mercoledì 29 maggio 2013

Palestre low cost: sfruttamento e truffe dietro l'angolo

Tutto è cominciato con il terremoto che ha squassato l'Emilia Romagna. Insieme a molti capannoni industriali, infatti, a tremare in quell'occasione è stata anche la Palestra Motus di Carpi: inizialmente chiuso per motivi strettamente collegati alla sicurezza della struttura, il centro fitness poi non ha mai più riaperto i battenti a causa di motivi economici. Il terremoto, infatti, aveva portato alla luce un baratro - sarebbe riduttivo parlare di buco - nel bilancio per quasi 200 mila euro. Un bello smacco per i tesserati di Carpi che avevano già pagato le quote d'iscrizione e che, dall'oggi al domani, si sono sentiti dire che la palestra non avrebbe mai più riaperto e loro non avrebbero mai rivisto i soldi versati. Se non che gli ex palestrati low cost hanno scoperto di non essere i soli ad aver perso denaro e palestra: anche a Prato, infatti, la locale palestra Motus ha chiuso i battenti, lasciando con un palmo di naso i frequentatori che si sono così visti privare in un sol colpo di cyclette, step, kettleball e quattrini. 

Come mai ci siano palestre Motus in luoghi tanto lontani - Carpi e Prato distano circa 150 chilometri l'uno dall'altro - è presto detto: Motus è un brand commerciale utilizzato da diverse società autonome, sorta di franchising specializzato nell'offrire servizi essenziali di benessere low cost, 24 ore al giorno e 7 giorni su 7, presente in Emilia, Toscana e Lombardia. Insomma, se abiti in una di queste regioni e ti viene voglia di fare spinning alle 3 del sabato mattina, in una struttura Motus puoi farlo. Ammesso, è chiaro, che la struttura non sia fallita nel frattempo... E l'ipotesi non è tanto peregrina, dal momento che persino i cronisti in nero de "Le Iene" hanno indagato sulla vicenda della Motus toscana.

I clienti rimasti senza palestra e senza soldi nel frattempo hanno deciso di unirsi, hanno preso parte ad una assemblea pubblica per fare il punto della situazione ed hanno poi pensato di intraprendere una class action contro il colosso del fitness a basso costo. Colosso che nel frattempo ha anche qualche altra gatta da pelare, sempre ricollegabile alla struttura di Carpi: le condizioni di lavoro dei dipendenti, infatti, sono ora sotto la lente d'ingrandimento della competente autorità provinciale, dopo la denuncia di una ventina di giovani impiegati a vario titolo nella Motus. 
Stando a quanto emerso - e riportato dal quotidiano locale Modenatoday - la società che gestiva la palestra aveva fatto sottoscrivere a questi giovani una "dichiarazione di attività gratuita e volontaria": centralinisti, addetti alla contabilità e all'assistenza clienti, impiegati ed addetti alle pulizie, insomma, avrebbero lavorato soltanto perchè spinti "dall'attaccamento ai colori sociali", non percependo alcuna paga per le loro prestazioni e, ovviamente, anche "sollevando da ogni responsabilità la società nello svolgimento delle attività".
L'ipotesi al vaglio ora degli uffici provinciali è che la Motus abbia collezionato una lunga serie di irregolarità su più fronti, "che evidenziano una gestione senza scrupoli, al limite di una truffa ben congegnata" (come scrive Francesco Baraldi su Modenatoday, ndt); non ultima la presunta irregolarità retributiva e contributiva nei confronti di questa ventina di giovani dipendenti, retribuiti saltuariamente ed in nero, con orari di lavoro senza alcuna regola che li hanno di fatto privati di ogni diritto agli ammortizzatori sociali. 
Cercare di risparmiare, soprattutto in un momento come questo, è legittimo, ma occorre essere consapevoli del fatto che nessuno regala niente e spesso dietro prezzi scontatissimi si celano brutte vicende: l'abbiamo visto con i libri ed i prodotti di Amazon, lo vediamo ora con le palestre Motus.

Un aggiornamento lo trovate qui.

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