domenica 30 ottobre 2016

T'ienshu, Halloween e terremoto

Fino ad una cinquantina di anni fa in Italia si ignorava cosa fosse Halloween e si festeggiavano la ricorrenza di Ognissanti e quella dei Defunti. In diverse parti della penisola, questa era un'occasione per raccogliere fondi da destinare i più bisognosi.
In questo 2016 funestato dai tanti terremoti che stanno colpendo ripetutamente il centro Italia, la Scuola di T'ienshu di Saronno e l'Accademia Marziale hanno proposto di accantonare per un po' il commerciale "Dolcetto o scherzetto?" per concentrarsi sulla solidarietà, in un'iniziativa che mi sento di abbracciare in toto, in piena adesione al principio dell'attenzione all'essere umano che contraddistingue il T'ienshu e fatto proprio dall'Accademia Marziale.
Si tratta di una raccolta fondi volontaria aperta a tutti gli iscritti ai corsi di T'ienshu dell'Accademia Marziale Saronno. Chi vuole contribuire, in forma anonima, potrà versare la propria offerta nel corso delle lezioni lunedì 7 e mercoledì 9 novembre.

venerdì 28 ottobre 2016

Non tutti gli adolescenti vengono per nuocere. Conoscere e supportare i nativi digitali, adolescenti navigati

Criticare i giovani d'oggi è il primo sintomo di vecchiaia, avevo detto una volta, ormai qualche anno addietro, parlando con mio marito. 
Queste parole, pronunciate quasi come una battuta, trovo che in realtà siano molto vere: ricordo gli sguardi pieni di disapprovazione che gli allora adulti lanciavano a me ed ai miei compagni di scuola quando, quindicenni o giù di lì, vestivamo in modo per loro incomprensibile e ci sparavamo nelle orecchie la musica dei walkman che per loro era soltanto rumore assordante.
E ricordo anche che i miei genitori mi hanno più volte raccontato come i loro genitori trovassero orribili le canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones, come ritenessero Celentano, Gianni Morandi e Patty Pravo degli urlatori, quanto inorridissero al pensiero che in tv le gemelle Kessler esibissero tanto le loro gambe (questo infastidiva soprattutto mia nonna; a quanto ne so i miei nonni maschi non hanno mai avuto nulla da ridire al riguardo...).
Il divario generazionale c'è sempre stato e sempre ci sarà, ma soprattutto si nota in questi anni vissuti ad alta velocità: nel Medioevo il figlio del contadino, pur magari con qualche ribellione adolescenziale non tramandata dagli annali, finiva col fare il contadino e a generare contadini; noi, nel volgere di qualche decennio, siamo passati dalla tv in bianco e nero al blu-ray ed alle trasmissioni on demand, dal telefono a gettoni nel bar del paese allo smartphone.

La questione, dunque, è semplice: desideriamo limitarci a criticare questi giovani d'oggi o, piuttosto, vogliamo provare a capirli e, se possibile, aiutarli a crescere e a realizzarsi, diventando gli adulti che vorremmo popolassero la civiltà di domani?

Una domanda simile se la pone anche l'autore di questo libro, che getta uno sguardo lucido ed attento sui cosiddetti nativi digitali (i ragazzi nati attorno al 2000, quelli che hanno come madrelingua il web e la tecnologia, mentre noi siamo immigrati digitali, persone che - spesso per motivi professionali - si sono avvicinati alle nuove tecnologie informatiche e smart).
Come vivono la loro adolescenza? Quando è davvero il caso di preoccuparsi per tutto il tempo che trascorrono connessi? Quali meccanismi si celano dietro a fenomeni tanto inquietanti per noi adulti come il sexting ed il cyberbullismo? Come possono genitori ed insegnanti supportarli e sostenerli in questo periodo tanto delicato della loro vita, accompagnandoli verso l'età adulta? 

I giornali - anche quelli online, diffusisi non a caso in quest'epoca di elevatissima digitalizzazione e di informazione condivisa - accompagnano spesso i fenomeni di sexting e di cyberbullismo con le parole "allarme" ed "emergenza", ma è davvero così oppure, più semplicemente, si tende ad amplificare un fenomeno alla ricerca dello scoop invece di tentare di capirne le reali cause?
Come accade con molti altri disturbi che fanno la loro comparsa soprattutto in età puberale ed adolescenziale (anoressia, uso di sostanze stupefacenti, uso od abuso di fumo ed alcol ecc.), infatti, anche questi legati al web non sono problemi "a se stanti", ma hanno cause profonde nel vissuto dei ragazzi, nella loro difficoltà ad affrontare la crescita ed i cambiamenti psicologici e fisici che questa comporta.

