venerdì 23 agosto 2013

Arrivederci

Che dire? E' arrivato il momento anche per il blog di andare in vacanza. Non vi lascio soli: in questi anni ho scritto numerosi post, sui più svariati argomenti: dalla cucina agli animali, da fatti di cronaca a questioni sociali passando per i libri che ho letto ed i film che ho visto e, ovviamente, tanti tanti articoli su arti marziali e sport da ring.
Curiosate pure in giro, fate come se foste a casa vostra, lasciate - se vi va - un messaggio o un saluto. Al mio rientro toglierò le ragnatele e sarà un piacere trovare i segni del vostro passaggio.
Buone vacanze!

mercoledì 21 agosto 2013

Spiedini di carne filippini, Tinindag na Karne

Eccoli qui, tutti belli allineati in attesa di essere cotti sulla griglia, gli spiedini filippini secondo la ricetta di Denis e Lori: mi hanno detto che si chiamano Tinindag na Karne, che dovrebbe voler dire "spiedini di carne", e si tratta di un nome generico perchè possono essere realizzati con diversi tipi di carne. Questi qui sono di carne di maiale.

Passo senza indugio ad elencare gli ingredienti di questa nuova ricetta orientale che - pare ovvio - fa parte della raccolta Orientaleggiamo e per la realizzazione della quale occorrono due giornate perchè, è bene lo sappiate prima di mettervi all'opera, la carne deve rimanere a marinare in un "puccino" per almeno una notte intera prima che i tocchetti siano pronti per essere infilzati sugli spiedini (o per il maggior numero di ore possibile).

Ingredienti per gli spiedini:
  • carne - quella che preferite: di maiale, di manzo, di pollo...
Ingredienti per la marinata:
  • una bottiglia di gassosa (da uno o due litri, dipende dalla quantità di spiedini che vorrete realizzare)
  • una o due cipolle belle grosse 
  • salsa di soia
  • pepe nero
Si prende la carne, la si lava, si eliminano eventuali parti troppo grasse o nervose e la si taglia a tocchetti di circa 3-4 centimetri di lato. In una teglia capiente si versa la gassosa, si aggiungono le cipolle tagliate a rondelle sottili, si unisce la salsa di soia - la quantità è estremamente variabile a seconda del gusto personale, diciamo che il composto deve risultare ben bilanciato, un agrodolce nè troppo zuccheroso nè troppo salato - e vi si immergono i tocchetti di carne, mescolando ben bene in modo che tutti vengano a contatto con questa salsa.
Si elargisce una spolverata di pepe nero - anche in questo caso, in quantità variabile a seconda dei vostri gusti personali - e si mescola nuovamente il tutto, dopo di che si copre la teglia con della pellicola trasparente e la si mette in frigo per tutta la notte (o comunque per diverse ore, così che la carne abbia modo di impregnarsi dei sapori).
Il giorno seguente, si prendono i tocchetti di carne che nel frattempo si saranno ben insaporiti, li si infilza sugli stecchini da spiedo e li si mette semplicemente a cuocere sulla griglia. 
Buon appetito!

venerdì 16 agosto 2013

Allenamento e gita estiva: il Gitamento!

Come sa chiunque sia entrato in contatto con l'Accademia Marziale Saronno, non si tratta certo di una "normale palestra": anche quando i corsi tradizionali sono chiusi per ferie, il Maestro si rende disponibile ad allenamenti extra con gli allievi che restano in città e così, dopo l'Estate Marziale (o Summer Training che dir si voglia), ecco la degna conclusione con il Gitamento, ovvero sia una gita con allenamento. Un all inclusive, per così dire! :-)

Sabato 10 agosto il Maestro Davide Carpanese ed un manipolo di irriducibili delle arti marziali ha preso parte a questa escursione lungo il corso del fiume Breggia, culminata con un allenamento di autodifesa con base di JKD Kali

