venerdì 28 febbraio 2014

Web generation: è allarme giovani?

Forse alcune cose sono sempre successe e siamo solo noi, oggi, a dare tanta importanza a certi avvenimenti: i nostri padri, magari, ci hanno raccontato di qualche scazzottata coi compagni di scuola fatta in gioventù e mai, nemmeno una volta, ci è passato per la mente di classificarle come atti di bullismo. E che dire, poi, di quella clamorosa sbronza presa quell’estate al mare con gli amici? Eppure non siamo certo alcolizzati… Perché, allora, oggi c’è tanto allarme attorno ai giovani? Forse perché le vite dei ragazzi della generazione 2.0 sono elevate all’ennesima potenza. Se noi bisticciavamo coi compagni di classe in modalità Olivetti e ci ubriacavamo con frequenza DOS, oggi tutto è precoce, accelerato, dilatato, espanso: si vive a fibra ottica e le emozioni vanno vissute a tera, perché i giga non bastano più.

I ragazzi sono circondati e immersi nella tecnologia fin dalla nascita, spesso cullati dalla musica dell’impianto hi-fi e invogliati a mangiare guardando un cartone in dvd già dai primi mesi di vita, ed è praticamente impossibile compiere 10 anni senza avere mai avuto un tablet o uno smartphone tra le mani: tutta questa tecnologia, indubbiamente utile, ha velocizzato i processi produttivi ed i contatti tra le persone – chi, oggi, si sognerebbe di aspettare due settimane una lettera, quando è possibile comunicare in tempo reale via e-mail o sms? – ma al contempo ha velocizzato anche noi esseri umani. Ci pare di dover star dietro a decine di faccende in simultanea, se non sei multitasking non sei nessuno, e dobbiamo provare quante più esperienze possibili, sollecitati da continui stimoli esterni.

La frequenza, la precocità e l’esasperazione sono ciò che distinguono la scazzottata di ieri dal bullismo di oggi, la sbronza adolescenziale di allora dall’allarme alcolismo di oggi. E’ così che si arriva al bullismo, che per l’epistemologia è caratterizzato proprio dalla persistenza nel tempo (oltre che dall’intenzionalità e dall’asimmetria nella relazione), o all’alcolismo, che come ogni forma di dipendenza è contraddistinto da un consumo compulsivo e incontrollato.
Tutto questo, naturalmente, si riferisce soltanto ai ragazzi che sono in prima persona bulli o alcolisti, tuttavia il fenomeno è più ampio ed abbraccia anche i giovani spettatori; oggi si assiste ad una “spersonalizzazione” impensabile fino a qualche decennio fa: negli anni ’80, se eri testimone di un pestaggio tra ragazzi, o intervenivi per separarli o ti allontanavi per paura di restare coinvolto; oggi ci si mette a riprendere la scena con lo smartphone, come se la cosa non potesse coinvolgerci in prima persona come attori – che intervengono o che fuggono – ma soltanto come spettatori. L’essere umano, da animale sociale che era, è diventato animale social: sta connesso, linka, twitta, tagga, ma ha perso empatia.

E mentre il confine tra vita reale e virtuale perde progressivamente consistenza, i genitori e gli adulti di oggi assistono non senza smarrimento alla nascita di fenomeni come il cyber-bullismo o il NekNominate: il primo è l’evoluzione web del bullismo, adolescenti – non di rado protetti da nickname o anonimato – si accaniscono contro un coetaneo, compagno di scuola o “amico” su Facebook, insultandolo, denigrandolo, minacciandolo. Riduttivo parlare di “scherzi online”, dal momento che diversi giovanissimi sono arrivati al suicidio in seguito a questi atti persecutori. Nel NekNominate (o NekNomination), invece, adolescenti si sfidano via social network a chi beve di più, filmandosi e postando poi il video su facebook o twitter; “gioco” – se così si può chiamare – nato in Australia, diffusosi globalmente in men che non si dica grazie al web e che ha già causato cinque giovanissime vittime nel mondo ed ha condotto al coma etilico un sedicenne di Agrigento.