Titolo: Adolescenti navigati - Come sostenere la crescita dei nativi digitali
Autore: Matteo Lancini
Editore: Erickson
Anno di edizione: 2015

Per approfondire:

sabato 22 ottobre 2016

Fede e peccato. Ma i cristiani possono fare arti marziali?

Giacobbe lotta con l'angelo. Alexandre-Louis Leloir (1865 ca.)
Fare arti marziali non è peccato. 

Non lo è praticare discipline di combattimento per sport, se rispetto l'essere umano che mi trovo a fronteggiare.
E non è peccato neppure l'autodifesa, il combattimento reale che può accadere di dover affrontare per mettersi in salvo da un individuo che minaccia la mia incolumità.

Più volte, in passato, ho cercato di esporre il mio punto di vista di cristiana cattolica, credente e praticante, in merito alla "questione arti marziali", perché mi rendo conto io per prima che cercare di coniugare il costante e continuo invito alla pace di Cristo con la pratica di discipline marziali (quindi, per stessa etimologia, "di guerra") sia tutt'altro che impresa semplice.
E capisco che quanti cercano di vivere davvero la propria fede, non limitandosi a sporadiche apparizioni in chiesa, si trovino a porsi domande circa le arti marziali praticate come sport e persino relativamente all'autodifesa.
Erano, i miei, ragionamenti personali, senza pretesa di essere la verità assoluta, poiché io sono una persona che le risposte le cerca. Non sono un guru, non ho la scienza infusa né le risposte ai grandi quesiti della vita. (Per chi fosse interessato, trovate gli articoli in merito qui, qui e qui).

Pankration, lotta greca sportiva.
Statuetta bronzea di due lottatori
II sec. a.C., Monaco di Baviera
Però so che praticare arti marziali (come T'ienshu, Judo, Aikido, Wushu...), sport da combattimento (come Pugilato, Lotta, Thai Boxe, MMA...) o discipline d'autodifesa (come T'ienshu, JKD Kali, Krav Maga...) non è peccato. 
E lo so perché a dirlo è il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Nella sua Parte Terza, Sezione Seconda, Capitolo Secondo "Amerai il prossimo tuo come te stesso", l'Articolo 5 analizza il quinto Comandamento "Non uccidere"; proprio qui vi sono i punti 2264 e 2265, che recitano rispettivamente:
2264 -  L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. E' quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale: 
"Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita [...]. E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che all'altrui" (San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae).
2265 - La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.

Pugilatore a riposo.
Statua bronzea, forse di Lisippo
IV sec. a.C., Roma
Questi passi si riferiscono all'estrema e più drammatica conseguenza che l'autodifesa può avere, ovvero l'uccisione di un altro essere umano. 
Pare ovvio che, se non è peccato questo, men che meno lo è praticare sport da ring o discipline da combattimento per puro svago, per divertimento o per una maggior realizzazione personale. Così come peccato non è ricorrere all'autodifesa per potersi salvare da una seria minaccia.
Non solo: chi è responsabile della vita di altri ha il grave dovere di difenderla. Quindi, se la seconda parte del punto 2265 è chiaramente rivolta ai tutori della legge detentori dell'autorità, la prima parte è di più ampio respiro: io genitore, ad esempio, sono responsabile della vita del mio bambino e in quanto tale posso essere chiamato ad agire per difenderlo.

lunedì 17 ottobre 2016

La grande storia italiana debutta in tv con la fiction "I Medici"

C'è grande attesa per il debutto della serie tv "I Medici", nuova fiction targata Rai che verrà trasmessa sulla rete ammiraglia da martedì 18 ottobre.

