I bambini non sono adulti meno dotati, non sono esseri umani incompleti né meno capaci. Hanno, certo, competenze diverse rispetto agli adulti e capacità differenti, ma non per questo devono essere considerati "inferiori". Chiunque abbia avuto modo di confrontarsi in modo piuttosto continuativo con un bambino di 4 o 5 anni si è ben presto reso conto quanto siano vere queste parole.
I bambini non vogliono essere trattati con sufficienza e ad un "sei troppo piccolo per capire" preferiscono di gran lunga delle spiegazioni; proprio qui sta il problema, perché spesso siamo noi adulti che non siamo capaci di "parlare il linguaggio dei bambini" e, davanti alla nostra incapacità (o anche alla semplice stanchezza), preferiamo tagliar corto.
Ma i bambini osservano ed ascoltano, pensano, traggono conclusioni. Si rapportano con il mondo degli adulti in modo attivo, imitando i comportamenti che vedono in famiglia e nel loro piccolo universo sociale, ma anche sperimentando esperienze in prima persona.
Per questo ho scelto di indirizzare il mio insegnamento ai bambini: perché lo trovo estremamente più stimolante rispetto all'insegnamento rivolto agli adulti. I bambini non hanno preconcetti, nè sovrastrutture che li limitino; sono, per usare un'espressione ricorrente nel T'ienshu, coloro che maggiormente "agiscono nella verità", sono spontanei e non condizionati.
Questa spontaneità necessita di essere canalizzata, affinché i piccoli possano inserirsi in modo ottimale in quello che è il tessuto sociale che caratterizza la società umana, e qui nasce la grande sfida: insegnare loro il rispetto delle regole senza renderli automi, far sì che crescano trovando il giusto equilibrio tra il loro più intimo sé e ciò che la società richiede loro.
Un bambino che spontaneamente correrebbe da mattina a sera deve, ad esempio, imparare a stare seduto in modo ordinato quando si trova a scuola; chi urlerebbe a squarciagola deve capire che per essere accettato ed inserito nella società è necessario parlare con un tono di voce normale e così via. La sfida, in termini educativi, per come la vivo io come istruttrice, sta nel trovare il giusto mezzo che non appiattisca né svilisca l'individualità di ciascun bambino ma che, al tempo stesso, garantisca loro di divenire membri della società. E' questo, a parer mio, l'equilibrio tra Yin e Yang che nel T'ienshu porta l'essere umano ad essere in armonia con se stessi e con l'ambiente. Non piccoli automi condizionati e standardizzati, dunque, ma giovani esseri umani in grado di capire e gestire se stessi tanto dal punto di vista fisico quanto da quello emotivo e psicologico.
Il tutto, facendoli divertire come pazzi mentre si trovano sul tatami. :-D
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