Ma contrastare questi fenomeni è possibile, riportando l’essere umano al centro dell’attenzione, restituendogli la dignità di protagonista della propria esistenza (non spettatore, non oggetto), tornando a concentrarsi su valori come il rispetto di sé e del prossimo, la solidarietà, l’amicizia reale e concreta, lo spirito di gruppo; valori che possono e devono essere riscoperti e insegnati in famiglia, a scuola e nei centri di aggregazione sportivi o culturali.

L’Accademia Marziale Saronno ed in modo particolare il Kung Fu stile T’Ienshu si ripropongono soltanto di fare la propria parte in questo processo educativo e di prevenzione; ben consapevoli di non essere la panacea a tutti i mali, operano con impegno e convinzione affinchè i giovani possano trovare la loro giusta dimensione e quell’equilibrio emotivo e psicologico che possa condurli ad essere fruitori e non vittime di queste nuove tecnologie, in questo mondo in rapidissima evoluzione. E’ da questa volontà che sono nati progetti come “Lo Sbullo” e “Kung Fu a Scuola”, iniziative che si rivolgono proprio ai giovani e che mirano a portarli a prendere coscienza di sé, delle proprie debolezze così come del proprio valore, affinchè trovino il sistema per affrontare in modo equilibrato e consapevole la vita, reale o virtuale che sia.

Questo mio post è stato pubblicato sul numero di febbraio di SaronnoGiovani, che raccoglie tante notizie interessanti su Saronno e non solo e che potete scaricare gratuitamente qui.

venerdì 21 febbraio 2014

Mars One: viaggio verso Marte, sola andata

Un viaggio di sola andata nello spazio, destinazione: Marte; obiettivo: essere tra i primi venti colonizzatori umani del pianeta rosso.
Sebbene possa sembrare fantascienza, si tratta in realtà di un progetto che ha già superato le prime fasi di attuazione e che, almeno stando alle dichiarazioni dei promotori, trabocca serietà ed interesse scientifico: "Mars One".

Il 30 dicembre 2013 Mars One, startup danese, ha reso noti i nomi dei 1058 candidati che, superata la prima selezione, si preparano ora ad affrontare le ulteriori fasi preparatorie - ed eliminatorie - da cui usciranno infine le dieci coppie destinate, secondo le intenzioni della missione, a dar vita alla prima colonia umana su Marte: "Abbiamo davvero apprezzato e siamo rimasti impressionati dalla grande mole di adesioni ricevute - ha dichiarato Bas Lansdorp, uno dei co-fondatori della missione - La prima selezione ci ha permesso di scegliere, tra gli oltre 200 mila aspiranti, coloro che sono fisicamente e mentalmente adatti a diventare ambasciatori dell'umanità su Marte e di scartare quanti hanno preso la missione con scarsa serietà. Abbiamo persino ricevuto adesioni da un paio di persone che hanno realizzato i loro video di presentazione completamente nude...".


Ora, nel 2014 e 2015, si terranno altre selezioni che, come spiega il responsabile medico di Mars One Dr. Norbert Kraft, "includeranno rigorose simulazioni, molte delle quali in team, che ci permetteranno di testare le capacità fisiche e emotivo/relazionali dei rimanenti candidati, nonchè le loro più profonde motivazioni che li spingono a partecipare a questo progetto". 
Nel 2016 dovrebbe venir inviato nell'orbita del pianeta rosso un satellite artificiale per le telecomunicazioni, un paio di anni più tardi una copia del Mars Phoenix Lander dovrebbe toccare il suolo marziano e si provvederà poi anche al lancio di una capsula Dragon della SpaceX con i primi rifornimenti tecnici per la realizzazione del centro abitativo. Entro il 2025, almeno secondo i progetti di Mars One, potremo affermare con certezza che su Marte c'è vita, ed è vita umana.

