lunedì 12 gennaio 2015

Storia e tradizione alla festa di Sant'Antonio abate di Saronno

Scolaresche e curiosi in visita
L'Italia vanta un patrimonio culturale inestimabile: secondo alcuni dati, nello Stivale si troverebbe addirittura oltre il 50% dei beni culturali del mondo intero e, sebbene questa stima sembri esagerata, è innegabile che sia proprio nel nostro Paese che si concentra il maggior numero di siti iscritti all'UNESCO quali patrimonio dell'umanità (ben 50). Parte di questo vastissimo patrimonio culturale è costituito anche dalla sua storia e dalle sue tradizioni, paradossalmente più difficili da preservare e tramandare rispetto a monumenti ed opere d'arte.

L'interno della chiesetta di Sant'Antonio
Proprio di queste tradizioni, in cui il sacro s'intreccia con il profano dell'antica cultura contadina, fa parte la festa di Sant'Antonio abate di Saronno, una rievocazione storica realizzata grazie alla passione ed all'impegno di un gruppo di volontari, il "Gruppo Storico Sant Antoni da Saronn", che ricostruisce l'antico borgo contadino, poco distante dalla chiesetta dedicata al Santo.
La chiesetta, in origine soltanto una piccola cappella nei campi, venne edificata attorno alla metà del 1400 e nel secolo successivo venne ridisegnata e sistemata, assumendo l'aspetto che ha sostanzialmente ancora oggi. Nel corso degli anni divenne chiesa del lazzaretto locale, dal momento che furono ben 11 le epidemie di peste che flagellarono l'area, la più celebre delle quali quella narrata dal Manzoni ne I Promessi Sposi. Al suo interno, ancora oggi, vengono conservate alcune ossa di defunti a causa della peste.
Posta a due passi dal centro cittadino, la piccola chiesa è tutto ciò che rimane di quel passato ed è soltanto grazie all'impegno del Gruppo Storico se ogni anno è possibile immergersi nella cultura contadina del 1800, non soltanto grazie alla presenza di figuranti in costume, ma anche per mezzo dell'allestimento di una sorta di museo a cielo aperto, con gli antichi attrezzi del mestiere contadino e, naturalmente, gli animali della fattoria e dell'aia.

Statua di Sant'Antonio abate,
con l'inseparabile amico porcellino
Il maiale, tanto per cominciare, non può certamente mancare: inseparabile amico del Santo celebrato, un porcellino deve essere presente ad ogni rievocazione. Ma poi ci sono anche le mucche, le pecore, i cavalli, gli asini e gli animali da cortile, tra i quali soprattutto i conigli riscuotono sempre un grande successo tra i bambini.
Inoltre, nella ricostruzione del borgo non mancano ambienti come la casa contadina, con la cucina ed il focolare, dotato dell'indispensabile paiolo per la polenta (cibo povero per eccellenza, abbondava nelle dimore contadine fino all'inizio del 1900); l'osteria, dove, se non faceva troppo freddo e la nebbia non rendeva impossibile uscire di casa, gli uomini si incontravano dopo una giornata di lavoro nei campi per bere un bicchiere di vino e scambiare quattro chiacchiere; ol prestinee, ovvero sia il forno (sebbene il pane bianco, come lo conosciamo oggi, fosse un lusso riservato a pochi e le famiglie contadine fossero solite impastare da sole il pane che serviva, normalmente nero e ricavato con farine provenienti dai più diversi cereali, incluso il sorgo)...
I bambini di città incontrano gli animali della fattoria
Frumento e sorgo

Antichi attrezzi della vita contadina

La mucca... fa la linguaccia! 
La sciura del prestinee (la signora del
forno). Il pane bianco era un lusso.

Uomo col tabarro (il lungo mantello) e donna con lo scialle
(le donne stavano quasi sempre in casa...) vicini ad un aratro

La festa di Sant'Antonio abate a Saronno culmina il 17 gennaio, giorno in cui ricorre la festività del Santo. Il mio invito, naturalmente, è quello di partecipare a questo evento - che, quest'anno, dedica particolare attenzione all'alimentazione in vista di Expo 2015 - ma se non potete venire a Saronno potete comunque approfondire qui ed acquistare il DVD con le immagini dello spettacolare corteo storico che ha animato le vie della città.

P.S. Altre foto le trovate su Scattiliberi.

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