E' il 1429 e a Firenze il banchiere Giovanni di Bicci de' Medici (Dustin Hoffman) è al culmine della propria realizzazione personale e professionale: il banco rilevato dallo zio ha avuto fortuna, aprendo nuove filiali anche nelle fiorenti città di Venezia, Napoli e Roma.
Proprio a Roma, grazie ad un importante accordo siglato con il Papa, l'amico Giovanni XXIII (nato Baldassarre Cossa e passato alla Storia come l'antipapa), riuscì ad assumere quasi interamente il monopolio delle entrate pontificie, acquisendo potere e prestigio.
Prerogative che non vennero meno neppure quando Papa Giovanni XXIII venne deposto nel 1415, in seguito al concilio di Costanza, e sostituito al soglio pontificio da Papa Eugenio VI (interpretato da David Bamber).

Sull'importanza che il capostipite della famiglia de' Medici ed i suoi figli Cosimo (Richard Madden) e Lorenzo (Stuart Martin), così come pure i discendenti, hanno avuto nella Storia d'Italia e dell'intero Rinascimento europeo c'è poco da dire; basti ricordare che il celeberrimo scritto "Il Principe" di Niccolò Machiavelli è dedicato a Lorenzo de' Medici e che Lorenzo, detto Il Magnifico, fu il più celebre mecenate del Rinascimento italiano, sostenendo artisti e letterati quali Botticelli, Michelangelo, Poliziano, Pico della Mirandola, Dante e Giotto.

La Storia differisce dalla narrazione televisiva: nella serie tv, infatti, Giovanni di Bicci viene assassinato ed i due figli Cosimo e Lorenzo indagano sull'avvelenamento, mantenendolo al contempo segreto. Una storia di intrighi e misteri, dunque, che si ripropone di tenere gli spettatori incollati davanti allo schermo per tutti gli otto episodi della fiction.
La Storia, quella vera e con la S maiuscola, cede il posto in diversi momenti alla pura narrazione di quello che è concepito per essere una sorta di giallo del passato, ma non che questo sia un male: in fondo, tanto lo sceneggiatore quanto il regista hanno più volte ribadito che non si tratta di un documentario, ma di una fiction e come tale va presa. 
E la Storia, quella vera e con la S maiuscola, non avrebbe fatto tanta presa in tv: difficile davvero paragonare l'autentico Cosimo de' Medici al fascinoso Richard Madden, nonostante la quasi maniacale attenzione per i dettagli, ad esempio.
(Il ritratto che vedete qui riprodotto, realizzato attorno al 1545 da Agnolo Bronzino, è ancora oggi esposto presso gli Uffizi di Firenze).

domenica 16 ottobre 2016

Ironclad: battle for blood

Forse avvicinarsi a questo mondo partendo dal secondo film della saga non è stata una buona idea.

Forse avrei dovuto vedere prima "Ironclad", conoscerne i personaggi, esplorarne le storie.
Ma in tv RaiMovie ha passato "Ironclad: battle for blood" ed io, che non sapevo che ci fosse un "episodio" precedente, l'ho guardato.
Belle le ambientazioni, ben ricostruiti i costumi, piuttosto apprezzabili attori e colonna sonora. Punto.
Finisce qui ciò che di buono posso dire su questa produzione di Jonathan English, che annovera tra i protagonisti persino Michelle Fairley, che ha recitato in "Game of Thrones".

Anno 1221, in Inghilterra i discendenti dei Normanni si trovano a fronteggiare gli indomiti Celti scozzesi, intenzionati a riprendersi le terre loro sottratte dagli inglesi. Gilbert De Vesci (David Rintoul), nobile inglese, si trova ad essere attaccato con la propria famiglia all'interno del castello ereditato dal padre ed invia il primogenito Hubert (Tom Rhys Harries) a chiedere l'aiuto del cugino Guy the Squire (Tom Austen), abile mercenario.
L'uomo, non per onore ma per vil denaro, accetta di seguire il ragazzo ed arruola nell'impresa un amico taciturno, una pluri omicida condannata a morte ed il boia che avrebbe dovuto eseguire la sentenza.

La trama mi è parsa prevedibile e piuttosto inconsistente; un sacco di morti a destra e a manca senza che nemmeno si possano apprezzare le scene di battaglia, dal momento che paiono girate da cameramen in preda al delirium tremens. 
Spade, stiletti, asce da battaglia le annovero tra i costumi già in precedenza menzionati come ben ricostruiti e storicamente verosimili. Niente da aggiungere, se non che ci sono mille modi per trascorrere in modo più piacevole o più produttivo 108 minuti.

venerdì 14 ottobre 2016

Trasferta in Val d'Aosta

Mi rendo conto solo ora di non aver scritto neppure una riga in merito alla mia trasferta in Val d'Aosta.

