mettere un piede davanti all'altro muovendomi per quanto possibile in linea retta, invece che in piazza Duomo, mi ritrovo in via Giulini, passando davanti ad una manifestazione di protesta da un lato ed alla chiesa russa ortodossa dall'altro.

Manifestanti davanti alle Generali Assicurazioni

La chiesa ortodossa russa

Alla fine, comunque, riesco a raggiungere piazza Duomo e, manco a dirlo, anche qui è tutto un fermento: si sta lavorando per posizionare il mastodontico albero di Natale in piazza.


E' ancora piuttosto presto, così mi concedo un giretto nella poco distante Galleria Vittorio Emanuele II, tappa irrinunciabile per ogni turista che si rispetti: realizzata a partire dal 1865 sui disegni del giovane architetto Giuseppe Mengoni, la Galleria si ispira alle opere che in quegli anni avevano destato clamore in Europa coniugando le nuove tecnologie con il gusto estetico, come il celebre Crystal Palace di Londra.


Abbassando lo sguardo e distogliendo l'attenzione dalle vetrine dei negozi da VIP, ecco un paio di sorprese: un gruppo di restauratori è indaffarato sul magnifico mosaico dell'Ottagono...


… E il toro, simbolo della città di Torino, sulle cui palle bisogna compiere tre giri per assicurarsi la buona sorte, è incredibilmente sprovvisto degli attributi portafortuna, soggetti a manutenzione!

Il toro… senza palle!

Impossibile, a questo punto, resistere alla tentazione glamour di andare a curiosare all'interno de La Rinascente. Oggi grande magazzino per clientela in grado di concedersi costosi sfizi, anche questa struttura vanta una storia di tutto rispetto: aperta nel 1877, sull'esempio di altri grandi magazzini che stavano affascinando l'Europa d'oltralpe, imponendo un nuovo modo di intendere il "fare la spesa", venne completamente distrutta da un incendio e fu Gabriele Dannunzio a darle il nome La Rinascente, una volta ricostruita. Alla sua rinascita contribuirono diversi artisti ed è oggi un megastore che ospita le grandi firme della moda internazionale, da Ralph Lauren a Valentino, da Armani ad Alexander McQueen, passando per Miu Miu, Hugo Boss, Calvin Klein e Burberry, giusto per citarne alcuni.
Al suo interno, complici i sapienti allestimenti progettati da architetti di indubbia fama, ci si sente bene, a proprio agio nonostante gli inquietanti 0 che occhieggiano dai cartellini dei capi esposti. La sensazione che ho vissuto è paragonabile a quella di Audry Hepburn - Holly quando entra con Paul da Tiffany: un luogo… delizioso.


Ma adesso il tempo stringe ed è il caso di occuparsi di ciò per cui sono venuta a Milano: il Museo del '900 prima, il Museo della Scienza e della Tecnologia poi.
All'interno del primo non ho avuto modo nemmeno di estrarre il cellulare dalla tasca (le foto sono state tutte scattate col telefonino, quindi perdonerete la qualità non eccelsa delle immagini), ma è lì che trovate, insieme a molte altre opere del secolo appena trascorso, "Flessibilità" di Boccioni, il dipinto che ho messo in apertura di post.
Al Museo della Scienza e della Tecnologia, invece, sono riuscita a fare un paio di scatti: questa qui sotto è una parte della lunga galleria dedicata al genio di Leonardo Da Vinci.


E qui sotto trovate invece, direttamente dall'allestimento dedicato alle telecomunicazioni, gli avi dei nostri telefoni cellulari: alcuni di questi esemplari hanno 150 anni, come la nostra Italia!