Il principio ispiratore dell'allenamento era che può essere necessario sapersi difendere in contesti anche molto diversi, come ad esempio per strada o persino in un bosco. Ciò che si studia in palestra è certamente utile, tuttavia può essere necessario testarne la validità anche in ambiti diversi e decisamente più "scomodi" di un tatami: provare tecniche che in palestra possono sembrare quasi banali su di un terreno sconnesso, sassoso o ricoperto di fogliame, cambia completamente la prospettiva. Il bosco si è dimostrato particolarmente efficace da questo punto di vista, mettendo alla prova la nostra capacità di adattamento. Per la stessa finalità, ci era stato detto di vestirci in modo "normale", come per un'escursione tra i boschi, e non con la divisa della Scuola nè men che meno con un abbigliamento e scarpe da palestra. Può capitare di doversi difendere anche se si indossano pantaloncini e scarpe da trekking...

La parte iniziale della mattinata è stata interamente occupata dalla sezione "gita", con una bella escursione lungo il corso del fiume Breggia che ci ha permesso di conoscere angoli di natura veramente splendidi a pochi chilometri di distanza da casa, oltre che di beneficiare di un fantastico venticello fresco, un'autentica goduria in queste giornate di caldo estivo! 
Una volta raggiunta la nostra meta, ha preso il via l'allenamento vero e proprio: con dei rami raccolti dal terreno, proprio come se si trattasse di armi di fortuna raccattate in caso di aggressione, abbiamo iniziato la nostra lezione di JKD Kali ed autodifesa. 
Abbiamo cominciato con un ripasso generale degli angoli, utile soprattutto per chi, nell'Accademia Marziale Saronno, pratica Kung fu T'Ienshu ma non si era mai approcciato alla disciplina del Jeet Kune Do Kali, ed abbiamo poi proseguito con tecniche di attacco, reazione e difesa, accennando anche ai basilari dei disarmi e dei gunting
Io sono scandalosamente di parte, dal momento che la mia passione per le arti marziali e le tecniche di combattimento è esplosa proprio grazie al JKD ormai una vita fa, ma devo dire che questa giornata di Gitamento mi è piaciuta immensamente e spero proprio che se ne possano realizzare altre in futuro.

mercoledì 14 agosto 2013

Italia, lavoro e crisi: c'è chi dice no


Non importa se sei laureato con il massimo dei voti in Giurisprudenza, se hai diverse pubblicazioni al tuo attivo e se ami visceralmente la materia giuridica: in Università non c'è posto per te come docente. A meno che, è chiaro, tu non abbia qualche giusta conoscenza...

Una laurea in Medicina può servire a ben poco se desideri effettivamente lavorare come medico, molto meglio accontentarsi di un lavoro sicuro in un centro estetico e far epilazioni da mattina a sera perchè, bella mia, il tuo prezioso "foglio di carta" e la tua passione non contano nulla se all'orizzonte si profila la bella nuora australiana del super primario...
Chi se ne frega se i tuoi genitori hanno fatto sacrifici per farti laureare e tu, invece di raccogliere il testimone del babbo ferroviere, vuoi fare il giornalista! All'interno della redazione di contratti decenti non se ne vedono all'orizzonte, bisognerà aspettare qualche pensionamento... a meno che, è ovvio, il tuo cognome non sia lo stesso del famoso giornalista ed autore di svariati libri: la sua figliola, manco a dirlo, il posto fisso in redazione lo trova bell'e pronto!


Poi, alla cena che riunisce tutti gli ex compagni di studi, d'un tratto realizzi che chi ha un lavoro degno di questo nome, chi non deve tirare a campare con uno stipendietto da ricercatore o da precario, chi davvero riesce a vivere del suo lavoro - il lavoro per il quale ha studiato e si è laureato - è semplicemente subentrato al padre nella gestione dell'azienda di famiglia, intrallazzando con conoscenze e spintarelle. E di colpo tre dita medie si alzano, salutando la boriosa tavolata di raccomandati: Max, Samuele e Irma non ci stanno, vogliono che il merito trionfi.