Ed eccomi qui, a porre rimedio.
Sabato 8 ottobre il Maestro Sabino Gemma, il Maestro Davide Carpanese, il Maestro Giuseppe Di Pace ed una piccola rappresentativa della Scuola Wo Chen di Saronno si è recata a Chatillon, in Valle d'Aosta, per uno stage tecnico applicativo di T'ienshu con gli Istruttori ed i ragazzi della scuola locale, la Tao Xiè. Ed io ero parte della comitiva.
E' stato un incontro davvero piacevole e divertente e lo so che chi non pratica arti marziali né discipline d'autodifesa fatica non poco a capire come possa essere definito divertente il fare a botte per ore ed ore, ma vi assicuro che è così: quello che dall'esterno può apparire come fare a botte in realtà è un'occasione di confronto con se stessi innanzi tutto, con chi ti affronta in seconda battuta ed è sempre e comunque opportunità di crescita personale. Il tutto in un'atmosfera serena, priva di pressioni.

La giornata di sabato non ha fatto eccezione: abbiamo avuto modo di incontrare e confrontarci con persone che condividono la nostra stessa passione ma che, al contempo, hanno metodologie d'allenamento e di pratica differenti, cosa, questa, che ha fatto sì che ci confrontassimo con "avversari" diversi dal solito, fattore estremamente utile per poter valutare l'effettiva capacità di esecuzione e la validità difensiva di una tecnica. 
In palestra capita spesso di finire con l'allenarsi sempre con la stessa persona: perché si è fisicamente affini (un alto tenderà a cercarsi un "avversario" alto), perché si è stati abbinati così la prima volta e poi si è semplicemente andati avanti, perché ci si trova simpatici a vicenda... Fatto sta che così si finisce con il conoscersi. 
Io so come mi attaccherà il mio compagno, so quanta energia metterà in una spinta, so quanto è sensibile alle leve articolari, so che preferisce i pugni ai calci... e tutto questo, alla lunga, falsa l'autenticità dell'allenamento. Viene a mancare l'effetto sorpresa.
Effetto che, al contrario, si ha appieno nel corso degli stage, quando "ci si mischia" con praticanti che non si conoscono, che nel migliore dei casi si vedono un paio di volte all'anno e di cui sai decisamente pochino.  
Giornata molto interessante e divertente, dunque, magnificamente coronata dalla visita al bel castello d'Ussel e dal pantagruelico pranzo al vicino Ristorante Chez Nous.


lunedì 10 ottobre 2016

Pordenone: campionessa di boxe stende tre aggressori

E' successo di nuovo.

Ancora una volta, una donna è stata aggredita.
Ma, a differenza di quanto accade fin troppo spesso, questa volta è stata lei a mettere al tappeto i criminali. 

La notizia è stata ripresa in modo frammentario da diverse testate giornalistiche, tuttavia quanto si sa al momento è che nella notte di venerdì 7 ottobre ottobre a Pordenone una donna è stata avvicinata da tre uomini - profughi di nazionalità pakistana, a quanto riferisce Il Messaggero Veneto - malintenzionati, ma la giovane li ha stesi tutti e tre.
Perché lei è Daiane Ferreira, pugile ventottenne nata in Galizia ma da tempo residente in Italia, qualificatasi per le recenti Olimpiadi di Rio de Janeiro nonché campionessa iberica dei mediomassimi.

Stando a quanto ricostruito dallo speaker di TelePordenone, la giovane sarebbe uscita attorno alle 23.30 per portare il cane a fare la consueta passeggiata ed avrebbe notato distrattamente tre uomini che tracannavano bottiglie di birra. Il cane, solitamente tranquillo, ad un certo punto si è messo ad abbaiare e, voltatasi di scatto, Daiane ha notato che uno dei tre cercava di ghermirla alle spalle così, senza pensarci, gli ha sferrato un pugno al mento, mandandolo ko. Il secondo aggressore ha cercato di afferrarla per un braccio, ma Daiane gli ha riservato un gancio ed un montante, così come pure al terzo.
La polizia, giunta sul posto allertata da un passante, ha trovato una scena insolita: tre giovani uomini stesi a terra, mentre la potenziale vittima appariva incolume. E solo la provvidenziale testimonianza di un passante, testimone oculare dell'accaduto, ha fatto sì che non fosse lei ad essere portata in Questura. 