Ma chi sono gli aspiranti marziani? Iniziamo col dire che inizialmente rappresentavano 107 diversi Paesi, ma non in modo omogeneo e ora quasi la metà (il 43%) proviene dal continente americano, il 27% dall'Europa, il 21% dall'Asia, il 5% dall'Africa ed il 4% dall'Oceania. Il 55% dei candidati è uomo, il 45% donna e non mancano le "candidature di coppia" (i coloni, infatti, non dovranno soltanto fermarsi a vivere il resto dei loro giorni sul pianeta rosso, ma avranno anche il compito di popolarlo: obbligo contrattuale); il 63% è laureato o possiede un titolo di studio più alto, di questi il 3% è laureato in medicina (caratteristica che potrebbe rivelarsi molto utile non soltanto su Marte, ma anche durante il lungo tragitto di andata che, lo ricordiamo, durerà circa 7 mesi). 
E gli italiani? Al via delle selezioni, quando chiunque poteva candidarsi, erano circa duemila (quindi l'1% del totale), ma soltanto 46 di loro avevano deciso di rendere pubblica la loro presentazione sul sito di Mars One; tra di essi, anche il fisico teorico Carlo Rovelli.

martedì 18 febbraio 2014

Shaolin, il film

C'è la guerra e la serenità, c'è la bramosia che tutto vuole e la compassione che tutto dona, c'è l'odio e l'amore: "Shaolin", film di Benny Chan candidato a quattro Hong Kong Festival Awards, porta sullo schermo le atmosfere, sempre sospese tra leggenda e storia, del monastero di Shaolin e delle vicende che lo ebbero quale fulcro negli anni Venti del Novecento.
Sono anni sanguinosi, questi, per la Cina, dominata da potenti Signori della guerra in costante conflitto tra loro, smaniosi di accumulare ricchezze ed incuranti della sofferenza della popolazione; molti profughi hanno cercato rifugio alle porte del tempio di Shaolin, sulle montagne, dove monaci compassionevoli cercano di fare del loro meglio per alleviarne le sofferenze e garantire loro il minimo necessario per sopravvivere.
Un giorno la sacralità del tempio viene violata dal sanguinario condottiero Huo Jie (Andy Lau), che non esita ad inseguire fino all'interno delle mura il proprio nemico per impossessarsi di tutti i suoi beni ed ucciderlo. Ma la sua vita subirà una brusca deviazione, conducendolo ben lontano dalla meta che si era prefissata, lungo sentieri del tutto inaspettati.
Bellissime e spettacolari le scene di Kung Fu, che non a caso sono valse al film la nomination - tra le altre - per la miglior coreografia d'azione; bravissimi i piccoli attori/monaci, che hanno dato prova di quella grande agilità e flessibilità che ha reso celebre Shaolin nel mondo. Purtroppo anche questo film cede alla tentazione, tipicamente orientale, dell'esagerazione e così la credibilità dell'intera vicenda viene mandata in frantumi dalla vista di monaci che spiccano balzi chilometrici, duellanti che vorticano in aria, combattenti che precipitano da altezze inaudite sulla testa del proprio avversario. Un vero peccato, perchè lo Shaolin Kung Fu autentico avrebbe benissimo potuto riempire la scena, senza bisogno di simili artifici, sottolineando il giusto valore atletico dei praticanti.
E' questo, comunque, l'unico neo del film, che senza dubbio val la pena di essere visto, non soltanto dagli appassionati di arti marziali e di Kung Fu ma da tutti coloro che provano interesse per la Storia, poco nota a noi occidentali, della Cina e da quanti desiderano avere un assaggio della filosofia buddista e della cultura di quel lontano Paese.