Nasce così il movimento dei "Pirati del merito", al centro delle vicende del film per la regia di Giambattista Avellino "C'è chi dice no": il trio di amici, portato sullo schermo da Luca Argentero (alias Max Rizzi, il giornalista), Paola Cortellesi (il medico Irma Camuzzo) e Paolo Ruffini (il giurista Samuele Bazzoni), vive un malessere in cui molti trentenni e quarantenni di oggi possono facilmente identificarsi e decidono di agire. Per riappropriarsi del lavoro, della dignità e del rispetto che meritano

Sebbene venga classificato come "commedia" - e non mancano certo occasioni di risate - questo film, per nulla pressapochista e lontano dalla retorica, tratteggia un ritratto amaro della nostra Italia quotidiana, in cui talvolta neppure i raccomandati sanno di essere tali - esemplare la scena in cui Enza Giannotti, interpretata da Myriam Catania e colpevole a sua insaputa di aver soffiato il posto in redazione a Max, commenta "Ho il poster del Che in casa e frego il lavoro al figlio di un ferroviere. Mi faccio schifo" - e nella quale, forse oggi come non mai, le colpe dei padri ricadono sui figli.
Film che mi sento di... raccomandare senza dubbio alcuno. Poi, se volete sapere come la pensi la sottoscritta in merito a raccomandazioni, spintarelle, segnalazioni o comunque le si voglia chiamare, ebbene: personalmente ritengo che ognuno, nella vita, abbia quello che si merita. Io, ad esempio, se ho tanto faticato per trovare lavoro e se non sono riuscita a tenermi stretto quello che veramente mi piaceva, evidentemente è perchè non lo meritavo: credo esista una sorta di "selezione naturale" che ancora oggi determina il progredire della specie e se in tempi remoti hanno proliferato gli individui capaci di iniziare a camminare eretti, di afferrare bastoni, di lavorare materiali, oggi prosperano quelli in grado di ordire macchinazionisfruttare conoscenze. E' un'abilità anche questa. Che ai protagonisti di "C'è chi dice no" manca ma, non a caso, non si sono riprodotti. Non tramanderanno i loro geni e si estingueranno. Lasciando campo libero all'Homo Bastardus.

lunedì 12 agosto 2013

Ladro picchiato da ex pugile in pensione

Frank Corti, ex pugile ancora molto in forma
Non importa da quanto tempo una persona abbia abbandonato il ring: è comunque meglio non minacciare lei ed i suoi cari. 
Il giovane Gregory McCalium, 23 anni, avrà certo imparato la lezione dal momento che il signor Frank Corti, 72 anni ed un passato da pugile, gli ha fatto un occhio nero e rotto il labbro con due pugni ben assestati, dopo che il ragazzo si era introdotto in casa sua minacciando lui e la moglie - anche lei settantaduenne - con un coltello

I fatti risalgono al 19 agosto del 2012, ma si è tornato a parlarne ora che McCalium, di professione barman ma bullo ubriacone e ladro nel tempo libero, è stato condannato a scontare quattro anni e mezzo di carcere per furto aggravato dal possesso di un'arma dal Giudice della Corte della Corona di Oxford, il quale ha anche aggiunto che "ha avuto quello che si meritava".
Secondo la ricostruzione dei fatti, il giovane barman aveva trascorso la serata precedente ad una festa organizzata nella sua abitazione ed aveva bevuto molto; quando alcuni vicini avevano chiamato la polizia lamentando schiamazzi notturni, lui aveva incolpato l'anziano pugile e si era così introdotto in casa sua intenzionato a fargliela pagare.
"Quando gli ho visto estrarre il coltello ho avuto paura - ha dichiarato Frank Corti, che ha prestato servizio nella Royal Engineers durante la guerra in Nord Africa dal 1956 al 1958 - ma la mia antica formazione di boxeur deve aver preso il sopravvento perchè senza nemmeno pensare gli ho sferrato due colpi più forte che potevo e lui è andato giù come un sacco. Poi ho aspettato che arrivasse la polizia. Se non puoi difendere chi ami e quello che è tuo, in che razza di posto viviamo?"