venerdì 7 ottobre 2016

Pandorica

Verrà presentato l'11 ottobre negli Stati Uniti, ma nel frattempo "Pandorica" è già disponibile sul mercato europeo e, dopo qualche scambio di battute con l'attore Marc Zammit, ho avuto la possibilità di guardare questa produzione britannica (ovviamente in lingua inglese) che si appresta a varcare i confini oceanici.

Molto tempo fa, soltanto le comunità più isolate del pianeta sopravvissero, costrette a tornare ad uno stile di vita più semplice: questo evento è conosciuto come il Grande Reset.
Da allora sono passate intere generazioni.
La tribù dei Varosha si spinge raramente fuori dal proprio territorio. 
Tutti i bambini sono considerati possibili futuri capi, ma soltanto tre di loro, dopo duri allenamenti e selezioni, saranno scelti dagli anziani della tribù per affrontare, accompagnati dal capo regnante, un viaggio pericoloso e denso di difficoltà: soltanto uno di loro potrà fare ritorno a casa come nuovo leader.

Il film ha un ritmo molto veloce ed incalzante, sapientemente evidenziato da un'azzeccata base musicale, capace anche di creare la giusta tensione, e, prima ancora che il titolo faccia la sua comparsa sullo schermo, i tre aspiranti leader sono già impegnati in uno scontro fisico: quale incentivo migliore, per un'amante dell'azione come me?
Eiren (Jade Hobday), Ares (Marc Zammit) e Thade (Adam Bond) seguono e si scontrano, anche, con il capo Nus (Luke D'Silva), consapevoli di essere giunti al limitare della foresta per affrontare il loro destino, in un'avventura estrema che potrà concludersi solo con il trionfo. O la morte. 

Non voglio correre il rischio di spoiler internazionali, quindi mi limito a dire che a me "Pandorica" è piaciuto: senza bisogno di far ricorso agli effetti speciali tanto usati - spesso anche abusati nella cinematografia contemporanea - i protagonisti riescono, sotto l'abile direzione di Tom Paton, a dare spessore al racconto, che scorre via veloce e mai noioso.
Non originalissima ma comunque intrigante la trama, che ripropone un quesito dalla risposta non scontata: quali doti deve avere un leader per essere un buon leader? 

Rapidi e verosimili anche gli scontri, sempre corpo a corpo (con mia somma gioia!), che non offrono grandi tecnicismi ma richiamano, coerentemente, quello che potrebbe essere un sistema di lotta tribale: molto rapido e d'impatto.
Apprezzabile, da questo punto di vista, Jade Hobday: la sua Eiren è una credibilissima ragazzaccia pronta a dare filo da torcere agli avversari. Molto, molto criticabile a parer mio la scelta di disfarsi dei bastoni (più corti e sottili di quelli usati nel Kali, ndt) per lanciarsi in uno scontro a mani nude contro Nus: chi è piccolo farebbe bene a non rinunciare alle proprie armi per affrontare un avversario più imponente e, di norma, le donne sono più piccole degli uomini; Eiren non fa eccezione. Comunque, ognuno sceglie le proprie strategie di combattimento...

martedì 4 ottobre 2016

La memoria muscolare non esiste

E' come andare in bicicletta: quante volte abbiamo sentito o detto questa frase, sottintendendo che una volta appreso un movimento specifico il nostro corpo non lo dimentica più? Tutto merito della memoria muscolare, quella che fa sì che movimenti ripetuti a lungo nel tempo diventino "automatici" e non richiedano di dover pensare a come eseguirli: so come lavarmi la faccia, come prepararmi un caffè, come chiudere a chiave la porta di casa... Perché sono movimenti che, seppur non istintivi - un individuo non nasce sapendo come prepararsi una moka - vengono interiorizzati e "fatti propri". E, proprio perché li eseguiamo meccanicamente e senza bisogno di pensarci, tanto spesso ci assalgono poi quei dubbi del tipo: "Ma l'avrò chiusa a chiave la porta di casa?".