martedì 11 febbraio 2014

Storie di cani, di cacca e di umanità

Laura e il suo cane Artù
La presentazione del libro "Vita da Cani" è stata occasione per parlare non solo dei nostri amici a quattro zampe, ma anche del rapporto che noi esseri umani abbiamo con loro: un rapporto che può essere di amore viscerale o di odio totale, passando per tutte le possibili sfumature intermedie, ma che spesso è sbagliato, almeno in parte. La veterinaria Paola Bianchi ha illustrato diverse situazioni che vedono protagonisti cani e persone - dal cane umanizzato, trattato come un figlio, a quello abbandonato dalla famiglia in giardino "perché l'importante è che il cane abbia un giardino", passando per la piaga dell'abbandono e del conseguente randagismo, ad esempio - ed è emerso piuttosto chiaramente che a sbagliare, spesso e volentieri, è proprio quello che dovrebbe essere l'individuo che si presume più evoluto e "migliore": l'essere umano.
 
Di come i rapporti uomo-cane possano essere complicati, d'altro canto, ci si accorge ad ogni passeggiata: chi ha un cane di certo non ama raccattarne gli escrementi, chi un cane non ce l'ha ama ancor meno ritrovarsi insozzato dalla cacca del quadrupede disseminata sui marciapiedi.
Elena, una mia conoscente disabile, lamentava qualche giorno fa su Twitter il fatto di essersi ritrovata con le ruote della sedia a rotelle impiastricciate di cacca e, chiaramente, non incolpava il cane ma scriveva: "Io la merda dei cani la farei ingoiare a quegli stronzi dei loro padroni che non la raccolgono". La chiacchierata su Twitter, poi, ha messo in luce come, alla quotidiana difficoltà del trovarsi a combattere con barriere architettoniche (autobus e treni non sempre attrezzati per accogliere sedie a rotelle, negozi spesso privi di rampe d'accesso ecc.), si sommi l'impossibilità di zigzagare sui marciapiedi schivando gli escrementi "dimenticati" dai proprietari dei cani.
 
Raccogliere il "ricordino canino", dunque, non è solo necessario in termini di decoro urbano e di salute pubblica, ma è anche una dimostrazione di civiltà e di rispetto verso il prossimo.
 
Laura, un'altra web-amica, ha pubblicato un interessante post sul suo blog, che vi invito a leggere. Laura è una ragazza divenuta cieca in seguito ad un incidente, che deve pagare qualcuno affinché le pulisca le scarpe perché, ovviamente, non può evitare gli escrementi disseminati sui marciapiedi.
A questo proposito ha lanciato una campagna, di cui riporto volentieri il banner e che vi invito a diffondere a vostra volta, se ne condividete lo spirito.
Essendo aiutata negli spostamenti fuori casa da Artù, un labrador di quasi quaranta chili, Laura ha anche modo di constatare personalmente quanto siano complicati e spesso sbagliati i rapporti che legano i proprietari ai loro cani: animali viziati, umanizzati, nevrotici, cui viene concesso di tutto, persino di lanciarsi abbaiando contro un cane guida che sta lavorando. Il problema, dunque, non è solo quello della cacca, ma ha un raggio molto più ampio ed abbraccia l'intero rapporto che costruiamo con il nostro animale domestico e con il nostro prossimo. Se riteniamo degli incivili coloro che occupano con l'auto il posto riservato ai disabili, facciamo un pensierino anche sulla nostra condotta quando portiamo il cane a passeggio.