Ora la giustizia ha fatto il suo corso e, come riferisce The Telegraph, il giovane barman criminale trascorrerà i prossimi quattro anni e mezzo nelle patrie galere del Regno Unito.

venerdì 9 agosto 2013

Le arti marziali e l'imponderabile

In questi giorni Saronno è al centro della cronaca nazionale in seguito al brutale assassinio di una commerciante; la signora, titolare di una gioielleria in centro città, è stata uccisa da colui che, a prima vista, poteva sembrare un cliente per nulla diverso da tutti gli altri, mostrato dalle telecamere a circuito chiuso come una persona calma e del tutto "normale" prima che esplodesse l'ira incontrollabile.

E ancora una volta ci si chiede se qualcosa avrebbe potuto salvare questa vita; se ci fosse maggior sorveglianza in centro, se i pattugliamenti fossero più frequenti o persino se lei stessa, ad esempio, avesse conosciuto le arti marziali o le tecniche di autodifesa, avrebbe avuto salva la vita? Le variabili dell'esistenza sono infinite ed è impossibile trovare una risposta univoca; non sono soltanto i pattugliamenti o la conoscenza delle arti marziali a fare la differenza. Paradossalmente, se la signora fosse stata al mare o a casa sua, forse non sarebbe morta, o magari avrebbe subìto la stessa sorte, annegando in mare o rimanendo vittima di un malore tra le mura domestiche.

Per quanto attiene le arti marziali nello specifico, personalmente credo che la pratica di queste discipline "tracci la via", insegni cioè delle tecniche che possono rivelarsi utili in caso ci si trovi a doversi difendere da un'aggressione, tuttavia ci sono sempre tantissime variabili che occorre prendere in considerazione. Chi pratica arti marziali non è e non diventa un supereroe invulnerabile: rimane, sempre e comunque, un essere umano. Con un bagaglio tecnico in più, con un'accresciuta consapevolezza di sè e dei possibili eventi che possono minacciarne l'equilibrio, ma pur sempre un essere umano.

E' possibile, ad esempio, che atleti molto preparati in palestra restino attoniti e incapaci di reagire se si trovano al centro di un'aggressione reale, per strada o in discoteca. Le aggressioni non hanno regole, non c'è nessun arbitro che ferma lo scontro e attribuisce punteggi... Anche per questo motivo moltissime arti marziali "tradizionali" hanno sviluppato, al loro interno, soprattutto negli ultimi anni, un settore meno agonistico e più "di autodifesa", ciò non di meno l'aspetto psicologico continua a giocare un ruolo di primissimo piano in caso di aggressione reale, andando ben oltre la preparazione fisica ed atletica "da palestra".

Tornando al dramma dell'omicidio avvenuto a Saronno, stando a quanto divulgato fino ad ora dagli organi investigativi, pare che nulla lasciasse presagire lo scatenarsi della furia omicida: l'uomo è entrato in negozio, ha parlato con la vittima come un cliente qualunque... nulla, nel suo atteggiamento, ha messo in allarme nè la gioielliera, né gli esercenti dei negozi vicini, nè i passanti che percorrevano la via in quei momenti. Di fronte ad un'aggressione tanto improvvisa e, a quanto pare, immotivata probabilmente anche un esperto marzialista si sarebbe trovato in pericolo, non avendo tempo e modo di reagire. Quella che si è verificata in città è una tragedia che, a mio parere, non poteva essere prevista e, pertanto, evitata, né con un numero superiore di pattugliamenti da parte delle forze dell'ordine, né grazie alla pratica di qualche disciplina marziale. 
Detto questo, rimango convinta del valore delle arti marziali: sviluppare un senso critico verso la realà che ci circonda, essere in grado di avere uno spirito vigile ed attento, pronti a reagire in modo appropriato a determinati eventi esterni che ci minacciano, evitandoli per tempo o, in casi estremi, reagendo con decisione, può rivelarsi estremamente utile. Mantenendo però sempre la consapevolezza che nulla, neppure lo stile più famoso e "di tendenza", potrà renderci invulnerabili.

giovedì 8 agosto 2013

La fortuna è cieca, ma...

