lunedì 4 luglio 2016

Preparandosi per Celtica: come tingere naturalmente i tessuti

I Celti e l'arte di tingere i tessuti
(archeologia sperimentale a Casa delle
Grotte di Ara - Piemonte)
Chissà quante volte ci siamo incavolati per quella macchia di vino rosso o di caffè che proprio non ne voleva sapere di venir lavata via dalla tovaglia. E che dire poi di quei mirtilli che hanno rovinato per sempre la nostra bella camicetta? In effetti sono molti gli alimenti che macchiano, ma, in certe occasioni, è interessante osservare l'altra faccia della medaglia e scoprire così dei sistemi completamente naturali per tingere i tessuti. 

Si tratta di metodi ecologici, rispettosi dell'ambiente, economici, divertenti e, nel caso abbiate intenzione di partecipare a Celtica o a qualche rievocazione storica, pienamente accettati dall'archeologia sperimentale.
Perché il mondo antico era molto più colorato di quanto si credesse sino a non molto tempo fa ed i ritrovamenti archeologici lo hanno dimostrato con chiarezza: i tessuti naturali spesso venivano tinti, ad esempio già nell'antico Egitto, nel 2000 a. C., si utilizzava l'indaco, ricavato dall'indigofera tinctoria (pianta non a caso chiamata in questo modo), così come pure il rosso ottenuto dalla lavorazione di piante del genere Rubia, oltre a diverse tonalità di ocra. Se da un lato è vero che alcuni pigmenti erano molto difficili da reperire in passato e per questo estremamente pregiati, altrettanto vero è che l'essere umano è sempre stato abile nel ricavare dalla natura ciò che desiderava e si ingegnava per ottenere il risultato migliore. 

Dalla tisana alla tinozza, il tessuto prende colore
Così anche i Celti non vivevano in un mondo di grigetti e marroncini tipici dei filamenti naturali ottenuti dalla lavorazione della lana, ma tingevano i propri capi d'abbigliamento con colori anche molto sgargianti, in un tripudio di rossi, gialli, ocra...
E allora, in vista di Celtica, ecco che mi sono messa a tingere anch'io le ampie camicie che noi Celtes Insubres indosseremo.

La "ricetta" è piuttosto semplice: basta avere a disposizione una pentola molto capiente, acqua in abbondanza, sale grosso da cucina e naturalmente il nostro colorante o pigmento: vino rosso inacidito o marsalato (comunque non più bevibile), bustine di tè o di tisane scadute, rimasugli di caffè (in questo caso compiremmo un inganno storico, dal momento che i Celti di cui parliamo si attestano attorno al III secolo a. C. ed il caffè venne utilizzato come bevanda ben dopo l'anno 1000... ma potremmo ad esempio realizzare così delle magnifiche casacche medievali e rinascimentali).
Il tessuto prima (sx) e dopo la tintura (dx) con diversi
coloranti di recupero (tisana e vino rosso)
Insomma: si può dare libero sfogo alla propria fantasia e riutilizzare materiali che altrimenti verrebbero gettati come rifiuti.
Si versano 5 litri d'acqua nella pentola e si fanno scaldare; un attimo prima che l'acqua bolla, si aggiungono 5 cucchiai di sale grosso e, non appena questo si è sciolto, si versa il colorante o pigmento. Che deve essere in quantità congrua. Una bustina di tè avanzata servirebbe a ben poco... In via generale, diciamo che ne serve lo stesso peso del tessuto da tingere; due etti di stoffa? Due etti di bustine di tè.
Si lascia bollire e, quando l'acqua si è ben colorata, vi si immerge il tessuto da tingere, rimestando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e badando che tutte le parti del tessuto vengano intrise. Si lascia cuocere per almeno un paio d'ore e, nel dubbio, si solleva il tessuto fuori dall'acqua per verificare che abbia raggiunto la tonalità che desideriamo. Poi si spegne il fuoco e si attende pazientemente che il tutto raffreddi. Soltanto allora potremo estrarre il nostro tessuto, strizzarlo per bene e provvedere a stenderlo, facendo attenzione a non esporlo alla luce diretta del sole che ne potrebbe modificare la colorazione. 

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