lunedì 10 febbraio 2014

Una promessa è una promessa

Quanto valgono, oggi, le promesse? I nostri nonni raccontano che, un tempo, non servivano contratti: una stretta di mano tra gentiluomini valeva più di mille firme e così si comprava bestiame, si vendevano ortaggi, si elargivano prestiti. Sulla parola. Ma oggi, la parola ha ancora valore? Esistono ancora i gentiluomini (e le gentildonne, ovvio)? E le promesse, che valore hanno oggi le promesse?
Per cercare di scoprirlo è nato questo premio-sondaggio che spero vi piacerà. Le modalità sono quelle consuete per i premi o MeMe che dir si voglia: vengono poste delle domande alle quali i "vincitori" designati devono rispondere e che dovranno poi diramare a loro volta, citando con un link chi li ha nominati.
La prima nominata, nonchè fonte ispiratrice, è Valeria, alla quale pongo queste domande:
1) Qual è la promessa che ti hanno fatto e non mantenuto che più ti brucia ancora?
2) Qual è la promessa che ti hanno fatto che ti ha resa più felice quando è stata mantenuta?
3) Hai mai fatto promesse che non sei riuscita a mantenere?
4) Hai mai visto film sulle promesse (ad es. "Una promessa è una promessa" o "Bugiardo bugiardo")  o letto libri incentrati su promesse (come ad esempio "La promessa" di Dürrenmatt o "Ho fatto una promessa" di Legrottaglie o "Palestina, una terra troppo promessa") e, se sì, cosa ne pensi?
5) Pensi che le promesse, la parola data, abbiano ancora valore nella vita di oggi?
Se la modalità "a domanda, rispondo" non vi garba, potete tranquillamente scrivere un post che però sia inerente all'argomento e tratti di promesse mantenute o di aspettative deluse: un racconto, un commento a un episodio di cronaca, un vostro ricordo personale... ovviamente inserendo anche il logo del premio.
Altre persone che mi farebbe piacere si cimentassero nell'impresa sono Kaishe, Adriano, Zion, Baol, La Leggivendola, Alberto, NonnAnna e Laura.

venerdì 7 febbraio 2014

Perchè l'Italia non fa fruttare il suo patrimonio culturale?

Il mese di gennaio 2014 si è chiuso con il crollo di parte delle mura medievali di Volterra, sbriciolatesi sotto le insistenti piogge, ed il mese di febbraio ha portato con sé il crollo di una piccola parte delle mura medievali di Como e la rovina a mare dell'area del Teatro Greco di Monasterace, preludio che fa temere di poter perdere il più grande mosaico della Magna Grecia. Il nostro patrimonio storico e culturale ci si sta letteralmente sciogliendo tra le mani e, se da un lato è vero che l'Italia è talmente ricca di storia e cultura che è impossibile tutelare tutto, d'altro canto è pur vero che pezzi unici, reperti di straordinario valore, vestigia antiche quanto uniche andrebbero assicurate ai posteri.
Resta da capire, ad esempio, a cosa serva avere dei beni nominalmente inseriti tra il "Patrimonio dell'Umanità" tutelato dall'UNESCO se poi tutela e valorizzazione restano soltanto sulla carta  e poco o nulla si fa, in concreto, affinché questo patrimonio non vada perduto.
Del sito archeologico di Pompei tanto si è scritto e ancor più si è detto, a cominciare dalle polemiche seguite al crollo della Domus dei Gladiatori, nel 2010, via via di scempio in scempio, di incuria in incuria, fino al cedimento di uno stucco nel dicembre 2013. Il tutto sotto gli occhi dei turisti, che assistono sgomenti non soltanto al macabro spettacolo della perdita di un patrimonio inestimabile, ma anche alla completa incapacità di opporvisi da parte di istituzioni ed enti preposti.

Eppure l'Italia potrebbe vivere soltanto di turismo, se solo avesse le capacità e l'interesse a farlo.
Sito web del Museo Stadio San Siro. I turisti si attraggono
anche così, con siti agevoli e ben organizzati.
Basti pensare che il Museo dello Stadio San Siro, a Milano, ha chiuso il 2013 con ricavi per 1,65 milioni di euro, introitati grazie a 135 mila visitatori paganti, provenienti da ogni angolo del pianeta: persone attratte dall'idea di poter ammirare pezzi unici appartenuti a grandi campioni di Milan e Inter, certo, ma anche visitatori "acciuffati" da tour operator che hanno saputo inserire questa visita in un contesto turistico più ampio. Si va a Milano per shopping? Benissimo, ma perché non visitare anche il tempio cittadino del calcio, sport nazionale e le cui squadre milanesi sono conosciute a livello planetario? Con 14 euro ci si assicura la visita del museo e il tour dello stadio, ci sono riduzioni per bambini ed anziani, i disabili entrano gratis e possono contare sulla completa fruibilità dell'intera struttura grazize all'assenza di barriere architettoniche; è possibile prenotare visite guidate, vengono accettati bancomat e carte di credito... Insomma: c'è tutto quello che occorre per incentivare la presenza turistica.