Se state attraversando un periodo non proprio baciato dalla fortuna, se vi sentite tristi e perseguitati dalla malasorte, ebbene, sappiate che c'è chi sta peggio di voi. E non è un modo di dire! Erik Norrie è un pescatore americano, dello stato della Florida, ed è balzato agli onori della cronaca dopo essere sopravvissuto al morso di uno squalo mentre si trovava in vacanza alle Bahamas con la sua famiglia ma, per quanto strano possa sembrare, non è stato l'attacco del re degli abissi a procurargli la notorietà mondiale, bensì la sua sfiga conclamata.

Erik, che ha perso parte della gamba in seguito all'attacco dello squalo e sta subendo una serie di interventi chirurgigi ricostruttivi, potrebbe tranquillamente fregiarsi del titolo di "Re della sfortuna" dal momento che questa disavventura marina è soltanto l'utlima delle iatture che si sono abbattute su di lui: è stato infatti colpito da un fulmine, morso da un serpente e persino attaccato da delle scimmie!

Nonostante questa indicibile sequenza di calamità, però, è stato proprio il morso dello squalo al largo delle Abaco Islands a fargli davvero temere per la propria vita, almeno secondo quanto riportato dal Daily Mail: "Quando mi sono voltato, lo squalo aveva appena finito di mordere e strappare la carne e si stava allontanando, così ho potuto vedere un pezzo della mia gamba nella sua bocca - ha raccontato - Poi lo squalo è tornato ad avvicinarsi, nuotando nella pozza di sangue che si era formata, ma a quel punto il mio patrigno si è gettato in acqua, mettendosi tra me e il predatore, e con la fiocina abbiamo cercato di scacciarlo; appena si è allontanato un po' siamo risaliti in barca e con gli elastici della fiocina ho cercato di fermare l'emorragia, ma ho davvero pensato che stavo per morire". Nel frattempo i suoi famigliari avevano chiesto aiuto via radio ed un medico giunto sul posto ha accompagnato il povero Erik in un ospedale locale.

Certo una simile disavventura fa vedere con occhi del tutto nuovi la "sfortuna" di essere incappati in un albergo al di sotto delle nostre aspettative o di aver dovuto posticipare la vacanza per un problema in ufficio...
Resta da capire il mistero di come possa, una sola persona, incappare in tante sfortune nel corso della propria giovane vite. I Norrie, ferventi cattolici, non si pongono domande e ringraziano Dio per questo nuovo, scampato pericolo, richiamando alla mente il biblico Giobbe e la sua stoica sopportazione di ogni prova. Ora Erik è rientrato in Florida e si sta rimettendo dalla brutta esperienza che, ci si augura, sia l'ultima della sfortunatissima serie.
(Si stima che le probabilità di venir attaccati da uno squalo siano una su 11,5 milioni e quella di essere colpiti da un fulmine negli Stati Uniti sia di una su 280 mila)

lunedì 5 agosto 2013

A spasso con Ollie, riflessioni su un libro di cani e uomini

"Quando si prende un cane, si può anche rischiare di impazzire...", chiosa la quarta di copertina di questo libro, lasciando intendere che l'elemento "sbagliato" nella relazione uomo-cane sia proprio quest'ultimo e, rincara subito la dose, "Ollie è un cane salvato. Peggio, è un lurcher salvato, e peggio ancora un lurcher salvato che ha in sè qualce goccia di sangue saluki". Se a questo punto vi state domandando cosa diamine siano un lurcher ed un saluki siete esattamente nelle mie stesse condizioni quando ho preso in mano quest'opera per la prima volta. 
Stephen è uno scrittore - ovvio, è l'autore di questo libro - che lavora a casa e che, più per lenire la sofferenza della sua compagna che non per reale convincimento, decide di prendere un cane. Il tutto con esaltanti premesse, la più importante delle quali è che non è assolutamente un amante dell'aria aperta nè men che meno dell'attività fisica; lo sa, viene da chiedersi, che i cani hanno bisogno non soltanto di svuotarsi periodicamente le viscere ma anche di sgranchirsi le zampe? Certo che lo sa, ma la cosa non lo impensierisce più di tanto. E non lo preoccupa neppure quando, invece di un peluche, pensa di portarsi a casa un vizsla