Chi pratica arti marziali, sport da ring e discipline da combattimento sa perfettamente a cosa mi riferisco e quanto la ripetizione sia basilare nell'apprendimento: "Su la guardia!", "Sposta il piede!", "Distendi il gomito!", "Ruota la spalla!", "Piega le ginocchia!"... movimenti indicati e sollecitati da Istruttori e Maestri, provati e riprovati, ripetuti fino a quando non diventano parte di noi. Fino a quando i muscoli non si ricordano da soli come fare e, quasi incredibilmente, scatto in guardia ad un comando, pronta a deviare un attacco, senza neppure doverci pensare. E' lo stesso principio che fa scattare il pugile al suono della campanella. Memoria muscolare.

Una memoria che, a quanto pare, non esisterebbe.
Secondo un articolo pubblicato dall'Huffington Post, un'equipe di ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma capitanata da Malene Lindholm avrebbe sottoposto ad un'indagine 23 soggetti, rilevando al termine dello studio l'inesistenza della memoria muscolare.
Pur partendo dall'assunto che la pratica costante di attività fisica abbia benefici effetti sulla salute in generale e sui muscoli, aiutando a contrastare l'insorgere di patologie come i disturbi cardiovascolari, il diabete II e l'obesità, la studiosa ed il suo gruppo di ricerca hanno rilevato che i soggetti presi in esame, sottoposti ad un prolungato periodo di inattività, perdevano le capacità ed i benefici acquisiti durante l'allenamento.
Ecco come si è svolto lo studio, più nel dettaglio.
23 soggetti hanno allenato una loro gamba per tre mesi. Nove mesi più tardi, 12 di loro hanno allenato entrambe le loro gambe. Le biopsie effettuate prima e dopo i periodi di allenamento hanno evidenziato alterazioni in oltre 3000 geni, dovute principalmente alla produzione di ATP ossidativo. Dopo nove mesi di inattività non sono state rilevate differenze tra le analisi effettuate sulla gamba che era stata allenata e sull'altra e, negli individui che avevano allenato entrambe le gambe, in seguito all'inattività erano scomparse le alterazioni registrate in precedenza.
"Sebbene ci siano state svariate differenze nelle risposte fisiologiche e trascrizionali all'allenamento ripetuto - scrive la Lindholm - non è stata rilevata alcuna evidenza coerente con una memoria muscolare indotta dall'allenamento".

Dunque gli allenamenti ripetitivi, tesi a "fare propria" una determinata tecnica sarebbero inutili? No.
Come ha spiegato la stessa ricercatrice su Live Science, infatti, "Quando ci si sottrae per lungo periodo ad un'attività fisica, specialmente dopo un trauma come, ad esempio, in seguito alla rottura di una gamba, si perde massa muscolare e con essa gli effetti del precedente allenamento. E tutto ciò in modo molto rapido", tuttavia questo non esclude affatto che i nervi presenti all'interno della muscolatura ed il cervello continuino a svolgere egregiamente il proprio dovere, portando a recuperare i movimenti eseguiti in passato.
Dopo l'inattività prolungata, insomma, il mio calcio non avrà la potenza acquisita grazie all'allenamento continuativo, a causa della perdita di tono muscolare, tuttavia saprò ancora come tirare un calcio, perché il cervello avrà incamerato e fatto propria l'informazione, grazie alle  passate ripetizioni, e la trasmetterà ai nervi, che faranno nuovamente muovere i muscoli.
Insomma, resta valido l'antico detto latino repetita iuvant (le cose ripetute aiutano, ndt).

Per approfondire:
- The impact of endurance training on human skeletal muscle memory, global isoform expression and novel transcripts - di Malene Lindholm

lunedì 3 ottobre 2016

Dara Torres, dalla piscina al ring. Contro il cancro

Dara Torres durante un allenamento. Foto di John Blanding
Passare dalla vasca al ring, dal nuoto ai pugni. 