Ora, senza nulla voler togliere allo sport in genere e al calcio in particolare, rispettando i grandi campioni e le squadre che hanno dato lustro alla città di Milano, non credete che luoghi come il Colosseo, Pompei, gli Uffizi, la Reggia di Caserta (tanto per citarne alcuni) abbiano tutte le carte in regola per essere ben più attrattivi di un Museo di uno stadio?
Il cartello che annuncia la chiusura del Colosseo
a causa di una riunione sindacale.
Ebbene, di questi soltanto la Galleria degli Uffizi può dirsi soddisfatta del 2013, avendo registrato un autentico boom di visitatori.
Moltissimi turisti nell'estate del 2013 hanno vissuto l'impagabile esperienza di rimanere in coda davanti al Colosseo, chiuso per sciopero, e lo stesso è avvenuto alle porte del Palatino e del Foro Romano: un ricordo che certamente avranno riportato in patria, narrando meraviglie dell'organizzazione e della serietà italiane. Perché se scioperare è un diritto, informare e tutelare i turisti è un dovere.

Della Reggia di Caserta, abbandonata all'incuria e alle predazioni prima e "valorizzata" da un gigantesco corno rosso scaccia jella poi - molto partenopeo, molto discusso, per nulla efficace, perché se si vuole tutelare il nostro patrimonio c'è da rimboccarsi le maniche e lavorare sodo, non certo affidarsi alla scaramanzia! - tanto si è detto e forse ancor più si è scritto, ma spentesi le luci dei riflettori e fatto sparire il costoso cornone, tutto è tornato come prima, con numerose stanze chiuse al pubblico ed aree transennate, senza però che si veda mai qualcuno all'opera.
Il celebre corno rosso da 70 mila euro ripreso da Sky.
Eppure lo scorso mese di giugno il Ministro Bray in persona si era recato in visita alla Reggia, constatandone il degrado e promettendo interventi.
Mentre la Versailles italiana attende di veder mantenute le promesse, è impossibile non parlare del sito archeologico di Pompei, unico al mondo, visitato ogni anno da decine di migliaia di turisti, che, stando a quanto si apprende da blog e giornali, langue nell'incuria e nella trascuratezza.
Si preferisce - malcostume italico - aspettare il crollo, la devastazione, per poi agire con "interventi urgenti" (e costosissimi) invece di ramazzare ogni giorno un viale, controllare quotidianamente una domus, rimuovere le erbacce che crescono ai margini delle vie o fra le pietre degli edifici, fare interventi di micro-restauro annuali, con operazioni ordinarie, alla portata di tutti, che non richiederebbero grandi spese ma soltanto un po' di buona volontà.
Noi aspettiamo il prossimo crollo, dunque, e al contempo, il British Museum di Londra ha fatto fruttare i 200 reperti prestati gratuitamente dallo Stato Italiano allestendo "Life and Death in Pompeii and Herculaneum", una mostra che tra marzo e settembre 2013 ha fruttato oltre 11 miliardi di sterline. Ma i sudditi di Sua Maestà sono andati oltre, realizzando anche un film, producendo gadget e cataloghi che sono andati letteralmente a ruba, trovando, insomma, il modo di far fruttare al massimo quei 200 reperti che abbiamo prestato loro.
Noi, ricordiamolo, abbiamo la Pompei vera, l'Ercolano autentico!
E li lasciamo cadere a pezzi sotto la pioggia, ingoiati lentamente dalle erbacce e sgretolati dall'incuria.
Parte del sito archeologico di Pompei, puntellato e invaso
da erbacce.
Il solo museo del Louvre ha guadagnato, nel 2013, più di tutti i musei e i siti d'interesse culturale italiani messi insieme.