Cosa caspita è un vizsla? Un attimo e ve lo spiego, essendo incappata in questo dilemma prima di voi ed essendomi informata: il vizsla altro non è che il bracco ungherese. Ora, non serve essere un genio nè un cinofilo esperto per capire che un bracco è un cane da caccia e, ma pensa un po'!, i cani da caccia adorano stare all'aria aperta, fare attività fisica e sgranchirsi le zampe! 
Ma allora, perchè mai Stephen vuole un cane simile? Ovvio: perchè gli piace esteticamente. Insomma, lo vuole perchè è bello. Punto.
Se state pensando - come ho fatto io prima di voi - di mandare questo scrittore a quel paese e di rinunciare alla lettura di un libro così irritante, aspettate. Perché il peggio deve ancora venire (ma anche il meglio)!
Fortunatamente, infatti, il "progetto vizsla" non va in porto e, al posto di un bracco ungherese dalla nobile genealogia, nella vita di Stephen e Trezza entra Ollie, un trovatello adottato al Centro di Recupero della Lega di Difesa del Cane. Come è facile immaginare, il canile aveva a disposizione diversi cani, ma la scelta finisce su questo cucciolo lurcher con qualche goccia saluki. 

Ed ecco - se siete soci E.N.C.I. saltate pure questo passaggio - di che si tratta in parole povere: il lurcher è una "razza in via di riconoscimento" con chiare ascendenze di levriero (sì, proprio i cani allevati appositamente per correre dietro le lepri. Adattissimo a uno scrittore pantofolaio, eh!), incrociato per divenire ancor più un abile cacciatore e selezionato di colore scuro per potersi mimetizzare nelle battute di caccia notturne (ricordate, il proprietario sarebbe stato lo scrittore pantofolaio, Stephen, quello per cui "fare del moto" significa uscire di casa per andare al pub con gli amici). Il saluki, poi, dà il colpo di grazia: trattasi di levriero persiano, una delle più antiche razze canine riconosciute, fin dagli albori selezionato per la caccia d'inseguimento veloce. 
Il libro prosegue parlando delle infinite mancanze di Ollie - disubbidiente, timoroso, persino altezzoso e permaloso - tralasciando quelle del proprietario (che strano, forse perché si tratta dell'autore?): debole, rinunciatario, completamente incapace di educare un cane o forse nemmeno davvero desideroso di farlo, si aspetta che l'animale ubbidisca e realizzi le sue aspettative quasi per magia o per illuminazione celeste. Stephen porta il cane al parco e lo lascia senza guinzaglio. In un parco pubblico. Un levriero! Ed ha anche il coraggio di lagnarsi perché Ollie si mette a correre come un pazzo, infischiandosene allegramente dei suoi richiami (dopo che, è ovvio, lui non ha speso neppure un minuto per insegnare al cane a tornare al richiamo del padrone).
Insomma: questo è il libro che tutte le persone che desiderano un cane - qualunque cane - dovrebbero leggere e se rispecchiano, anche solo in minima parte, la personalità di Stephen traggano lezione e rinuncino. Un cane è un essere vivente, con un carattere proprio e proprie esigenze. Se desiderate qualcosa di "carino" prendete un peluche, se volete qualcosa di "decorativo" esistono magnifici levrieri scolpiti nel marmo, ma per l'amor del cielo state alla larga dai cani in carne, ossa e pelliccia!