Il museo è piacevole e a tratti sorprendente, offre numerose possibilità di "toccare con mano" le esposizioni così da poterne meglio comprendere il funzionamento ed è inoltre realizzato in modo tale da accontentare diversi tipi di pubblico, dai bambini agli specialisti delle scienze.

lunedì 28 novembre 2011

Nonne in gamba - e anti aggressione - con le arti marziali

A Forlì le nonne scendono sul tatami e imparano i primi rudimenti per imparare a difendere loro stesse: Giulio Turrini, maestro ed istruttore di tecniche di difesa personale femminile, da giovane ha praticato Judo e Ju-Jitsu e ormai da tanti anni insegna tecniche di difesa personale in città, nella palestra "Il Risveglio" (tel. 054360500).

"I tempi di apprendimento non sono certamente brevi - ha detto in un'intervista a Il Resto del Carlino l'istruttore - soprattutto per le donne che non hanno mai frequentato corsi di arti marziali. Si può anche essere scettici in un primo momento, ma bastano poche lezioni per non abbandonare più questa palestra, perchè si scopre qualcosa di nuovo". Al di là delle tecniche di difesa fini a se stesse, infatti, l'universo delle arti marziali offre infinitamente di più e le anziane signore che vi si avvicinano poi non mollano certo.

Dal canto suo, la signora della foto qui sopra è un'arzilla e dolcissima nonna di Norfolk che ha iniziato a praticare Karate nel 1979 per mantenersi in forma e… da allora non si è più fermata, iniziando a praticare anche Ju-Jitsu. Ena Mallet è diventata istruttrice dello Spirit Combat International nel 1987, ha ottenuto la cintura nera settimo dan e ha avuto modo di mettere in pratica nella vita quotidiana la sua conoscenza delle arti marziali circa sette anni fa, quando bloccò con una leva articolare un adolescente che stava compiendo un piccolo furto nel negozio dove lei lavorava part-time.
"Credo di avergli dato il più grande shock della sua vita - ha detto la combattiva nonnina al Daily Mail - Lo spirito combattivo è tutto incentrato sul proprio autocontrollo, ma devi essere pronta ad affrontare la violenza e a difendere te stessa. Io amo insegnare e certamente non ho intenzione di lasciar perdere; non vedo perchè dovrei appendere le scarpette al chiodo".

C'è poi chi ha dedicato la propria intera vita alle arti marziali. E' questo il caso della Maestra Keiko Fukuda, che ha iniziato a praticare lo Judo negli anni '30 direttamente sotto la guida del Maestro Fondatore Kano Jigoro: "E' stato questo il mio matrimonio - dice, commuovendosi al ricordo, l'ormai ultranovantenne signora - Questo è ciò che il destino aveva progettato per la mia vita; ho scelto di dedicare la mia esistenza allo Judo, al di sopra del matrimonio e della famiglia, e non avrei mai potuto immaginare di quanto lungo avrebbe potuto essere questo cammino". Un cammino che lei, a 98 anni compiuti, continua a seguire, presiedendo le lezioni tre volte alla settimana nello Soko Joshi Judo Club di San Francisco.

Quando, nell'aprile del 2001, ha festeggiato gli 88 anni - un traguardo importante - i suoi allievi hanno pensato di scrivere una petizione affinchè le venisse concesso il 10° dan, ma venne detto loro che era fatica sprecata: una donna non aveva mai raggiunto prima quel livello e non c'era alcun bisogno di cambiare le cose. In effetti, a causa del sessismo persistente nel Kodokan, Keiko Fukuda è rimasta ferma al quinto grado per la bellezza di trent'anni. Ma non ha mai mollato e, nel 2006, è stata la prima - e per ora unica - donna al mondo ad aver conseguito il decimo dan.

"Ormai ha parecchi problemi perchè è davvero anziana - dice uno dei suoi appassionati studenti, il texano Bruno Smith - Ma il potere che lei ha ora è nella sua mente, è la sua sola presenza"; suo nonno paterno, Hachinosuke Fukuda, fu uno degli ultimi samurai ed un insegnante di Ju-Jitsu e questo suo background portò la Maestra Keiko ad entrare ben presto in contatto con il Judo. Un amore che non la lascerà per tutta la vita.