Eppure guadagnare e anche bene grazie ai musei, in Italia, è possibile, come dimostra il sopra citato caso del museo dello Stadio di San Siro: basta avere la mentalità giusta per farlo, unendo imprenditoria a conservazione e tutela dei beni culturali. Ma con tutte le scuole e le università specializzate in arte, archeologia, museologia e beni culturali che abbiamo in Italia, ci vuole davvero così tanto a trovare dei responsabili di siti e musei capaci? E' davvero così complicato mettere la persona giusta al posto giusto?
Forse il problema è proprio questo: abbiamo, nel nostro Paese, troppi archeologi, restauratori, esperti d'arte... Ma c'è rimedio: è notizia recente che l'insegnamento della Storia dell'Arte, cancellato completamente da alcuni istituti - come i licei classici - e comunque ridotto in misura molto significativa dalla lungimirante Mariastella Gelmini, non verrà reintrodotto nei programmi scolastici che ne sono stati privati né ampliato in quelli in cui ancora resiste; avremo così, tra qualche anno, molte più persone convinte che Leonardo, Michelangelo, Donatello e Raffaello siano delle tartarughe ninja e il nostro patrimonio potrà finalmente sgretolarsi nell'indifferenza totale.

(Approfondimento sull'abolizione/riduzione dell'insegnamento della Storia dell'Arte qui e qui)

giovedì 6 febbraio 2014

Mai darsi per vinti, mai arrendersi: Galaxy Quest

Un po' parodia di "Star Trek", un po' film di fantascienza, "Galaxy Quest" è una spassosa commedia in grado di appassionare non soltanto i cultori del genere.
Tim Allen, garanzia di successo e già star di numerose commedie hollywoodiane, è il Capitano Peter Quincy Taggert e viene affiancato in quest'avventura spaziale dal Tenente Madison (interpretata da una splendida Sigourney Weaver) e dal Sergente Tecnico Chen (uno "spaziale" Tony Shalhoub, noto al grande pubblico per essere il protagonista della serie tv "Monk"), oltre che dal Dottor Lazarus (efficace parodia del celeberrimo Dott. Spok) e dal giovane Tommy Laredo (interpretato da Daryl Mitchell).

C'è lo spazio profondo, ci sono i buoni, ci sono i cattivi: la trama potrebbe apparire scontata se non fosse per il "dettaglio" che i protagonisti non sono astronauti bensì attori resi celebri dalla serie tv "Galaxy Quest", la cui trasmissione è stata captata nelle profondità dello spazio e ritenuta "documento storico" dalla pacifica popolazione dei Termiani, che hanno plasmato la loro intera civiltà su quanto appreso grazie ai "documenti storici" e che si rivolgono al fittizio Capitano Taggert affinché li salvi dal sanguinario Serris.

Quindi: Tim Allen interpreta l'attore Jason Nesmitt che interpreta il Comandante Taggert, Sigourney Weaver interpreta l'attrice Gwen De Marco che interpreta il Tenente Madison, Alan Rickman interpreta Alexander Dane che interpreta il Dott. Lazarus... una commedia degli equivoci corale in cui trovano spazio i buoni sentimenti e l'importanza di credere in ciò che si ama, foss'anche una trasmissione tv. 
Divertente oltre ogni aspettativa il personaggio di Guy, privo di cognome perché "io sono solo una comparsa, sono quello che muore per dimostrare che la situazione è grave!", portato sullo schermo da un magistrale Sam Rockwell