Titolo: A spasso con Ollie
Autore: Stephen Foster
Traduzione: Maria Luisa Cesa Bianchi
Editore: Sperling & Kupfer
Anno d'edizione: 2009

P.S. Poi Stephen "migliora", quindi c'è una sorta di lieto fine, sebbene io non possa far a meno di concordare con il TLS (The Times Literary Supplement, ndr) che, sempre dalla quarta di copertina, asserisce: "Il libro di Foster dimostra una grande verità: l'unica cosa che spesso non va nei cani sono i loro padroni".

domenica 4 agosto 2013

Isola di Sant'Antioco, la storia

Il post precedente si era concluso con una piccola anticipazione sull'antichissima storia dell'Isola di Sant'Antioco, che affonda le proprie radici in epoche molto remote. Come detto, i Fenici - che in un primo momento raggiungevano l'isola navigando e si limitavano a commerciare con le popolazioni nuragiche - fondarono la città di Sulki e si dedicarono al commercio, ma anche alla pesca ed all'agricoltura, che veniva praticata all'interno dell'isola, nella pianura chiamata "Canai" che non a caso significa "terra fertile"; per quanto riguarda la pesca, invece, questa veniva praticata non soltanto in mare aperto ma si ritiene che venissero sfruttati anche gli stagni con dei vivai.
Il tonno, che ancora oggi rende celebre la Sardegna, veniva pescato in mare, conservato sotto sale - ancora oggi, giungendo a Sant'Antioco, si possono ammirare stagni in cui l'acqua di mare evapora lasciando uno strato di sale sulla superficie sabbiosa - e venduto.
Le case erano semplici, realizzate con mura in mattoni di fango che venivano intonacate e con pavimenti in terra battuta, avevano spesso un cortile interno con una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana; in prossimità del porto è probabile vi fosse un ampio spazio riservato al mercato, con una piazza circondata da magazzini.

Verso il 540 a.C. Cartagine inviò in Sardegna un esercito capeggiato da Malco, che venne però sconfitto dai Fenici alleati ai Sardi; tuttavia i Punici non rinunciarono all'impresa, attratti dalla florida agricoltura e dai ricchi giacimenti minerari, e attorno al 510 a. C. Cartagine riuscì a sottomettere Sulki e Tharros. Del periodo cartaginese resta un'imponente necropoli che occupa quasi tutto il colle di Sant'Antioco, mentre due imponenti leoni di pietra - oggi conservati al museo cittadino - erano posti a guardia della porta che si apriva nella cinta muraria. Anche i Cartaginesi, poi, utilizzarono il Tophet come già fecero in precedenza i Fenici, deponendovi i resti di bambini morti in tenerissima età (vedi articolo precedente).
In seguito alla prima guerra punica, terminata nel 241 a. C., i Romani desistettero e lasciarono l'isola in mano cartaginese, tuttavia poco tempo dopo, i soldati mercenari al soldo di Cartagine le si ribellarono e chiesero l'intervento di Roma; fu così che, nel 328 a. C., la Sardegna - e quindi anche Sulci - passarono in mano romana. Il cambio di dominazione avvenne in modo pacifico perchè le popolazioni costiere, per tutelare i propri interessi commerciali, si sottomisero a Roma senza combattere e proprio la città di Sulci in particolare si sviluppò e crebbe notevolmente soprattutto nel corso dell'età imperiale; è a questo periodo storico che appartiene il ponte romano visibile all'ingresso dell'isola di Sant'Antioco, che fa parte dell'istmo realizzato dai romani per congiungere l'isola al resto della Sardegna. Il ponte che ancora oggi si vede arrivando a Sant'Antioco è il terzo di tre ponti realizzati, l'unico dei quali resta traccia. Fu con i romani di epoca imperiale che sull'isola giunse il cristianesimo, una nuova religione che viaggiava insieme ai commercianti, o portata dai soldati convertiti, o bagaglio di speranza dei cristiani esiliati e condannati ai lavori forzati nelle miniere sarde.