E' questa la scommessa della campionessa Dara Torres, 12 medaglie olimpioniche nel nuoto, 4 di ciascun metallo, conquistate nel corso di cinque differenti eventi olimpici, che indosserà i guantoni il 5 ottobre nella House of Blues di Boston per la Belles of the Brawl 2016.
Ma cosa può spingere un'ex atleta che, a 49 anni, ha chiuso la propria carriera agonistica a cimentarsi in una simile impresa? Nostalgia per la passata fama, voglia di far parlare ancora di sé? No, per quello c'è il Grande Fratello...
Dara sul ring ci sale per un nobile intento: raccogliere fondi da destinare alla ricerca contro il cancro.

Edward Torres, il padre di Dara, è morto a causa di un tumore al colon ed anche alcuni dei suoi nonni hanno avuto il cancro. Lei è emotivamente coinvolta nella faccenda. Per questo Dara, così come molte delle partecipanti alla Belles of the Brawl, ha deciso di agire in prima persona a favore della ricerca. E se per farlo occorre indossare i guantoni e cimentarsi in un incontro di pugilato, allora ok, che sia!

"Mi sto concentrando sulla causa, sebbene ogni volta che mi alleno mi venga da pensare che io odio gli sport da contatto - ha dichiarato Dara in un'intervista al The Boston Globe - La prima volta che ho pensato di farlo mi sono chiesta: quanto sono duri i guantoni? Poi: quanto duramente può colpire una donna? E adesso, dopo essermi registrata per l'incontro, penso: ma chi me l'ha fatto fare?", ma ormai è fatta e Dara, che non si è mai tirata indietro, non intende certo farlo ora. 
La Haymakers for Hope, organizzazione che in questi anni ha già raccolto oltre 5 milioni di dollari, ha scelto di raccogliere fondi attraverso il pugilato perché vede in questo sport una metafora della vita e fa proprie le parole pronunciate dal grande campione Sugar Ray Leonard: "La boxe è la sfida suprema. Non c'è niente che si possa paragonare a come metti alla prova te stesso ogni volta che sali sul ring".

domenica 2 ottobre 2016

Come lampo, non solo una storia d'amore

Un romanzo. Di più: un romanzo d'amore.
Un libro di cui, in altre circostanze, avrei forse guardato distrattamente la copertina, perché i romanzi rosa non sono esattamente il genere letterario che prediligo (e chi curiosa nella sezione Cose che leggo lo può verificare facilmente). 
Invece "Come lampo" l'ho letto eccome. Letto, riletto e letto nuovamente. 
Sono arrivata al punto da voler bene ai protagonisti come se fossero miei parenti, persone che ami ma che talvolta prenderesti volentieri a sberle. Mi sono affezionata a Marina e Luca, perché li ho frequentati parecchio negli ultimi mesi. 
Li conosco, loro, e conosco la loro storia, il loro amore ed il loro dramma, perché ho collaborato alla nascita di questo libro. 

Contattata inizialmente, a fine luglio, come consulente per le scene di boxe (uno dei protagonisti pratica questo sport), mi è stato poi richiesto dall'autrice un impegno più consistente ed così cominciato il mio #GhostWritingProject.
Un'avventura del tutto nuova, per me, coinvolta per la prima volta in quello che è il processo che porta alla nascita di un libro.
Un'esperienza elettrizzante, ma in cui non sono mancate difficoltà e momenti di sconforto: "correggere" un manoscritto non è impresa facile, soprattutto se - come in questo caso - ciò che stringi tra le mani è "un romanzo, ma dalla forte componente autobiografica", una storia, cioè, in cui l'autrice ha messo molto di sé, della sua vita e dei suoi sentimenti. 
Chi sono io, che Lucrezia quasi non la conosco neppure, per dirle che quella frase sarebbe meglio scriverla così invece che cosà? O che un determinato periodo andrebbe tranciato di netto, così da rendere più scorrevole e piacevole la lettura? 
Il libro deve rimanere suo, suo deve essere lo stile narrativo così come sua è l'idea originale che ne ha ispirato la stesura. E proprio per questo motivo, una volta resole il manoscritto, lei me lo ha nuovamente consegnato affermando che si notava troppo il mio stile di scrittura e chiedendomi di limare gli eccessi, di lasciare emergere più di sé. 
Richiesta legittima, ma che mi ha messa in difficoltà. 
E' stata una bella sfida riprendere in mano il romanzo, lavorare di cesello, limando via le parti eccessive di me.
Disponibile come ebook, "Come lampo" si trova, oltre che su Streetlib, su LaFeltrinelliGooglePlay, iTunes, Bookrepublic, ed Amazon. E figura già tra i best sellers di narrativa di Feedbooks.
Se lo leggete, fatemi sapere che ve ne pare. Aspetto commenti, anche critici. 