martedì 4 febbraio 2014

Blasco il cane racconta

Sabato 8 gennaio Blasco il cane presenterà il suo libro, scritto con l'aiuto di Marina Morpurgo, "Vita da cani"; l'incontro con l'autore si terrà presso la Libreria Pagina 18 di Saronno alle 17.30 e qui di seguito riporto alcune parole di Blasco, rilasciate per l'occasione:
“Ciao ragazzi, io sono Blasco, sono molto peloso e sembro una pecora, ma discendo dal lupo, anche se nel mio caso non si direbbe proprio! Forse credete che io non parli, ma che abbai soltanto. Invece, come tutti i cani, ho il mio linguaggio, che vi dice se sono felice, se ho paura, se sto per mordervi perché mi avete fatto arrabbiare, se voglio giocare, se voglio essere coccolato, se sono stanco e voglio essere lasciato in pace. La mia vita in mezzo agli umani è molto piacevole e la vostra vita con me e i miei colleghi cani può essere molto piacevole: dobbiamo solo imparare a conoscerci bene e a rispettarci a vicenda, perché noi siamo degli esseri viventi e non dei giocattoli. Anzi, siamo un po’ come dei ragazzini, quindi bisogna saperci prendere. Seguitemi, e vi racconterò le mie avventure. Intanto, una leccatina sul naso, tanto per gradire.”
L'evento, realizzato in collaborazione con la LAV Saronno, prevede anche la proiezione di alcuni filmati sulla liberazione dei cani di "Green Hill".
Io, che Blasco l'ho conosciuto di persona, posso assicurare che vale la pena incontrarlo, ma soprattutto credo valga la pena leggere questo libro per imparare a conoscere meglio i nostri compagni pelosi, che spesso amiamo moltissimo ma che non capiamo: siamo sicuri che il nostro cane ami indossare maglioncini e cappottini? Siamo certi che preferisca aspettarci fuori da un supermercato affollato invece di restare tranquillo nel giardino di casa? Altre volte, invece, i cani vengono acquistati per moda o "perché sono belli", senza la vera consapevolezza di cosa comporta l'arrivo di un cane in famiglia. Per questo, e per mille altri buoni motivi, vale la pena di segnarsi in agenda l'appuntamento di sabato alla Libreria Pagina 18.

lunedì 3 febbraio 2014

Previsioni meteo: un inverno lungo lungo

Ieri, 2 febbraio, è stato il giorno della Candelora - nome popolare dato alla giornata in cui ricorre la celebrazione della presentazione di Gesù al tempio, in cui lui si manifesta come "Luce del mondo" - e, al contempo, al di là dell'oceano, negli Stati Uniti, si è celebrato il Groundhog Day, il Giorno della Marmotta. Due previsioni meteorologiche, diversissime tra di loro per tradizione e collocazione geografica, si sono concentrate in questa giornata ed entrambe hanno concordato su un fatto: l'inverno è ancora lontano dalla sua fine.
"Ul dì de la Candelora de l'invernu sem föra, ma se'l piöv o 'l tira vent, de l'invernu sem dent" (il giorno della Candelora dall'inverno siamo fuori, ma se piove o tira vento nell'inverno siamo dentro), recita un antico proverbio comasco - ma probabilmente lombardo, con le dovute differenze di scrittura e pronuncia - e ieri la pioggia non è certo mancata in Lombardia, come del resto in gran parte dell'Italia. Altre settimane di freddo, pioggia e forse persino neve ci attendono, dunque, almeno secondo il centenario detto locale.
Perentoria, poi, in serata - considerato il fuso orario - è arrivata la conferma del marmottone Phil: tirato fuori dalla sua tana nella cittadina di Punxsutawney in Pennsylvania, il peloso meteorologo ha avvistato la sua ombra ed ha così sussurrato all'orecchio umano del Presidente di Cerimonia che ci attendono altre sei settimane d'inverno. Negli Stati Uniti ed in Canada le previsioni meteo della marmotta sono prese in seria considerazione, tanto che "Il Giorno della Marmotta" è diventato anche un film di discreto successo e che il marmottone Phil può anche vantare degli emulatori sparsi negli States, il più famoso dei quali probabilmente è Chuck, la marmotta di Staten Island, autentica celebrità di New York.
Non abbandonate cappotti ed impermeabili, dunque: l'inverno promette di durare ancora a lungo.