Una storia tanto ricca ha lasciato un autentico tesoro archeologico ed artistico, in parte ancora disseminato tra le strade e le piazze dell'isola - il ponte romano, le catacombe in cui vennero ritrovate le spoglie di Antioco, poi divenuto Santo, che ancora oggi si trovano sotto la chiesa che porta il suo nome,  la fontana di epoca imperiale al centro di Piazza Italia, la torre di Calasetta... - in parte conservato nei musei. Diversi anni fa, a Calasetta, proprio all'interno della torre che domina il paese, venne realizzata una mostra di reperti rinvenuti in loco; le foto che trovate qui furono scattate in quell'occasione.

venerdì 2 agosto 2013

Meteo Meduse, al mare sicurezza e scienza vanno a braccetto

Aurelia, Marivaglia e Salpa, ma ci sono anche la piccola Olindas e la gingantesca Drymonema, per non parlare della pericolosa Physalia: sono solo alcune delle meduse presenti nel mar Mediteraneo e monitorate grazie al servizio "Meteo Meduse".

Di che cosa si tratta? E' un sistema che consente a chi è in mare di segnalare la presenza di meduse, condividendo la propria esperienza grazie all'utilizzo di smartphone, cellulari e palmari: i dati raccolti vengono utilizzati per realizzare una mappatura costantemente aggiornata della presenza di meduse lungo le coste italiane, consentendo da un lato ai bagnanti di evitare spiacevoli incontri e, dall'altro, offrendo agli scienziati la possibilità di avere migliaia di occhi puntati su queste affascinanti ma spesso urticanti creature.
Tutte le segnalazioni, infatti, confluiscono all'Università del Salento, dove un'equipe specializzata monitora la situazione ed emette veri e propri "bollettini meteo" che, invece di segnalare nubi, vento o sole, evidenziano lo stato del mare e le meduse presenti; bollettini pubblicati sul sito meteomeduse.focus.it che dispensa anche consigli su cosa fare in caso di puntura e fornisce una dettagliata scheda delle meduse, per poterle riconoscere e capirne il livello di pericolosità. L'iniziativa, promossa dall'Università del Salento e diffusa grazie a mezzi d'informazione scientifica quali "Superquark"(puntata in onda giovedì 18 luglio) ed il mensile "Focus", è giunta ormai al suo terzo anno di vita ed ha permesso di raccogliere numerosi dati relativi alle diverse specie di meduse che popolano il Mediterraneo.
Peraltro, come ha avuto modo di sottolineare lo stesso zoologo Ferdinando Boero nel corso della puntata di Superquark, la presenza di questi animali è andata via via crescendo nel corso degli anni ed il perchè è presto detto: sulla terra come tra le onde, quando scarseggiano i predatori le prede prosperano; così le meduse hanno tratto gran giovamento dalla scomparsa dei grandi predatori marini come i tonni e dal progressivo "svuotamento" del mare.
Come se non bastasse, l'epidemia di morbillo che ha letteralmente decimato alcune popolazioni di delfini ha provveduto a togliere di mezzo moltissimi probabili predatori, per non parlare poi di tutti i cetacei e le tartarughe marine che rimangono impigliati accidentalmente nelle reti da pesca. Le meduse prosperano, dunque, e non solo, hanno ottime prospettive di ulteriore crescita: essendo predatrici a loro volta di uova e di pesci neonati, con l'aumentare del loro numero aumentano i killer di pesci neonati che, una volta cresciuti, potrebbero cibarsene. Un circolo vizioso infernale.
La soluzione? Un possibile spiraglio viene aperto dalla FAO: l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura propone infatti di pescare le meduse per sfruttarne le tante proprietà benefiche in cosmesi, medicina e persino... in cucina. Eliminati i tentacoli e accompagnate da gustose salse, le meduse possono tramutarsi in un piatto buono e salutare, che elimina tossine e batteri ed aiuta a regolarizzare la pressione arteriosa. Insomma: se non puoi vincerli... mangiali!
Se il pensiero di gustare un'insalata di medusa non vi attrae, potete contribuire nel vostro piccolo a controllare il fenomeno con un semplicissimo MMS: quando avvistate una o più meduse in mare, scattate una foto e mandate la vostra segnalazione a Meteo Meduse.