Titolo: Come lampo
Autore: Lucrezia Monti
Editore: Streetlib
Anno d'edizione: 2016
ISBN: 9788826416540

sabato 1 ottobre 2016

Captain America Civil War

Epico. Grandioso, titanico. O, per dirla alla Barney Stinson, leggen... non ti muovere... dario! "Captain America Civil War" è il fumettone Marvel elevato alla n.
E, per chi è nerd come me, un film simile è un invito a nozze.
Perché l'azione va a braccetto con gli effetti speciali e poco importa se la trama risulta a tratti un po' confusionaria e soltanto alla fine si riescono a mettere insieme tutti i pezzi, come in un colossale puzzle di cui si sia smarrita l'immagine originaria.
I "vecchi" supereroi ai quali ci siamo ormai abituati sia sul grande che sul piccolo schermo - Captain America (Chris Evans) ed Iron Man (Robert Downey Jr) in primis - vengono qui affiancati da Visione (Paul Bettany), Ant Man (Paul Rudd), un giovane - in modo imbarazzante! - Spiderman (Tom Holland)...

Una catastrofe in Africa, originata per errore da Scarlet Witch (Elizabeth Olsen), conduce gli Stati Uniti prima e le Nazioni Unite poi a chiedere che gli Avengers sottoscrivano un accordo internazionale che ne limiti e regolamenti gli interventi. Da qui la spaccatura tra Captain America, che ritiene che un simile vincolo possa limitare troppo pesantemente la libertà d'azione del gruppo, e Tony Stark, favorevole alla sottoscrizione del trattato. 
Il gruppo, prima coeso, si trova così a dividersi, complice anche la comparsa sulla scena del Soldato d'Inverno (Sebastian Stan) e di un pericoloso terrorista.
I superpoteri tecnologici si mischiano e si scontrano con le grandiose capacità di combattimento dei protagonisti e, a proposito, dal punto di vista marziale tutto è elevato all'ennesima potenza: velocità, forza d'impatto, precisione dei colpi. Si parte da una base realistica (ad esempio un pugno, o un calcio a sfondamento) per arrivare a vedere il colpito volare a metri di distanza o sollevare polveroni epici.
Heidi Moneymaker nei panni di
Vedova Nera in "Avengers: age of Ultron"
(foto dal suo profilo Facebook)
Ma non sto a dilungarmi oltre nella narrazione della trama, preferendo dedicare spazio e tempo a Heidi Moneymaker.
E chi è costei?, vi sento già mormorare. E' la "vera" Vedova Nera, la controfigura dell'attrice Scarlett Johansson. E', per intenderci, colei che - seppur supportata da consistenti effetti speciali e da un sapiente montaggio - mena come un fabbro già all'inizio della pellicola.
Approdata nel mondo del cinema grazie alle sue doti di ginnasta - sport che ha praticato fin dai tempi della scuola - ha poi integrato la propria preparazione atletica dedicandosi allo studio di arti marziali e discipline da combattimento, oltre a frequentare corsi di guida "speciali" per auto e moto ed ancora oggi, stunt double affermata e più volte confermata nel ruolo di Vedova Nera, continua la sua preparazione: "Lavoro costantemente per la realizzazione di questi film e proseguo nella mia preparazione, cercando sempre di migliorare il mio livello e mantenendomi in forma - ha dichiarato in un'intervista - Capita spesso che per la realizzazione di questi film venga richiesto il tuo intero corredo di abilità e, se c'è qualcosa che ti è un po' oscura, qualche tecnica che non padroneggi, sicuramente salterà fuori e ti verrà chiesto di lavorarci su".
Già controfigura della Charlie's Angel Drew Barrymore, nei panni di Vedova Nera ha recitato con Scarlett Johannson, che si è rivelata una vera "dura": "Abbiamo lavorato piuttosto a stretto contatto, perché lei voleva davvero essere coinvolta nelle scene d'azione. Così abbiamo provato e riprovato le coreografie per settimane, per perfezionarle. Io le facevo, lei le faceva ed alla fine abbiamo ottenuto quello che volevamo". 
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